26/01/2012 – Se si dovesse dar retta alle ipotesi circolanti nel mondo politico, tanto in pubblico quanto riservatamente, che alimentano l’attività indefessa dei retroscenisti, non ci si districherebbe nemmeno col più fervido impegno. Gira di tutto. I democratici sarebbero, secondo le più diverse fonti, pronti a mollare Nichi Vendola per allearsi con Mario Monti, disponibili ad affossare l’intesa al centro per guardare a Antonio Ingroia, decisi a chiedere nuove elezioni nel caso mancasse alla loro coalizione la maggioranza a palazzo Madama. In quest’ultimo caso è già circolata l’ipotesi (una faccenda di scuola, che a ogni crisi di governo non manca di risorgere per tornare subito nel sepolcro) che il ritorno alle urne riguarderebbe soltanto il Senato.
Se ci si sposta sul Pdl, il ventaglio offre di meno, perché (tolte le indicazioni per una possibile vittoria del centro-destra cui non si sa bene chi oggi creda davvero) resta in circolo la grande coalizione a due, Pd-Pdl. In compenso, abbondano le indiscrezioni sulle possibili mire di Silvio Berlusconi, descritto ora come ministro, ora come successore di Giorgio Napolitano, ora come aspirante alla prima poltrona di palazzo Madama.
Passando, infine, a Monti e ai suoi seguaci, c’è di che sbizzarrirsi. Fonderanno un nuovo partito. No, federeranno Udc e Fli, più i montezemoliani di Italia futura e i montisti puri. No, sorgerà un movimento (non un partito, si pre-cisa) incentrato su Italia futura e sulla figura di Monti. Non è vero niente: l’Udc ricostituirà i propri gruppi parlamentari autonomi, ben distinti dagli altri. Ci sarà un’intesa Pier Luigi Bersani-Monti-Vendola. Assolutamente no: l’accordo sarà soltanto fra Bersani e Monti, con Vendola cacciato all’opposizione con Ingroia. Non è vero: i centristi non si alleeranno mai con l’estrema.
Aggiungiamo, tanto per variare le ricette, che si ipotizzano pure appoggi esterni, ripristinando un diffuso costume della prima Repubblica: maggioranza estesa, partecipazione diretta al governo più limitata. Come si vede, la fantasia non fa difetto: manca solo l’ipotesi di un governo di minoranza composto di rappresentanti delle minoranze linguistiche, ma non è detto che, di qui al voto, qualcuno non ne parli. C’è molto, diremmo troppo, di occasionale e di falso, al punto che si comprende come l’incertezza sull’esito elettorale condizioni ogni concreta prospettiva. Per dir meglio: mentre per la Camera pochi dubitano della vittoria del centro-sinistra, tale da consentire una solida e autonoma maggioranza mercé il porcellum, sul Senato gravano troppe incognite, essendoci fisarmoniche nell’attribuzione dei seggi (tanto alle coalizioni, quanto ai partiti coalizzati, quanto alle formazioni che corrono in solitudine), a causa dei premi regionali. Se, però, si volesse fermare almeno un punto, l’opinione prevalente riguarda l’intenzione degli interessati di trovare il necessario compromesso per una maggioranza che, detta in soldoni, vada da Vendola a Fini.
Fonte: italiaoggi.it | Autore: Marco Bertoncini