11/02/2013 – Le consultazioni del 24 e 25 febbraio saranno decise dalla regione più popolosa d’Italia, che crea più di un quinto della ricchezza nazionale
La Lombardia è il campo di battaglia decisivo delle prossime elezioni. La regione più grande d’Italia sarà determinante per l’assegnazione della maggioranza al Senato, ma anche la sfida per il Pirellone ha un’enorme rilevanza politica. In caso di vittoria di Ambrosoli il centrodestra forzaleghista nato ed esploso tra Milano e le valli pedemontane potrebbe subire quel fenomeno di disgregazione che il pensionamento di Bossi e il ritorno di Berlusconi soni riusciti per ora ad impedire.
PUNTO DECISIVO – La centralità della Lombardia alle prossime elezioni non deriva solo dal ruolo che questa regione ha di diritto, essendo di gran lunga la più popolosa d’Italia. La legge elettorale congegnata da un lombardo doc, il bergamasco Calderoli, prevede un premio di maggioranza assegnato per il Senato su base regionale. I 49 seggi complessivi che si possono ottenere in Lombardia diventano così centrali per la formazione della prossima maggioranza a Palazzo Madama. Chi vince conquista 27 mandati senatoriali, mentre chi perde dovrà ripartirsi, probabilmente tra tre coalizione, 22 seggi. L’alleanza favorita per la vittoria alla Camera, Italia Bene Comune guidata da Bersani, potrebbe così passare da 27 seggi a poco più di 10 in caso di sconfitta al Senato in Lombardia, così da pregiudicare quasi irrimediabilmente la conquista della maggioranza a Palazzo Madama. Ma non è solo al Senato che si gioca la partita lombarda. A causa della caduta anticipata della giunta di Roberto Formigoni, che aveva governato al Pirellone negli ultimi 18 anni, in contemporanea alle politiche si svolgeranno le regionali che vedono contrapposti il segretario del Carroccio ,Roberto Maroni, ed Umberto Ambrosoli, sostenuto dal centrosinistra unito e allargato a forze più moderate. Accanto a loro ci sono anche i candidati presidente del polo centrista di Monti, Gabriele Albertini, così come l’esponente del MoVimento 5 Stelle, ma la loro presenza è stata finora piuttosto marginale, visto che il bipolarismo sembra reggere in Lombardia rispetto alla disgregazione del quadro politico della II Repubblica che appare la caratterista principale delle prossime elezioni nazionali. Una sconfitta di Maroni potrebbe però portare ad uno sconvolgimento del centrodestra basato sull’alleanza tra Berlusconi e la Lega, così come un suo successo costringerebbe il futuro presidente del Consiglio italiano a confrontarsi con tre regioni da 20 milioni di abitanti guidate da un movimento secessionista come il Carroccio, ricco e munito fortino della resistenza al prossimo esecutivo.
LA CULLA DEL FORZALEGHISMO – La Lombardia è la regione più grande d’Italia, la più importante per popolazione, prodotto interno lordo, e da ormai qualche decennio incubatrice dei fenomeni politici che hanno ridefinito il sistema politico e sociale del nostro paese. Il craxismo si originò sotto la Madonnina, così come da Milano partì “Mani Pulite”, l’inchiesta che travolse la Prima Repubblica. Alla periferia della metropoli sui Navigli intanto era esploso il movimento leghista, sospinto dalla rivolta fiscale delle piccole e medie imprese che poi hanno trovato il loro alfiere in un imprenditore milanese diventato uno degli uomini più ricchi d’Italia, Silvio Berlusconi. La lunga parabola del Cavaliere ha iniziato a concludersi il 30 maggio del 2011, quando la sua città, Milano, il luogo che l’ha reso una celebrità mondiale grazie ai suoi successi di imprenditore e presidente calcistico ancora prima del suo sbarco in politica, votò per la prima volta dal 1993 un sindaco diverso dal rito forzaleghista che si era imposto dopo Mani Pulite. Con il successo di Giuliano Pisapia nelle comunali di ormai di due anni il castello berlusconiano mostrò le prime, pesantissime, crepe, scuotendone poi le fondamenta del governo crollate a colpi di spread nei mesi successivi. Da allora il blocco sociale che aveva sostenuto il forzaleghismo pare essersi dissolto, anche se negli ultimi mesi l’arrivo di Maroni al vertice della Lega, il ritorno di Berlusconi alla guida effettiva del Popolo della Libertà e l’impopolarità dell’inasprimento fiscale perseguito da Mario Monti hanno ravvivato il centrodestra che sembrava dovesse crollare proprio nella regione che l’ha battezzato, all’alba di vent’anni fa.
CACCIA AL TESORO – Milano però non è la Lombardia, e anche il peso della città è inferiore rispetto alla rilevanza delle altre metropoli italiane, Roma e Napoli, rispetto al Lazio ed alla Campania. In Lombardia vivono ormai più di dieci milioni di persone, mentre la popolazione milanese si assesta ad 1 milione e 350 mila. Se per il centrosinistra è essenziale vincere a Milano e soprattutto nell’infinita conurbazione metropolitana che la circonda, che si estende per varie province, al fine di conquistare la Regione, sia al Senato che per il Pirellone, Bersani così come Ambrosoli dovranno andare oltre il tradizionale bacino di consenso del centrosinistra. Le circoscrizioni della Camera in cui è divisa la Lombardia sono un buon punto di partenza per analizzare le dinamiche elettorali che l’hanno contraddistinta. L’area più vicina a Milano, la provincia così come la confinante Monza e Brianza, sono zone dove i partiti progressisti hanno ottenuto brillanti risultanti, per quanto fino a poco tempo fa il centrodestra era in vantaggio anche qui. La Lombardia 2 corrisponde alla cosiddetta area pedemontana, la lunga e popolosa lingua che si estende dai confini con il Piemonte fino a quelli con il Veneto, da Varese fino a Brescia. Lombardia 2 è la circoscrizione più grande della Camera, con più di 4 milioni di abitanti, ed è la roccaforte della Lega Nord. Il Carroccio è nato qui, a Varese, così come nella bergamasca piana di Pontida ha trovato il suo punto di riferimento simbolico. La tenuta dei consensi pedemontani sarà uno degli elementi decisivi per capire il risultato del centrodestra lombardo, schierato ancora una vota con Berlusconi ed il capo della Lega, a questo giro Maroni dopo l’addio a Bossi. Lombardia 3 è invece l’area più piccola della regione, che corrisponde alla fascia prettamente padana. Il fiume Po scorre in queste zone, che si dividono tra i risultati tipici della provincia lombarda, di solito favorevoli al centrodestra, e zone, sopratutto nel mantovano, dove si ritrovano equilibri dal sapore della vicina Emilia-Romagna.
DIVERGENZA NAZIONALE – I sondaggi realizzati in queste settimane per la sfida del Senato così come per le regionali hanno evidenziato una partita molto equilibrata, per certi versi già sorprendenti. Dall’avvio della II Repubblica, coinciso con le elezioni del 1994, in Lombardia ha sempre dominato il centrodestra. Anche quando il vento in poppa era favorevole al centrosinistra, la regione ha sempre votato con almeno sei, sette punti percentuali più favorevoli al campo forzaleghista rispetto alla media nazionale. Così è stato nel 2008, quando l’alleanza Lega – Pdl viaggiò su percentuali superiori di quasi otto punti, 55,1, rispetto al 47,3% conquistato a livello nazionale. Anche nel 2006 ci fu un significativo scarto a favore del centrodestra, che conquistò tra Milano e Brescia il 56,95% rispetto al 50,2% conquistato dalla Casa della Libertà. Adesso invece i sondaggi rilevano un’altra dinamica, più equilibrata, che in parte dipende dal minore successo delle opzioni politiche, Monti e MoVimento 5 Stelle, che si muovono al di fuori del bipolarismo della II Repubblica. Questo scenario è confermato sia al Senato e soprattutto alle regionali, dove il centrosinistra corre unito ed anche allargato a liste civiche dalla collocazione centrista. L’ex sindaco di Milano Albertini, che corre sia al Senato che per il Pirellone, invece sembra essere relegato alla marginalità, dopo che il grosso dell’ex Forza Italia, in primis Comunione e Liberazione, l’ha abbandonato pressochè totalmente. Anche la candidata del M5S, Silvana Carcano, non appare godere dell’onda di consenso che in questo momento sta spingendo verso l’alto i consensi della lista “capeggiata” da Beppe Grillo.
ESITI LOMBARDI – La Lombardia deciderà molto del futuro della prossima legislatura. Una valutazione ovvia considerando il risultato del Senato, ma che in realtà vale anche per la fondamentale sfida per il Pirellone. La Regione Lombardia ha 10 milioni di abitanti, circa un sesto della popolazione complessiva del paese, ed il suo Pil equivale a circa un quinto della ricchezza nazionale. La conquista della Lombardia è centrale per i destini della Lega e del centrodestra così come l’abbiamo conosciuto finora. Una vittoria di Maroni assicurerebbe ai lombardi il controllo del Carroccio, rispetto alle ambizioni venete, e garantirebbe al forza leghismo la massa critica per poter ripartire dopo la probabile sconfitta. Con il controllo delle tre regioni più importanti della Pianura Padana, Lombardia, Veneto e Piemonte, la Lega potrebbe giocare ancora un ruolo nazionale a dispetto del consistente calo di consensi che sicuramente subirà rispetto ai picchi degli anni scorsi. Per il centrosinistra la vittoria di Ambrosoli è fondamentale quasi quanto la conquista della regione al Senato. Grazie al Pirellone in mano amica il futuro governo Bersani, sempre che nasca, avrebbe un alleato nella più importante area economica del paese, invece che un nemico deciso ad utilizzare il consistente peso lombardo per contraste il nuovo esecutivo. La vittoria in Lombardia del centrosinistra avrebbe poi l’effetto di rendere permanente, almeno per i prossimi anni, la scossa partita dalla vittoria di Pisapia a Milano, che ha poi portato ad una lunga ondata di successi amministrativi nelle elezioni comunali dello scorso anno. Il ciclo di Berlusconi è partito dalla Lombardia, e se mai questa fase politica si chiuderà il 24 e 25 febbraio, potrà concludersi solo nella regione che ha originato i fenomeni politici più importanti degli ultimi trent’anni.
Fonte: giornalettismo.it | Autore: Andrea Mollica