Nichi, l’iconoclasta punitivo

Nichi, l’iconoclasta punitivo

22/11/2012 – “Oppure Vendola” è lo slogan di campagna di Nichi, invece “del solito comizio”, “dei soliti politici”, “della solita corruzione”, “del solito abusivismo edilizio”. L’Italia dei vizi non è una fatalità – suggerisce giustamente la comunicazione politica di Sel. Volendolo, si può scegliere. Per il solito letargo etico-morale, “oppure” per Vendola. Salvo, però, che questo “oppure” si rivela su www.nichivendola.it una vera e propria rinuncia alla vita. In un sito di campagna praticamente privo di foto, ma non di culto per il capo, emerge il profilo di una sinistra iconoclasta, a tal punto abituata a essere minoranza, da aver sublimato la scarsa presa sulla realtà in una monacale e catartica astinenza dal mondo. Ma non sono quasi dieci anni che Nichi fa il governatore di una delle più grandi regioni d’Italia?

Da parte di un uomo che del rilancio nella cultura, nel rispetto per l’ambiente e di un modello di società aperta ha fatto il suo programma ci si sarebbe aspettati ben altro, perciò, che questo sito bello, non c’è che dire, ma ostico, punitivo. Dove appaiono solo scritte e i pochi corpi umani, spesso fuori fuoco, servono unicamene a sostenere cartelli con sopra il nome del capo. Ci si sarebbe aspettati, o si sarebbe sperato, in una illustrazione delle virtù del buon governo sul cattivo governo, un po’ come fece Ambrogio Lorenzetti nel Trecento nel Palazzo pubblico di Siena. E invece no.

La Puglia sarà anche la regione dell’Ilva di Taranto, ma ce n’era tanto di materiale alternativo. Le migliaia di masserie ristrutturate e sottratte al degrado per farne oasi di godimento in mezzo a una natura che dà, generosa, i suoi frutti. Un mare blu tra coste frastagliate dove, in molti punti, manca addirittura l’abusivismo edilizio, e si capisce che la sana tutela ambientale fa bene al morale e all’economia. I centri storici ripuliti e animati, con giovani a volte persino spensierati e felici. Troppo godimento, per l’autoflagellazione della sinistra? Faceva troppo pensare al diritto alla felicità di una cultura e di una società che si vuole il più possibile lontana?

Fatto sta che, scegliendo per l’iconoclastia tradizionale della sinistra che ha una storia che passa per la rivoluzione francese e quella russa, il candidato sembra un perfetto sconosciuto. O meglio, non un grande amministratore ma un leader noto solo al suo piccolo popolo che lo venera, striscioni alla mano, come un carismatico guru di provincia. Da candidato a presidente del Consiglio, governatore con risultati in tasca, sembra l’outsider un po’ sfigato che può contare sul sostegno fedele della sua combriccola settaria. Non il leader pronto a prendere in mano i destini di una nazione. In un’Italia che ha bisogno di nuove opzioni ambientaliste, di diritti civili, di tutela e promozione della bellezza come di un nuovo progetto di modernità, sarebbe utile promuoverne l’immagine felice, parlando un linguaggio accessibile a coloro che si devono convincere.

Oppure sarà sempre la solita occasione sprecata.

Fonte: huffingtonpost.it | Autore: Simone Verde

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