25/03/2013 – In questi giorni si stanno sbizzarrendo le più stravanti ipotesi tecniche e teoriche per immaginare il lavoro di un governo di minoranza, tutte ruotanti attorno al perno del rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo.
Alcune – le più estreme – ipotizzano l’idea che si possa tirare avanti tranquillamente senza un governo, perché tanto “le leggi le fa il parlamento”. E’ questa la tesi, ad esempio, di uno dei “costituzionalisti” più in voga nel M5S, tal Paolo Becchi, che però di Diritto Costituzionale non ne sa parecchio, visto che di mestiere si occupa di Filosofia del Diritto, alternandosi tra Kant e la Bioetica. Eppure ne parla, ne riparla e ne scrive, centrando svirgoloni come quello che ho appena ricordato. L’idea del Becchi – loquacissimo – è quella del Parlamento senza Governo, una visione aggiornata del governo della Francia repubblicana durante gli anni ruggenti della Convenzione a guida robespierrista (1792-1794). Le teorie del prof. Becchi (professore ordinario, Dio ci perdoni) sono riportate un po’ qua, un po’ la, la sparata sul parlamento senza governo la si trova in questo sito. Non entro nel merito, è scritta bene, va contro qualsiasi cosa noi abbiamo sempre saputo, mi limito solo a notare due cose: a) i punti 1 e 3 confliggono tra loro (il Governo potrebbe riunirsi nei casi di necessità e urgenza – punto 1 – ma al governo sarebbe precluso emanare decreti legge – punto 3 – che vanno però adottati solo nei casi di necessità e urgenza. E quindi? che cosa si riunirebbe a fare l’esecutivo?) e b) se al governo viene preclusa l’iniziativa legislativa (prevista dalla Costituzione, ma per Becchi è un dettaglio trascurabile), chi presenta la legge di stabilità? la discutono sul web? Potrei continuare, ma le “beccate” non mi pare meritino più di 10-12 righe…
Un’altra idea un po’ singolare – questa volta uscita dal forno del PD – è quella del fiducia una volta e poi mai più. Ne parlava anche Giuseppe Civati ieri sera, nel circo di Santoro. Quest’idea ha un qualche fondamento e un suo indiscutibile fascino… L’ipotesi di fondo è che “il governo riceve al suo avvio la fiducia e poi non la richiede più. In questo modo avremo anche messo fine alla pessima abitudine di governare attraverso il trittico perverso decreto-legge/maxiemendamento/fiducia” (il virgolettato è mio). Fermo restando che ottenere la prima fiducia non è poi così semplice (anzi, forse il problema è tutto lì) rimane sempre il fatto che – ad art. 94 Costituzione immutato – qualunque governo avrebbe sopra il cranio la spada di Damocle della mozione di sfiducia, che può essere chiesta dal 10% dei parlamentari di una delle due Camere. Insomma, partirebbe il governo, ma a Costituzione invariata si ritroverebbe con un collare stretto e un guinzaglio corto, liquidabile in ogni momento come un qualsiasi lavoratore precario assunto in nero.
Per citare il celebre aforisma di Thomas More, bisogna “avere la forza di cambiare le cose che si possono cambiare, avere la pazienza di accettare le cose che non si possono cambiare, avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere”. E tra le cose che bisogna avere la forza di accettare è che il meccanismo fiduciario che abbiamo è codificato rigorosamente e chiaramente nella Costituzione e senza un cambiamento della medesima, o si trova un accordo politico, oppure non c’è machiavellata tecnica che regga.
Cambiare il meccanismo fiduciario sarebbe comunque necessario e non serve neppure avere una inventiva particolarmente brillante, basta ispirarsi a quello che accade nelle altre democrazie europee. Facciamo qualche esempio…
- In nessun Paese democratico di rilievo esiste la fiducia bicamerale. Il rapporto fiduciario è di regola con una sola delle due camere, anche perché esiste una più o meno marcata differenziazione tra le funzioni. Noi invece richiediamo al governo di avere la fiducia sia alla Camera, che al Senato, eleggendole però in modo diverso e con un elettorato attivo diverso. Il caos è quindi una possibilità costante, pertanto la prima cosa da fare sarebbe attribuire alla sola Camera dei Deputati la funzione fiduciaria.
- In Spagna la Costituzione presenta degli incentivi per costituire un governo subito dopo le elezioni. Senza entrare troppo nel dettaglio di un meccanismo oggettivamente un po’ complesso (e che chi vuol leggersi trova all’art. 99 della Costituzione spagnola), l’idea di fondo è che se entro due mesi dalla convocazione del nuovo Parlamento o dall’apertura della crisi non si riesce a fiduciare un governo, non ci sono più santi, il Re è tenuto a convocare nuove elezioni.
- Il tanto celebrato “modello Sicilia” (vale a dire “tu governa, io di volta in volta decido cosa fare”) potrebbe essere possibile se il nostro sistema prevedesse la Fiducia Presunta che esiste in taluni ordinamenti, il più importante dei quali è quello della Francia. La fiducia presunta prevede che il capo dello Stato nomini un capo del governo e che questo formi il proprio esecutivo e inizi a lavorare senza passare dal Parlamento. L’Assemblea Nazionale, però, mantiene il potere di sfiduciare il governo con una mozione che deve essere motivata e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti (art. 49 Costituzione francese)
- Infine, il modello adottato in Germania. La fiducia viene concessa al solo cancelliere che successivamente nomina (e revoca) i propri ministri, questo per dargli maggiore autonomia di scelta e indipendenza dai partiti. Quello però che funziona nel sistema tedesco – e che sarebbe utile anche da noi – è il meccanismo della Sfiducia Costruttiva. Il Bundestag ha il potere di mandare a casa il governo quando vuole, ci mancherebbe, ma lo può fare solo a maggioranza dei propri membri e eleggendo nel contempo un nuovo cancelliere. Nel caso italiano – ad esempio – grillini e pidiellini potrebbero mettere in crisi un governo Bersani solo se fossero in grado di dar vita a un governo frutto di una bizzarra alleanza Grillo-Berlusconi, altrimenti niente da fare…
Insomma, la morale è una sola. Strumenti istituzionali facili per modificare un meccanismo fiduciario pensato per il contesto politico della Guerra Fredda ci sono. Per andare in Spagna, in Francia o in Germania non ci vorrebbe un grande lavoro di restauro conservativo della nostra Costituzione, basterebbe cambiare un paio di articoli, come ho scritto in un post dell’agosto 2011. Però bisogna comunque cambiarli… La Costituzione non si può modificare con uno “sbrego” (per citare quanto accadde in Francia nel 1958, quando il presidente Coty nominò il generale de Gaulle capo del governo) e quindi torniamo da capo… ci vuole un governo, ci vuole un parlamento, ci vuole una maggioranza per approvare tutto questo…
Il consiglio è uno solo, rivolto al Ministro degli Interni… telefoniamo alla tipografia dello Stato e mettiamoli in allerta. Potrebbero servire 50.000.000 di schede tra poche settimane.
Autore: Marco Cucchini