30/03/2013 – C’è Giorgetti (Lega) dietro la mossa del cavallo del Quirinale. Già in Olanda un gruppo di “esploratori” ha aiutato a costruire una coalizione di governo.
Giorgio Napolitano tra le righe del suo breve intervento al Quirinale, per tentare di sminare i veti incrociati e accompagnare il paese fuori dal pericoloso impasse istituzionale, ha abbozzato la cosiddetta “soluzione olandese”. Il presidente ne ha parlato nelle ultime ore in diversi colloqui riservati, con interlocutori e leader politici. Di più. Uno zampino decisivo ce lo ha messo direttamente Giancarlo Giorgetti, capogruppo alla Camera della Lega Nord. «Presidente, prima di prendere in considerazione le sue dimissioni tenga presente il modello olandese, con le due forze politiche democratiche del Paese che si ritrovano intorno a un tavolo per formare un governo programmatico», avrebbe detto ieri al capo dello Stato l’ex presidente della Commissione Bilancio, sapendo di trovare orecchie sensibili.
Cos’è il modello olandese? Ad Amsterdam l’anno scorso per risolvere la crisi politico-istituzionale emersa da un grande pareggione elettorale, la regina ha dato vita a un gruppo di “esploratori” con la funzione di avvicinare le diverse posizioni partitiche e far maturare, su proposte concrete, le condizioni per un nuovo governo di coalizione, mentre l’esecutivo dimissionario continuava ad operare.
Peraltro settimana scorsa, nel giorno in cui il Colle affida il pre incarico a Pierluigi Bersani, Napolitano cita espressamente il caso olandese (e israeliano), sottolineando come ad Amsterdam si siano presi del tempo utile a trovare buone soluzioni politiche tra partiti inizialmente agli antipodi. Tempo utile anche di mesi. Nessuno però immaginava che dietro a quel riferimento Napolitano stava costruendo la wayout allo stallo italiano.
Vestito all’italiana, lo schema prevede la costruzione di due “scatole”, ossia i due citati gruppi ristretti di saggi (cinque dedicati a temi istituzionali e cinque a temi politici-sociali) che dovranno fare essenzialmente due cose. Uno. Riprendere in mano i provvedimenti abbozzati dal governo Monti rimasti in ghiacciaia (legge elettorale, liquidazione dei ritardi di pagamento, provvedimenti urgenti per dare ossigeno all’economia, esodati e tagli ai costi della politica), cercando così di rammendare la tela sfilacciata delle riforme. Due. Far maturare, partendo dai contenuti e dalle cose su cui si può trovare un accordo comune tra le forze politiche, la condivisione sull’identikit del futuro inquilino del Quirinale. A partire da questi punti Napolitano, da martedì quando si insedierà il doppio “centro studi” al 15 aprile quando scadrà il suo mandato, proverà ad indicare un nome per un governo del presidente o di scopo che, ovviamente, incorpori già un accordo sul suo successore al Colle.
Nel frattempo il governo Monti, pur dimissionario, è pienamente operativo e anzi sta preparando provvedimenti importanti, ha sottolineato lo stesso Napolitano. Inoltre è funzionante la commissione speciale presieduta dallo stesso Giorgetti (citato non a caso da Napolitano, ndr) e il Parlamento è insediato (un riconoscimento a Grillo, ndr). In sostanza con questa mossa Napolitano compra un po’ di tempo, diciamo un paio di settimane. Al termine del suo mandato il cosiddetto “centro studi” dovrà aver messo d’accordo su schemi di riforma i partiti riottosi e maturato una strada comune per arrivare al nuovo capo dello stato e quindi al nuovo inquilino di palazzo Chigi, mentre il vecchio presidente resterà al suo posto tenacemente fino all’ultimo giorno, a garanzia degli interessi nazionali e dei mercati, visto che i partiti non sembrano capire la gravità e l’urgenza dei problemi del paese.
Fonte: linkiesta.it