09/11/2012 – Le ultime uscite di Silvio Berlusconi, sempre più confuse e contraddittorie, attengono alla psicologia più che alla politica. Tant’è che a quest’ultimo riguardo non ci sarebbe molto da commentare.
Tuttavia bisogna riconoscere che è vagamente grottesco che il fondatore del centrodestra ostenti un disprezzo così totale nei confronti della sua creatura politica, da lui dominata fino a pochi mesi fa, e di una classe dirigente che comunque è sua diretta emanazione, a cominciare dal povero segretario Alfano. Ma, appunto, si tratta di sussulti e sfoghi che c’entrano poco con la politica. In fondo lo ammette fra le righe lui stesso quando rimpiange la giovinezza perduta e sogna di essere di nuovo al 1994, o vagheggia un suo clone, dotato della medesima personalità, che scenda in campo con l’energia e anche la capacità di catturare consenso che la versione originale aveva diciotto anni fa.
E questo dimostra che siamo entrati appunto nel dominio della psicologia. C’è di tutto: l’insofferenza, la voglia ormai patetica di non rassegnarsi al tramonto, la sconfessione dei discepoli, la pretesa di essere ancora in grado di decidere da solo cosa è bene per tutta la sua comunità. Uno psicodramma vero e proprio, degno di un grande autocrate e culminante nel desiderio sempre meno inconscio di distruggere tutto e di cancellare un partito vissuto, certo non da oggi, come proprietà personale. In questo almeno non si può dargli torto: i partiti berlusconiani sono stati “proprietari” nel senso più profondo del termine, pur costituendo negli anni d’oro il punto di riferimento di un’ampia maggioranza relativa di italiani. E sotto questo profilo Forza Italia prima e il Pdl poi sono stati tutt’altro che una finzione.
Il punto è che ormai si è creato un punto di frizione insanabile. Il vecchio proprietario non si adegua ai tempi e all’anagrafe, mentre il giovane successore (tra virgolette) ha preso sul serio il suo incarico e addirittura vorrebbe dimostrare al mondo che può esistere un Pdl senza Berlusconi. Su questo Alfano esagera, o meglio coltiva un’ambizione troppo grande. Il Pdl o quello che ne resta ha già perso buona parte dei suoi elettori: è l’emblema di una stagione conclusa nel momento in cui Mario Monti è entrato a Palazzo Chigi un anno fa ed è stato riconosciuto come interlocutore naturale dai leader del Partito Popolare europeo, Angela Merkel in testa. Alfano è in grado di costruire una forza popolar-moderata che si riconosce nel “montismo” europeista? Forse lo sarebbe, ma solo se avesse saldamente Berlusconi che lo appoggia con serietà dietro le quinte. Tuttavia non è così, con ogni evidenza. E non saranno delle primarie frettolose a surrogare un progetto che è saltato, ammesso che sia mai esistito.
Del resto, l’ex premier sogna ancora un ruolo per sé, accarezza l’idea di mettere in piedi un altro partito personale, magari un mini-partito. Immagina uno “shock” non meglio precisato, senza rendersi conto che in questo ambito ormai c’è Beppe Grillo che gli ha già mangiato un mucchio di voti anche perché è molto abile nell’evocare scenari semi-eversivi. Più di quanto potrebbe mai qualsiasi clone berlusconiano desideroso di scioccare. Ma tutto si spiega se si accetta che oggi la psicologia prevale di gran lunga sulla politica. Berlusconi vorrebbe essere Grillo, gli invidia le luci del palcoscenico. Invece per lui il sipario è calato. È opportuno che se ne renda conto, anche per il rispetto che deve a se stesso e alla propria storia.
Fonte: sole24ore.it | Autore: Stefano Folli