Tante sono le ragioni che sento in questi giorni tra coloro che tifano centrosinistra ma non vogliono votare Matteo Renzi. Pochi contenuti, troppo giovane, troppo furbo, troppo democristiano, con troppi soldi per la campagna… Ma una su tutte mi colpisce: “fa americanate”.
Molti contestano a Matteo Renzi non tanto il contenuto, quanto il contenitore. O per meglio dire il “format” con il quale si presenta al pubblico, individuando in questo una deriva verso l’americanizzazione della politica che poi – nel lessico della sinistra classica – significa la berlusconizzazione della politica.
In effetti, lo stile di Renzi è totalmente diverso da quello che caratterizza le liturgie partitiche e politiche. Renzi viaggia con il camper (nulla di nuovo, anche Prodi nel 1996) e quando arriva c’è uno spettacolo fatto di video e di un monologo della durata di circa 60 minuti, tendenzialmente sempre uguale. Poi prende gli applausi e riparte. Più che una campagna elettorale, insomma è la “Matteo Renzi Band – Italian Tour – 2013” e questo un po’ spaventa…
Nella mentalità italiana, soprattutto a sinistra, il partito è sempre un “partito-comunità“, cioè un insieme di persone che partecipano alla vita pubblica con la finalità non tanto di vincere le elezioni, quanto di sentirsi parte di un percorso politico e civile. Non è un brutto schema. E’ uno schema classico, tipicamente novecentesco, rispettabilissimo. A questo schema si contrappone l’idea – appunto americana – del “partito-comitato“, cioè di una realtà che si attiva solo in prossimità delle competizioni elettorali, non tanto sulla base di una Weltanschauung coerente e raffinata, quanto attorno a un leader e al messaggio che questo si impegna a lanciare nel mondo. All’idea che da di sé stesso e della direzione che vuole intraprendere, più che al pensoso e dotto contenuto del suo programma.
Capisco l’obiezione, ma non la condivido. Non so nulla di Matteo Renzi, ma di certo so che non mi da fastidio il suo abbandono delle liturgie perché queste sono ormai prive di significato concreto, pallidi echi di un mondo che non esiste più… Anche gli Imperatori Bizantini dell’infelice era dei Paleologhi si presentavano come i soli e veri signori dell’Ecumene cristiano, ma nella realtà erano sostanzialmente poco più che i sindaci di Costantinopoli e il grande impero del passato era ormai cenere. Lo stesso si può dire dei partiti politici contemporanei. Continuano a presentarsi come potenti realtà profondamente inserite nel vivere sociale, con radici salde nel cuore e nelle mente della comunità mentre in realtà sono qualcosa di molto diverso, troppo spesso una via di mezzo tra il club di cultura politica, il comitato elettorale e il comitato d’affari. E quindi ben venga un cambiamento di stile, di approccio, di linguaggio.
Soprattutto, quello che mi scoccia dietro il bollare Renzi come un “americano” c’è la visione distorta, provinciale e snobistica della politica americana, tipica soprattutto della sinistra italiana. Certo, gli americani fanno quelle buffe convention con le majorettes, con i palloncini colorati, con le donne tutte con lo stesso tailleur e la stessa cofana protetta dalla lacca, con la loro pelosa retorica della famiglia perfetta, che tanto perfetta non lo è mai… Eppure quel sistema lì, quando deve cambiare riesce a farlo… La caratteristica del modello americano è la competizione e il ricambio al vertice: piaccia o no, Repubblicani e Democratici ogni 4-8 anni devono inventarsi un nuovo leader e spesso lo inventano quasi da zero (Bill Clinton prima di vincere le primarie del 1992 e poi la Casa Bianca, altro non era che l’ex governatore dell’Arkansas… un po’ come dire da noi l’ex presidente dell’Abruzzo o del Friuli) e questo non può essere guardato con troppa sufficienza da noi italiani, visto che il Partito Democratico ha cambiato 4 volte nome e natura senza mai cambiare la propria classe dirigente e nell’area di centrodestra sono da 20 anni aggrappati a Berlusconi, alle sue trovate, ai suoi processi, ai suoi lampi di genio e ai suoi interessi più o meno confessabili…
E poi la politica americana – con tutti i suoi difetti – quando si trova spalle al muro sceglie sempre di andare avanti, mai indietro. Hanno una costituzione praticamente immutata dal 1787, eppure quel testo scritto in un’epoca maschilista e schiavista ha permesso di avere un presidente afroamericano e un segretario di stato donna. Non è poco.
Insomma, non so se diventerò mai un supporter di Matteo Renzi. Ma so per certo che tra le tante critiche che potrei rivolgergli, quella di fare “americanate” è l’unica che non mi sento di lanciargli…
http://youtu.be/nY-YSp1lkF8