09/01/2012 – Dunque le recenti dichiarazioni e gli ultimi atteggiamenti di Monti, nei confronti del panorama politico attuale, sembrano piacere sempre meno agli italiani. L’ottimo giudizio medio che lo caratterizzava fino alle sue dimissioni (con un consenso soltanto di poco inferiore alla metà degli elettori) sta progressivamente scemando. Dai dati Ipsos presentati ieri da Pagnoncelli nel corso di Ballarò, risulta che quasi due terzi della popolazione ha reagito in maniera negativa alle sue nuove esternazioni: è diventato come gli altri, che cercano in tutti i modi il consenso, senza più quel distacco che lo caratterizzava nella sua veste di (supposto) salvatore del paese. Ed è una considerazione che accomuna ormai la gran parte degli elettorati, fatta ovviamente eccezione dei centristi, benché anche tra loro non ci sia un reale plebiscito nei suoi confronti, rispetto alla considerazione di cui godeva come presidente del consiglio “tecnico”.
Un dato interessante anche ai fini strettamente politico-elettorali, poiché la configurazione che sta assumendo il futuro parlamento ci parla di un senato ancora in bilico, come suggeriva ieri D’Alimonte sul Sole 24 Ore. Come è ormai noto agli assidui lettori di Europa, basterebbe al centrodestra vincere in soltanto due regioni popolose (Sicilia e Veneto, ad esempio) per mettere in discussione una maggioranza solida del centrosinistra in quel ramo del parlamento. E se ci ritrovassimo, la sera del 25 febbraio, dinanzi ad una situazione di precaria stabilità, i casi possibili saranno soltanto due: o si torna al voto dopo pochi mesi, oppure si forma un’alleanza duratura con il centro montiano.
Ecco perché sono importanti, se si vuole considerare questa seconda ipotesi, i buoni rapporti quantomeno tra Pd e la lista Monti. E se l’ultimo premier comincia a trovare parecchie contrarietà (quasi l’ottanta per cento) tra gli stessi elettori del partito di Bersani, diventerà molto difficile far digerire loro una sacra alleanza nel nome del risanamento italiano.
L’altro dato interessante che proviene dalla trasmissione di ieri sera condotta da Floris riguarda le stime di voto, che confermano la buona tenuta del centrosinistra di Pd e Sel (attorno al 40 per cento dei consensi) e la battaglia sempre più ravvicinata tra centrodestra e centro. Il distacco a favore della formazione che fa capo a Berlusconi si è ristretto al 6-7 per cento circa, nei confronti del raggruppamento montiano (23 a 17). Sostanzialmente stabile il Movimento 5 Stelle di Grillo (intorno al 12) e in lieve incremento la coalizione che fa riferimento ad Ingroia (data oggi nei pressi del 6), che le permetterebbe di entrare in parlamento, sia alla camera che in qualche regione (Sicilia e Campania, ad esempio) anche al senato.
Cosa c’è di significativamente inedito in queste intenzioni di voto? Qualcosa che negli ultimi decenni in Italia non si era mai visto: se accorpiamo infatti i partiti di area di sinistra o di centrosinistra (Pd e Sel, con le liste vicine ad Ingroia), otteniamo una somma di dichiarazioni di voto intorno al 45 per cento dell’elettorato italiano; accorpando, allo stesso modo, quelle di area di centro e centrodestra (Berlusconi più Monti, tanto per semplificare) la quota che queste raggiungono pare notevolmente inferiore, prossime al 40 per cento dei voti. Anche senza tener conto dei simpatizzanti del Movimento 5 Stelle (che pur dichiarano un’anima maggiormente di sinistra che di destra), il nostro paese sembra oggi lontano dal profilo di soltanto pochi anni orsono.
Berlusconi insiste ancora, in questo periodo, nel dichiarare che la vittoria di Bersani scaturirebbe dal mancato accordo tra le forze moderate e che, si fosse unito a Monti, avrebbe potuto sconfiggere la sinistra, perché l’Italia è in fondo un paese conservatore. Gli ultimi dati ci informano al contrario della presenza forse di una piccola rivoluzione, di una possibile svolta che potrebbe cambiare il volto antico del paese. Vedremo…
Fonte: europaquotidiano.it | Autore: Paolo Natale