Vediamo di rimuovere alcune inesattezze o banalità sulle elezioni presidenziali avvenute durante la fine della scorsa settimana:
1. La rielezione di Napolitano è incostituzionale. Falso, la Costituzione non pone limiti di alcun genere. Vero è che nessun presidente era mai stato rieletto (malgrado almeno un paio – penso a Gronchi o Saragat – avessero fatto tentativi in questo senso) e che la non rielezione era diventata una consuetudine costituzionale ormai molto consolidata e espressamente richiamata anche sia da Ciampi che da Napolitano stesso. La rielezione è quindi una rottura nella consuetudine, non della Costituzione.
2. Tanto Napolitano si dimette tra un anno. Anche questo è un falso. Che un presidente possa dimettersi questo è ovvio (lo hanno fatto Segni, Leone e Cossiga), ma che si possa subordinare l’elezione all’ipotesi di dimissioni questo si che è incostituzionale. Napolitano è eletto e – formalmente – ha diritto di stare al suo posto fino alla verde età di 95 anni e nessuno (se rimane in salute e lucidità) può rimuoverlo dalla carica, non essendo prevista la “sfiducia” al presidente della Repubblica.
3. Il sistema di elezione del presidente è illogico. Anche questo non è vero. La nostra Costituzione disegna la presidenza come un organo di garanzia e rappresentanza dell’intero Paese. L’ideale è quindi che il presidente non sia una figura “di parte”, ma accettata dalla parte più ampia possibile del Parlamento e per questo nella fase iniziale della votazione (i primi 3 scrutini) si prevedono i 2/3 dei voti dei componenti l’assemblea, proprio per indurre le forze politiche a trovare un accordo su un nome rispettato da tutti, al di la delle appartenenze. Però, per evitare che le elezioni si trascinino in eterno, dopo un po’ di scrutini viene prevista l’elezione a maggioranza assoluta. Quindi il doppio criterio ha una logica: “cercate un accordo tra partiti, ma se non lo trovate eleggete qualcuno in qualche modo” e in linea di massima questo sistema ha prodotto buoni risultati, sia che il presidente fosse eletto al I scrutinio (come Ciampi), sia che fosse eletto a maggioranza (come Einaudi o Napolitano, al IV), sia – infine – che uscisse da un rodeo interminabile (come Pertini, al XXI°).
4. Il presidente non deve esercitare poteri. Non è vero. Il presidente non è un notaio, ma un arbitro e come tale prende decisioni. Il potere più ampio – e unanimemente riconosciuto – è quello di “commissario alla crisi”, cioè di decidere come affrontare e risolvere un cambio di governo e su questo ci sono presidenti che hanno preso decisioni ancora più forti di Napolitano (come ad esempio Saragat, che usava spesso lo strumento dell’incarico vincolato a una precisa formula di governo).
5. Napolitano ha abusato del suo ruolo. Anche qua c’è una scarsa capacità di capire la posizione del presidente. Il presidente ha dei poteri che si estendono o restringono sulla base degli equilibri politici: governi deboli, presidenti più forti… maggioranze più chiare e stabili, presidenti più sfumati… E’ quella che viene definita come “supplenza” del capo dello Stato che si fa carico delle mancanze di altri organi, a cominciare da parlamento e governo. E’ inoltre curioso che quelli che accusano Napolitano di aver esercitato poteri in eccesso, siano spesso gli stessi che lo accusano di non aver bloccato la legislazione berlusconiana, dimenticando che il potere di controfirma del presidente non è “di merito” ma di forma.
Poi naturalmente, ognuno può avere il suo parere e le sue sensibilità. Ma mi premeva spazzar via dal tavolo il tema della “incostituzionalità” di quanto avvenuto in questi giorni poi, naturalmente, le valutazioni politiche son tutte (o quasi) lecite. Purché siano politiche e non facciano confusione con il “testo sacro”.
Autore: Marco Cucchini