Ho la netta sensazione che il nuovo governo stia navigando sorretto da una brillante strategia di comunicazione. Brillante e semplice: l’annuncio.
Un po’ per astuzia, un po’ per vanità, un po’ per non sentirsi solo, non passa giorno che qualche ministro non prometta una “rivoluzione” nel proprio settore di competenza. Naturalmente sono solo parole, perchè una decisione non diventa certo operativa grazie ad una conferenza stampa, ma ci vuole qualcosa in più. Per capirci…
- Viene identificata l’esistenza di un problema;
- si ipotizzano alcune soluzioni e si ritiene di adottarne una;
- la decisione viene adottata dagli organi politici-istituzionali competenti;
- la decisione viene messa in atto dagli apparati amministrativi centrali e periferici;
- la decisione provoca i propri effetti sul sistema al quale era destinata;
- la maggiore o minore congruenza tra effetti previsti, effetti generati ed effetti percepiti conduce ad una valutazione sull’utilità e l’efficacia della scelta adottata.
Molto semplicemente, tra la fase 1 e la fase 6 intervengono una tale quantità di variabili, di micromodifiche, di intoppi e impicci che non di rado una decisione esce rotonda e finisce quadrata. Con buona pace del mirabolante “annuncio” dal quale tutto è nato. E quindi, viene da chiedersi, a che pro “annunciare”?
La mia risposta è molto semplice: l’annuncio serve a lanciare parole-chiave gratuite e non impegnative, rivolte non tanto al singolo settore, quanto alla generalità dell’opinione pubblica, che non sa, non conosce, non segue e non capisce e quindi confonde annuncio con soluzione. E non voglio dire che non ci sia la volontà politica di fare seguire i fatti alle parole, dico però che, talk is cheap.
Un esempio è quello della proposta del ministro Gelmini relativa al voto in condotta. E’ una proposta che non esito a dire che condivido nel pieno. E tutti saranno più o meno dello stesso parere. Quale mamma direbbe il contrario? Questo fino alla prima bocciatura per un 7 in condotta…
Poi arriveranno i ricorsi al tar, gli annullamenti, le circolari interpretative, le sanatorie. E tutto tornerà come prima, ma nel frattempo l’annuncio ha pagato. E in fondo, in una logica di marketing politico, che altro mai conta?
Sono sostanzialmente d’accordo con te. Il governo in carica, più che altri nel passato, conosce bene la dottrina del marketing aziendale. Quindi, perseguendo le direttive di tale dottrina, annuncia un prodotto, lo sponsorizza come l’unica soluzione alle richieste del cliente (cittadino), si creano le condizioni per venderlo/attuarlo (estendere l’emergenza extracomunitari per esempio per giustificare il pacchetto sicurezza) e poi si fa fuori al concorrenza, che nel caso del PDL, vede il faccione di Veltroni che non fa altro che dire un SI ma anche un NO.
Grosso modo mi pare funzioni come dici tu…