Giovanni e Francesca – 23 Maggio 1992

Giovanni e Francesca – 23 Maggio 1992

giovanni23/05/2013 – “No, non voglio pensare a quello che potrebbe succedere a Giovanni, lui deve continuare il suo lavoro, la sua vita è questa, non potrebbe farne a meno, e io devo stargli accanto…”
Francesca Falcone aveva scelto per compagno un uomo che prima che lei, aveva scelto il suo lavoro e i suoi ideali. Ma anche per questo lo amava. Si amavano. Lei stessa sapeva di rischiare la vita per il semplice fatto di essergli moglie. Era una bella storia, quella di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Sono morti assieme, uno vicino all’ altro, lui al volante, lei nel sedile accanto. Li hanno estratti ancora vivi da quell’ inferno, Francesca è sopravvissuta per cinque ore, il corpo devastato, le gambe spezzate, il ventre squarciato. Aveva 46 anni. Era un magistrato anche lei, come Falcone, come il padre Guido, come il fratello Alfredo, sostituto procuratore a Palermo nel pool antimafia. Una complicità in più da dividere con l’ uomo della sua vita conosciuto tardi, dopo un primo matrimonio per entrambi andato male. Tutti e due riservati, allevati nel culto della privacy, legati a poche persone, selezionatissime, sempre quelle, da anni, tanto lavoro e tante passioni condivise, weekend di mare, sole, vela e libri. Una coppia qualunque turbata da quel perenne alone di morte.
“Il nostro futuro è incerto”, aveva ammesso, anche a se stessa, Francesca, capelli biondi, sorriso dolce, aperto, a volte quasi triste. Ecco la terribile croce da portare, una vita blindata, orari, sirene, cautela, con i ragazzi della scorta, gli stessi che sono caduti nell’attentato insieme a loro. Ma come fermare Giovanni, se quella era “la sua missione”? Dentro il Palazzo, negli anni dei veleni, si erano conosciuti e piaciuti. Subito le chiacchiere, i sospetti, le cattiverie.
“Giudice, lei dà scandalo per la sua relazione con la collega”, aveva detto a Falcone l’ allora presidente della Corte d’ appello Giovanni Pizzillo, “le consiglio di chiedere un trasferimento per non essere io stesso costretto a rivolgermi al Csm…”. E Falcone serio, infastidito da quella incursione nel privato “Eccellenza, non abbiamo nulla da nascondere, nulla da rimproverarci. Faccia pure quello che ritiene suo dovere…”
Non era un’ avventura, una trasgressione, il loro è stato un amore che davvero è durato fino alla morte. Tre anni prima di quel maledetto 23 Maggio 1992 una prova terribile, superata insieme, il giudice tremò per quella compagna fragile e spaventata, la mandò via dalla villa dell’ esplosione, la stessa notte. Lei non voleva, avrebbe preferito restargli accanto. Poi, il matrimonio, nel 1990, “a mezzanotte come i ladri”. Niente figli troppo pericolo, troppo egoismo. Francesca era uno spirito libero, attenta, dotata di un eccezionale intuito. A casa, in via Notarbartolo, i Falcone avevano due scrivanie, piene di fascicoli, ognuno il suo lavoro. Poche rampe di scale più giù, anche l’ appartamento della suocera del giudice, la madre amatissima sopravvissuta alla figlia, unica grande compagnia della figlia nei lunghi giorni di assenza del marito. Francesca e la madre uscivano spesso assieme a fare la spesa, senza scorta.
Le passeggiate della signora Falcone: “Felicità – aveva confidato ad un’ amica – è andare in centro a far compere con mia madre”.
Lui in caserma lei a casa Poi il weekend con il marito. Falcone la raggiungeva a Palermo. Lei, a bordo della macchina blindata, correva all’ aeroporto. Si abbracciavano, si tenevano anche per mano. Andavano al cinema, ultimo spettacolo, a teatro, a mangiare pesce, al mare, perché Falcone, diplomato all’ accademia navale, si divertiva in barca a vela. Se non veniva lui era lei a volare a Roma. Si sentivano molto col cellulare, un modo per non perdersi, per tranquillizzarsi. Lui in caserma, lei a casa.
Di mafia, la moglie del giudice non voleva parlare “C’ è già Giovanni in famiglia…” Quasi per un beffardo scherzo del destino il lunedi dopo l’ attentato Francesca avrebbe rotto la regola. Aveva accettato di prendere la parola per presentare il libro scritto per le scuole da un’ amica, Mirella Pizzini. “Non mettete però il mio nome sul cartoncino dell’ invito…”, era stata la richiesta in punta di piedi.
E’ morta dilaniata da una bomba dell’ Antistato, assieme al suo compagno, l’uomo che aveva deciso di seguire sempre, di sostenere, di condividere insieme a lui anche i momenti più duri, e ricordarla nel giorno dell’anniversario credo sia doveroso, perché se Giovanni Falcone sarà sempre un esempio per tutti noi, per le donne lo sarà sempre anche lei.

” Si dice che nella vita ci si innamora davvero solo tre volte: la prima volta da adolescenti, la seconda crediamo sia quella definitiva ma la terza è per sempre” ( Francesca Morvillo Falcone).

Autore: Alexsandra Claudia |  visita qui il blog personale di Alexsandra!

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