Il termine “lobby” ha inevitabilmente una connotazione negativa. Rimanda, infatti, a un immaginario fatto di corridoi lunghi e poco illuminati, parole pronunciate sottovoce, mezze frasi, buste passate dentro un giornale. Insomma, quasi un sinonimo di corruzione politica.
Però che male c’è a prendere atto che gli interessi particolari esistono? che male c’è a considerarli non solo ineliminabili, ma anche giusti e giustificati, dato che è insito in un regime pluralista il conflitto tra visioni, aspettative e priorità diverse? E quindi, come ogni fenomeno sociale non eliminabile, tanto vale cercare di regolamentarlo, al fine di limitare i possibili danni e massimizzare le possibili risorse che una attenta gestione del fenomeno possono comportare.
E’ stato questo il principio che ha mosso il PDL del Friuli Venezia Giulia a porsi il problema di stendere una legge regionale per regolamentare l’attività di lobby o – come è stata pomposamente chiamata – l’attività di “rappresentanza istituzionale di interessi particolari”, dando al vostro Marckuck l’incarico di redigere il testo, invitandolo a lavorare in modo libero perché tanto – così mi è stato detto dal coordinatore regionale del Partito – “nel 2008 i poteri forti erano tutti con Illy e quindi noi non dobbiamo niente a nessuno”, il che – ad essere onesti – era in buona parte vero.
E così, dopo aver studiato a fondo la materia e la legislazione esistente in altre parti d’Italia e d’Europa, mi sono messo all’opera proponendo un testo che ho poi presentato a un gruppo ristretto di esponenti del PdL regionale, che mi hanno dato ulteriori indicazioni e stimoli per giungere alla versione definitiva del testo che allego al post (lobbyFVG). Si tratta di un testo molto innovativo, che va oltre la mera iscrizione a un anonimo registro di portatori di interesse (come avviene nelle altre Regioni italiane dove esiste una legge in questa materia), spingendosi fino a prevedere un ruolo attivo per i lobbisti nel processo legislativo, sia nella fase di iniziativa, che nella fase emendativa, ai quali viene riconosciuto il diritto di proporre testi di legge, emendamenti, reports, position papers, prendere parte ad audizioni, così tanto per fare un elenco.
Troppo? letta così, dire si, veramente troppo, un eccesso. Ma è quello che già accade, solo che accade in modo nascosto… davvero pensiamo che i molti disegni di legge proposti dai parlamentari siano tutta farina del loro sacco? pensiamo davvero che nel processo legislativo i lobbisti se ne stiano quieti quieti a casa, sperando che Parlamento e consigli regionali legiferino in base al loro interesse? pensiamo davvero che un appunto, un paio di fogli riassuntivi, un’ideuzza non venga mai comunicata? E se il parlamentare o il consigliere regionale recepisce il “consiglio”, pensiamo che lo faccia gratis?
Non avviene gratis, ma esiste quello che un mio amico parlamentare ha definito – lasciandomi sconvolto – il “costo economico dell’emendamento”. Ed è sempre stato così: non sono forse state le lobby a volere la Terza Guerra Punica, nel II secolo a.C.? E non sarebbe meglio che tutto questo avvenisse alla luce del Sole, senza che vi sia illecito esborso di denaro?
Ed è esattamente il meccanismo che abbiamo ipotizzato: il “lobbista” propone formalmente qualcosa (una legge, un emendamento…) e questa proposta viene: a) vagliata da un organo “terzo” che ne verifica la regolarità tecnica e formale e b) fatta propria da uno o più consiglieri regionali, che quindi se ne assumono pubblicamente la paternità, mantenendo ancorato alle istituzioni rappresentative l’esito finale del processo politico, che gli interessi particolari possono intercettare ma non determinare.
Cosa cambia? cambia tutto. Perché se una lobby si attiva pubblicamente, allora forse anche una lobby che sostiene interessi contrari sarà indotta a fare lo stesso e quindi davanti alle istituzioni e all’opinione pubblica si può aprire un pubblico dibattito, sul merito e sui contenuti, politicamente molto più incisivo rispetto al bigliettino fatto scivolare in tasca.
Non sono un ingenuo, sono consapevole che il nostro disegno di legge non elimina la corruzione o anche solo le vie traverse dai processi di adozione delle politiche, però viene proposta una strada virtuosa, che a fronte di strumenti di intervento incisivi e innovativi richiede serietà e trasparenza a tutti gli attori in commedia. Starà a tutti, politici e società civile, dimostrare di essere capaci a compiere il salto di qualità.
Aggiungo infine che se il sistema entrerà a regime, certe attività non si potranno improvvisare e quindi questo potrebbe anche essere uno sbocco lavorativo per giovani laureati in materie giuridiche, politiche, sociali o economiche. Il che non guasta…