Affluenza in calo un po’ ovunque con numeri che variano da città a città. A Roma per la sfida Alemanno vs. Marino hanno scelto di esprimere la loro preferenza solo il 32,3% dei cittadini, oltre 5 punti in meno rispetto al primo turno. Meglio al nord, a Treviso per esempio, dove a votare per lo sceriffo leghista Giancarlo Gentilini o per Giovanni Manildo di Pd e Sel sono andati il 41,9% degli aventi diritto. Più vistoso il crollo al sud: a Barletta al confronto tra l’ex portavoce del Quirinale Pasquale Cascella del centrosinistra e Giovanni Alfarano del centrodestra ha partecipato il 31,3% (50,83% al primo turno).
In Sicilia
Non va meglio in Sicilia dove si tiene invece il primo turno delle elezioni che porteranno al rinnovo delle amministrazioni in 142 comuni dell’isola. Al termine della prima giornata di voto, l’affluenza registrata alle 22 è stata del 47,46%. Nei quattro capoluoghi di provincia in cui si vota, Catania, Messina, Siracusa e Ragusa, il dato è stato dappertutto tendenzialmente in calo. A Ragusa, dove fino ad ora ha votato il 43,83% degli aventi diritto, il calo è stato addirittura di dieci punti percentuali rispetto alle scorse elezioni. A Catania, invece, la prima giornata si è chiusa con un’affluenza del 44,40%. Nel 2008, il dato fu del 44,74%. A Messina, alle 22 di ieri sera aveva votato il 50,46%, sostanzialmente in linea con il dato di cinque anni fa. A Siracusa, l’affluenza alle urne è stata del 45,9% (contro il 48,35% del 2008).
Tutti i dati sul sito del Viminale
Le motivazioni
Ma come spiegare questo crollo del voto? Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing, commenta su Repubblica che “la flessione al ballottaggio è fisiologica, ci sono solo due candidati e non si votano i consiglieri comunali. Di solito si perde circa il 7% la domenica dei ballottaggi e 10-15% il lunedì. Dunque i dati sono il linea”.
Non è preoccupato della scarsa affluenza neanche il politologo Roberto D’Alimonte che sul Corriere della Sera spiega: “Un’affluenza più bassa non vuol dire che le elezioni siano state meno buone. I sindaci che usciranno da queste urne saranno rappresentativi a tutti gli effetti, altrimenti dovremmo dire che la quasi totalità dei sindaci statunitensi non sarebbero sindaci democratici, eletti come sono stati eletti con il 40-45% degli aventi diritti al voto”.
Di tutt’altro avviso Pierluigi Battista che sempre sul quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli invita tutti a non parlare di “calo fisiologico” e a cogliere il senso di questo dato: “Che più della metà degli aventi diritto al voto si dichiari indifferente a chi sarà il proprio sindaco testimonia di un distacco inimmaginabile fino a pochissimi anni fa”. E ancora: “Se un mare di indifferenza travolge i municipi, è come se un pezzo importante del senso di una comunità venisse meno”.