17/02/2013 – La par condicio vieta (invano) la diffusione dei dati Berlusconi e Monti: al 10%, non entra in Parlamento
La legge 28 del 2000 stabilisce il divieto di rendere pubblici e comunque diffondere «i risultati dei sondaggi demoscopici sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori». Il «black out» informativo previsto dall’articolo 8 di quel testo è imposto per i 15 giorni che precedono il voto e riguarda anche i sondaggi effettuati in periodi precedenti. Il divieto, però, viene facilmente aggirato con un risultato paradossale: i sondaggi circolano ovunque nei palazzi della politica e della finanza e gli unici a non averne conoscenza nella loro completezza sono gli elettori.
Eppure la norma è semplice e sufficientemente chiara. Ma come spesso accade basta dare uno sguardo alla sanzione prevista in caso di violazioni (articolo 10) per comprendere che la regola può essere disattesa senza conseguenze drammatiche per i trasgressori. In ogni caso, ricevuta la segnalazione – «anche a mezzo telefax», c’è scritto nel testo del 2000 – l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni «in caso di violazione dell’articolo 8 ordina all’emittente o all’editore interessato di dichiarare tale circostanza sul mezzo di comunicazione che ha diffuso il sondaggio…».
Può succedere dunque che il divieto di diffondere i sondaggi venga aggirato dai partiti per scopi di tornaconto elettorale. Di solito si agitano di più i leader del partito che insegue e, infatti, negli ultimi giorni Silvio Berlusconi e Angelino Alfano si sono lasciati andare fornendo ai media numeri e percentuali formalmente non diffondibili. «La sinistra è preoccupata e noi stiamo sopravanzando…», ha detto il Cavaliere lasciando poi ad Alfano il compito di fare due conti: «C’è un avvicinamento alla sinistra che ora è intorno ai due punti di distanza, anche un po’ meno. Mancano meno di due punti…». Poi l’ex premier è passato ad occuparsi in termini numerici del suo competitor , Mario Monti, cercando di danneggiarne l’immagine agli occhi dell’elettorato moderato: «Nei sondaggi la coalizione di Monti è vicina la 10%. Non entreranno in Parlamento. Fini è ridotto a un prefisso telefonico. Lo 0,4%».
Dunque, in alcuni casi brandelli di sondaggi – che tutti i partiti (ma anche le banche, i gruppi industriali e finanziari) continuano legittimamente a commissionare anche in periodo di «coprifuoco informativo» – vengono utilizzati con disinvoltura dai committenti. Va molto la metafora autostradale tanto che Matteo Renzi (Pd) l’ha utilizzata per tirare la volata al centrosinistra in Veneto: «Se il Pd e il centrosinistra si vanno a prendere i voti dei delusi, la possibilità del sorpasso è tutta nostra». Ma Berlusconi che pensa soprattutto al sorpasso del Pdl sul Pd su scala nazionale ha strizzato l’occhio agli automobilisti: «Il Pd è sulla corsia di emergenza, noi su quella di sorpasso». Renzi, però, ha sempre la battuta pronta: «In autostrada, la corsia di sorpasso sta a sinistra, mentre quella di emergenza sta a destra». Poi Mara Carfagna (Pdl) ha voluto seguire la rotta tracciata dal Cavaliere: «I sondaggi che noi abbiamo dicono che il partito è assolutamente in gioco e che abbiamo superato il Pd». Mentre Alfano si è concentrato sulla sua regione, la Sicilia, dove ha constatato «un sorpasso» sul centrosinistra dopo la rovinosa sconfitta del centrodestra alle regionali del 2012.
Con un’affluenza stimata intorno al 78% (due punti in meno del 2008 seguendo il calo fisiologico dei votanti in atto inesorabilmente dal 1946, secondo le stime dell’istituto Piepoli), i partiti stanno giocando le ultime carte in loro possesso. In particolare fanno gola i voti degli elettori ancora indecisi che alla fine andranno comunque al seggio (sono il 10% dell’elettorato, circa cinque milioni di italiani, secondo le stime di Renato Mannheimer) e che potrebbero essere sensibili a un messaggio semplice quanto efficace: «Vota per noi perché saremo noi a vincere».
Fonte: corriere.it | Autore: Dino Martirano