Inutile girarci attorno. In un Mondo che brucia in fretta i propri idoli, Barack Obama inizia ad odorare un po’ di fumo.
Drastico e probabilmente ingiusto come giudizio, ma quello che conta per definire la cifra del successo o dell’insuccesso di un’immagine politica è in buona parte il prodotto della partenza. E Obama – che era partito a razzo – ora sta arrancando pesantemente e il rischio dell’inconcludenza è dietro l’angolo.
Le difficoltà legate alla riforma sanitaria sono note: Obama vuole trovare una formula che garantisca a tutti i cittadini una forma di copertura sanitaria (e a lui un posto nella Storia, accanto a Roosevelt) e gli ostacoli saltan fuori da ogni parte.
Obama è stato eletto per girare pagina rispetto alla disastrosa politica estera e militare di George W e anche qua le cose non vanno come dovrebbero: la chiusura dell’orrido lager di Guantanamo è rinviata, non si sa che fare dell’Iraq, non si sa come trattare l’Iran e l’Afghanistan è sempre più un labirinto apparentemente senza uscita. E mentre Obama e Hillary decidono che fare, i soldati americani (e non solo americani) continuano a morire: solo in Iraq sono 123 dall’inizio dell’anno (conto che esclude i feriti, le vittime delle altre forze armate e l’enorme numero di perdite tra i civili innocenti).
E ora arriva la gaffe con il Dalai Lama, non incontrato alla Casa Bianca per non infastidire i gerarchi cinesi, con il presidente della nazione che fu “faro di libertà” a comportarsi pavidamente come un Romano Prodi qualsiasi.
Insomma, questo primo anno non è stato un granchè. Ci sono ancora tre mesi per raddrizzarlo (e la battaglia sull’Ambiente appena iniziata), ma se tanto mi da tanto, le cose non andranno via così lisce.
E ci ritroveremo tutti delusi a dover dire “Yes, We Have Could“?