Tutti idealizziamo la realtà, almeno di tanto in tanto, almeno su qualcosa. Io ad esempio idealizzo la Francia, paese (anzi, Nazione) alla quale voglio bene e alla quale mi sento culturalmente e idealmente legato, della quale vedo tutti i pregi e fingo di non vedere i difetti.
Per me la Francia è una specie d’Italia che funziona e che si stima. E’ un paese con un patrimonio artistico e culturale immenso, con una grande capacità di godersi la vita, con una cucina commovente, con una straordinaria tolleranza reale ma non ostentata, con un senso dello Stato e delle Istituzioni che noi deridiamo solo perchè siamo anarchici e incapaci di accettare qualsiasi limite o laccio ai nostri “porci comodi” (come testimonia, tra l’altro, il perdonismo imperante e deresponsabilizzante, che parte dal vertice dello Stato per arrivare all’ultimo dei bulletti di scuola…)
E’ un Paese verso il quale abbiamo dei debiti. Senza la Francia, non ci sarebbe stato il nostro Risorgimento (non così in fretta e non così gloriosamente, comunque): l’Austria ha perso la II Guerra d’Indipendenza sul campo di Solferino, grazie alle migliaia di morti francesi e infatti Cavour sul letto di morte continuava a chiedere se fosse arrivato da Parigi il riconoscimento del nuovo Regno. La Francia è il Paese che più ci ha sostenuto dopo il disastro di Caporetto, che ha dato ospitalità ai democratici in fuga dalla dittatura fascista e che è stato da noi ripagato con la “pugnalata alle spalle” del 10 giugno 1940, che resta uno dei momenti più squallidi e indecenti dell’intera storia della diplomazia internazionale.
E’ il Paese (e la cultura) che ha regalato al mondo lo spirito laico, l’Illuminismo, la dottrina della separazione e limitazione dei poteri. E’ il paese della Grande Rivoluzione del 1789, che malgrado tutti gli errori e tutto il sangue versato resta un momento di progresso nella Storia dell’Uomo. E’ il Paese del grande Code Civil del 1806, che riconosceva il diritto al divorzio, da noi ammesso solo 165 anni dopo…E’ il paese che nel 2004 ha approvato la “Carta costituzionale sui diritti dell’ambiente”, mentre da noi si varava l’ennesimo condono edilizio. E’ il Paese che ha dato il via a tutti gli sconvolgimenti del pianeta, dalla lotta contro l’assolutismo cattolico (i Catari) fino a quel “maggio francese” del 1968. E questo perchè è Paese vivo, pulsante, intellettualmente creativo (ha alcune delle migliori alte scuole e una diffusione degli studi filosofici che non ha eguali).
Abbiamo vinto qualche partita di calcio contro questo Paese. Qualche partita importante certo, ma solo una partita. E soffro sulla periodica retorica antifrancese di molti quotidiani anche importanti o sulle dichiarazioni di politici dell’estrema destra leghista (Calderoli ad esempio) che quando abbiamo vinto i Mondiali blaterarono sulla vittoria nei confronti di una squadra di “negri, comunisti e islamici”. Soffro perchè quella gente ci ha rappresentato e ancora ci rappresenta. Soffro perchè sono nelle condizioni di parlare perchè ci sono partiti più grandi che danno loro credito e centinania di migliaia di persone che li votano. Soffro perchè mi vergogno, mi vergogno sul serio e vorrei urlare a tutta gola che io non c’entro, che sono felice per la Coppa vinta e ormai impolverata, ma che amo anche la Francia per com’è: con il suo fois-gras, i suoi vini rossi corposi e profumati, i suoi castelli, la cura del suo paesaggio, il suo multietnismo, la sua laicità rigorosa, la preparazione della sua classe politica. E anche la sua insostenibile spocchia.
E la amo particolarmente oggi, 14 luglio. Un giorno che in Francia unisce tutti, anche i monarchici…che fingono però di celebrare il 14 luglio del 1790, non la Bastiglia, quindi, ma la Festa della Federazione che sanzionò il ritrovato accordo tra Luigi XVI e il suo popolo vitale e surriscaldato.
Diceva Thomas Jefferson che “ogni sincero democratico ha due Patrie, la propria e la Francia”. Quindi oggi un saluto e un augurio affettuoso alla mia seconda Patria…
Non immagina quanto mi consoli leggere queste parole, anche se un mese e mezzo dopo che sono state scritte.
Anche per me la Francia, ed il Belgio, costituiscono un orizzonte di riferimento.
Del resto, in Belgio sono nata e cresciuta, e in Francia (Lille e Paris) ho completato il mio dottorato di ricerca.
Là non mi sono mai sentita straniera e neppure, mi risulta, i miei compagni di classe, e poi di dottorato, provenienti da ogni angolo d’Europa e d’Africa.
Ho dovuto stabilirmi nel Nord-Est italiano per sentirmi discriminata – “Sclave” – perchè ho vissuto per molti anni nelle Valli del Natisone. E qui non apro nemmeno il capitolo perchè sarebbe lunghissimo e triste.
Quanto alla spocchia francese è più parigina che nazionale e ci si passa sopra facilmente perchè, come ben dice, il riscatto è totale nel multietnismo e nella laicità vera.
Purtroppo, il paese a me così caro non si sta illustrando ultimamente positivamente. Anzi, Napoleone il piccolo, attualmente alla guida della Nazione e dell’Europa, si fa notare meno per i suoi meriti che per le sue bizzarrie e capricci. E il modello questa volta è tutto italiano…
Alla prossima.
Gianfranca Giro
Cara Gianna, è dura passare dalla civile Francia al nostro NordEst. E le Valli in particolare…da cittadino udinese hai tutta la mia solidarietà e anche un consiglio: fai come me, che cascasse il mondo ma almeno uno o due weekend all’anno in Francia li passo sempre! Per respirare un po’ di aria fresca…