07/11/2012 – In questi giorni il dibattito politico italiano, al di là delle primarie interne ai partiti, ruota intorno alle modifiche della legge elettorale con cui si andrà a votare nella primavera del 2013. È un tema centrale perché dalla legge elettorale dipende il funzionamento del meccanismo di rappresentanza delle intenzioni degli elettori, nonché le alleanze e le strategie dei partiti, quale e quanto larga sarà la prossima maggioranza in Parlamento e soprattutto se ci sarà una maggioranza.
La situazione attuale è nota. La legge elettorale in vigore è il cosiddetto “Porcellum” (legge n. 270 del 21 dicembre 2005 o “legge Calderoli”): il soprannome venne dato dal politologo Giovanni Sartori in un articolo sul Corriere della Sera del primo novembre 2006 perché Calderoli stesso, primo firmatario della legge, la definì «una porcata» e disse che era stata pensata appositamente per non far vincere con una maggioranza chiara il centrosinistra alle elezioni del 2006, come oggi confermano senza problemi molti esponenti del centrodestra allora al governo (anche l’UdC votò a favore).
Ieri la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato un emendamento, presentato da Gianpiero D’Alia dell’UdC, che prevede che il 55 dei seggi sia alla Camera che al Senato vada alla coalizione che ottiene il 42,5 per cento dei voti (il cosiddetto premio di maggioranza). La proposta è stata votata da PdL, Lega e UdC. Partito Democratico e Italia dei Valori sono stati messi in minoranza e si sono arrabbiati moltissimo. La stessa divisione era successa meno di un mese fa, quando la commissione aveva approvato le linee generali della riforma elettorale. Il testo base della legge elettorale in discussione, infatti, ha come proponente il senatore del PdL Lucio Malan.
La ragione della rabbia è che la soglia del 42,5 per cento è molto dura da raggiungere per chiunque, in questo momento politico, con il 15-20 per cento dei voti che è dato nei sondaggi al Movimento 5 Stelle (che quasi certamente non si alleerà con nessuno): una coalizione PD-SEL, come quella che sembra favorita oggi, potrebbe non raggiungerla e sarebbe quindi costretta ad allargare l’alleanza o, più probabilmente, ad accordarsi con qualcuno dopo il voto, senza che dalle elezioni emerga un vincitore preciso (visto che il premio di maggioranza non verrebbe assegnato). Da parte sua, il PdL ormai devastato nei sondaggi ha tutto l’interesse a rendere la vita difficile al centrosinistra, mentre il centro lavora per rendersi indispensabile per governare in base ai meccanismi già detti.
Il Partito Democratico sta lavorando per ottenere un ulteriore abbassamento della percentuale per ottenere il premio di maggioranza, oppure un “premio di consolazione” per la coalizione più votata ma che non raggiunge comunque i voti necessari a far scattare il premio.
Vediamo le differenze con il sistema attuale. Il Porcellum è un proporzionale corretto: nei suoi aspetti fondamentali, dà alla Camera un sostanzioso premio di maggioranza (55% dei seggi, 340 deputati) alla coalizione che ottiene più voti delle altre, senza nessuna soglia percentuale e dunque potenzialmente anche a chi ha preso il 30 per cento o meno. La logica è assegnare maggioranze molto solide alla Camera per aumentare la stabilità e la durata dei governi. Al Senato la legge assegna invece premi di maggioranza su base regionale. L’elettore non esprime nessuna preferenza sulla scheda e si limita a votare liste di candidati decise dai partiti. Questo è uno dei punti più importanti: l’unica cosa su cui tutte le forze politiche sembrano d’accordo – seppure con varie resistenze, soprattutto nel PD – è la reintroduzione delle preferenze (che comunque hanno i loro lati negativi secondo diversi esperti), che infatti è prevista nel progetto in discussione in questi giorni.
Altro punto importante è la questione della reintroduzione dei collegi uninominali. Oggi si parla soprattutto di preferenze: semplificando, ci sono 27 grandi collegi elettorali (gli stessi del Porcellum) e gli elettori possono scegliere uno o due nomi. Collegi così grandi e una certa macchinosità del sistema (al momento i listini in ogni collegio sono due, uno bloccato e uno no, per complessi meccanismi di ripartizione dei seggi) rendono molto debole il rapporto tra l’elettore e l’eletto, che è la motivazione principale per la reintroduzione delle preferenze: per questo, alcuni commentatori ed esperti hanno proposto la reintroduzione dei collegi uninominali, ovvero divisioni territoriali molto più piccole in cui viene eletto un solo deputato o senatore.
In generale, la Costituzione italiana non dà indicazioni specifiche sulla legge elettorale, con l’eccezione dell’articolo 57 che prevede che il Senato sia eletto su base regionale. Dal 1946 al 1993 è rimasta in vigore la stessa legge elettorale (modificata nel 1953 con la cosiddetta “legge truffa”, che però rimase in vigore pochi mesi) che era proporzionale. Il Porcellum ha sostituito il Mattarellum (dal nome del suo proponente, l’ex ministro democristiano Sergio Mattarella) che era in vigore dal 1993 e che era un sistema che assegnava i seggi per tre quarti con il maggioritario. In questi giorni si parla quindi della terza modifica alla legge elettorale in vent’anni, mentre nei quasi cinquant’anni precedenti questa era rimasta quasi invariata (non funzionava e l’Italia era famigerata per i governi che duravano pochi mesi, ma questo è un altro discorso).
Qualche giorno fa anche il governo è entrato nel dibattito, suggerendo la possibilità di intervenire sulla legge elettorale per decreto legge, ovvero “forzando la mano” del Parlamento e mettendolo davanti a una proposta concreta (modificabile in aula, naturalmente). Da diverso tempo, poi, il presidente della Repubblica insiste sulla necessità di modificare il meccanismo elettorale.
Diversi commentatori hanno sostenuto che, piuttosto della nuova proposta elettorale con una soglia così alta per il premio di maggioranza, sia meglio la legge attuale, che potrebbe essere modificata anche di poco per diventare molto migliore: in proposito, un articolo di Paolo Balduzzi su Lavoce.info contiene argomenti molto concreti e approfonditi.
Un’altra previsione molto diffusa è che la nuova legge elettorale non garantirà quasi sicuramente a nessuno la maggioranza dei seggi necessari a governare: i partiti saranno quindi obbligati ad accordarsi dopo il voto per un governo “di larghe intese” con una personalità “neutrale” alla guida. Secondo questo scenario, la persona prescelta sarebbe ancora Mario Monti e a un “Monti-bis” starebbero più o meno apertamente puntando tutti i partiti maggiori: sicuramente l’UdC, che non fa nulla per nasconderlo, ma l’ipotesi potrebbe essere accettata per forza o per amore anche dagli altri partiti maggiori. Il tutto mentre sia il centrosinistra sia il PdL si preparano a primarie che a quel punto non avrebbero alcun senso.
Fonte: ilpost.it | Foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images