Il presidente del Consiglio ha dichiarato – sostanzialmente – che è sua intenzione governare “per decreto” e, nel frattempo, è stata annunciata la richiesta di fiducia sul pacchetto-scuola del ministro Gelmini.
Il ricorso alla decretazione è costituzionalmente ammesso per i soli casi di “necessità ed urgenza”, mentre il meccanismo della fiducia (che prevede un voto palese e individuale sul singolo provvedimento e l’impossibilità di apporre emendamenti di alcun genere) è – storicamente – l’arma dei governi per costringere un’assemblea riottosa ad approvare un qualche atto legislativo particolarmente controverso o considerato dall’esecutivo politicamente e programmaticamente qualificante.
Il “combinato disposto” di decretazione d’urgenza e richiesta della fiducia, in un contesto come l’attuale, dove esiste un governo appena eletto, compatto al proprio interno e forte di una vasta maggioranza in entrambe le Camere ha una sola finalità: impedire al Parlamento di legiferare e quindi – come conseguenza inevitabile – mandare gambe all’aria il sistema di check & balances istituzionali che regge (o dovrebbe reggere) il nostro sistema politico-costituzionale.
Non è la prima volta che un esecutivo abusa di decreti legge e voti di fiducia (il governo Prodi, ad esempio, non si faceva mai mancare l’occasione), ma questa strozzatura delle procedure parlamentari da parte di un governo che avrebbe i mezzi per fare approvare quello che vuole quando vuole è inquietante e può significare solo due cose: a) nella maggioranza di governo non sanno cosa sia una democrazia liberale e a cosa serva un libero Parlamento; b) forse sono meno solidi di quanto non sembri…le colonne del Tempio paiono di marmo, ma osservandole da vicino si scopre che sono di cartone.
Lo scopriremo solo vivendo.