10/06/2013 – In queste ore sta andando in onda l’ultimo atto di una interminabile stagione elettorale, iniziata ormai 7 mesi fa con le primarie del PD.
I dati che i canali televisivi ci stanno mostrando indicano in modo inequivocabile la netta prevalenza del centrosinistra in tutte le elezioni amministrative, anche in realtà – come Treviso – dove un tempo non sarebbe stato pensabile neppure il ballottaggio, figuriamoci la vittoria. E su tutte, la gemma più brillante, la riconquista del Campidoglio, ininterrottamente del centrosinistra per 15 anni e ora di nuovo ripresa, dopo la parentesi (piuttosto mediocre) dell’Amministrazione Alemanno.
Potremmo fare varie considerazioni su affluenza, flussi elettorali, comparazioni con passate elezione, ma una domanda mi ronza in testa dalle 15.00 di oggi pomeriggio: perché il centrodestra vince quasi sempre a livello nazionale e il centrosinistra vince quasi sempre in periferia? Azzardo alcune ipotesi…
1. L’Effetto Berlusconi. Alle elezioni politiche sempre e invariabilmente il candidato premier del centrodestra è Silvio Berlusconi. Il quale ha indubbiamente una marea di difetti ma di una cosa nessuno può dubitare: sa come fare campagna elettorale, sa come mobilitare i suoi e sa come parlare alla pancia del Paese. Di fronte a questo caterpillar politico-emozionale poco possono fare le strategie radical-fighette del centrosinistra, con il loro politically correct, con la loro paura di esprimere un concetto in modo chiaro, con il loro malcelato disprezzo per l’uomo qualunque – il classico “uomo della strada” – e soprattutto con l’autolesionistica tendenza al litigio, alla divisione e alla resa preventiva che di solito si manifesta un paio di settimane prima del voto.
L’effetto Berlusconi non c’è alle amministrative perché SuperSilvio non può candidarsi a tutto e perché – in fondo – essendo in politica essenzialmente per fare gli affari propri, questi si fanno meglio controllando i processi legislativi del centro, non certo ottenendo la presidenza della provincia di Massa Carrara o il Sindaco di Vibo Valentia.
2. L’affluenza altalenante. L’elettorato italiano non vota in modo costante: l’affluenza è tradizionalmente maggiore alle elezioni politiche e sensibilmente più bassa in quelle amministrative. La parte di elettorato che non vota alle amministrative ma vota alle politiche è da sempre (o almeno dall’inizio della II Repubblica, quindi da 20 anni) tendenzialmente di centrodestra e questo significa – inevitabilmente – un vantaggio competitivo del centrosinistra nelle elezioni amministrative.
3. I candidati. Il centrosinistra non trova leader a livello nazionale (e quando ci sono – come Renzi – fa di tutto per eliminarli), mentre il centrodestra non ne trova in periferia. I due successi più significativi di quest’anno per il centrosinistra sono stati le regionali nel Lazio, quelle in Friuli e le comunali di Roma. In tutti e tre i casi il candidato di centrosinistra era l’opposto dell’idealtipo politico che viene proposto a livello nazionale. Nicola Zingaretti, pur avendo fatto politica per tutta la vita e null’altro, non viene percepito come un “gerarca di partito”, ma gode di vasta simpatia anche all’esterno del PD. La sua candidatura era stata inizialmente ostacolata dal PD – che preferiva un profilo più “nazionale” – ma alla fine si è dimostrata vincente. Anche le candidature di Debora Serracchiani e Ignazio Marino sono state ostacolate o boicottate dal PD: in campagna elettorale non si sono visti leader nazionali venire a portare supporto in Friuli Venezia Giulia (tranne Renzi. E forse per il centrosinistra è stato meglio così), mentre è noto che Ignazio Marino – tra tutti gli esponenti democratici di rilievo – è quello più critico verso le grandi intese e il governo Letta. Insomma, il PD vince perché i suoi candidati sul territorio spesso appaiono come “diversi” dall’andazzo nazionale e vengono pertanto premiati dall’elettorato.
Questo non si può dire per i candidati del centrodestra. Litigiosità, impresentabilità, problemi di ricambio (si può immaginare una scelta più stracca di quella di Gentilini a Treviso, da 20 anni signore della Marca?). Non ci sono berluschini in periferia e i pochi leader con un profilo anche nazionale – come Formigoni – sono finiti logorati per il troppo potere, smentendo il celebre motto andreottiano.
4. L’apparato. Il centrosinistra (soprattutto il PD) è un partito ancora pesante, burocratizzato, occhiuto e onnipresente e questo è un problema a livello nazionale, come si è visto nei mesi passati. Ma a livello locale avere ancora un apparato territorialmente radicato e presente paga bene e in moneta sonante. A livello territoriale si vince perché – con un mix di clientelismo e buongoverno – i voti si prendono, le liste sono forti e il controllo del territorio molto sicuro, le logiche nazionali si fanno sentire di meno e il peso dei piccoli favori e delle grandi scelte conta di più…
Ecco, io la vedo così, le ragioni della vittoria di oggi non sono episodiche ma sistemiche. Poi, chi lo sa, magari mi sbaglio…
Autore: Marco Cucchini