02/09/2013 – Il sindaco di Firenze viaggia in discesa verso la segreteria Pd. Con possibili avversari (Cuperlo, Civati e Pittella) deboli. E un elettorato che lo preferisce nettamente rispetto al premier Letta. Lo dicono l’evidenza e i numeri dei sondaggi
Matteo Renzi ha detto. Ha chiesto. Ha risposto. Ha attaccato. Ha pensato. Basta scorrere velocemente le pagine di giornali e di siti web per scoprire quanta attenzione i media nostrani dedichino al sindaco di Firenze e capire, di conseguenza, quanto la partita del prossimo congresso del Pd sia fortemente condizionata dalla presenza un candidato ampiamente favorito.
RENZI LEADER IN TV – – Nell’era in cui la strategia e l’agenda dei partiti viene piegata alle regole del marketing politico e i parlamentari vengono sostanzialmente nominati dalle segreterie, si sa, il destino di intere coalizioni di liste è oltremisura legato al verbo di un unico carismatico leader. E la corsa alla segreteria dei Democratici non fa eccezione alla regola dei contenuti oscurati dalla comunicazione. Al pari di Silvio Berlusconi e Beppe Grillo, alternando annunci di futuri stravolgimenti del quadro politico o frecciate ad amici e avversari, sfoggiando allettanti promesse elettorali, oppure evocando il perenne sogno di un Paese migliore, quel marpione di Renzi riesce regolarmente a bucare lo schermo e conquistare i titoli principali delle sezioni politiche dei quotidiani. Sono doti che servono, al Pd come alle altre forze politiche. Ma che non faranno molto piacere a chi il sindaco di Firenze ha intenzione di contrastarlo o batterlo in sede congressuale.
VINCONO I LEADER- Renzi fa. Disfa. Lancia un’idea e ne affossa un’altra. Mentre i suoi sfidanti scompaiono dal dibattito pubblico che conta, quello che coinvolge la vasta platea che vota alle primarie e l’intero elettorato italiano (compresi i sostenitori del Pdl che lo stesso Renzi vorrebbe, e potrebbe, strappare al Cavaliere in declino per i guai giudiziari). Il sindaco c’è. Dalla radio ad internet. Ma le impressioni di chi prima di lui ha annunciato la candidatura per la guida del Pd restano intrappolate nelle colonne degli organi di partito, o laggiù, in secondo piano. Poca roba. La veloce rassegna dice anche questo. Che Gianni Cuperlo, Pippo Civati e Gianni Pittella avranno probabilmente meno difficoltà nell’arruolare pattuglie di parlamentari Democratici che nel coinvolgere i militanti e i simpatizzanti del partito che si recano alle urne. In effetti, sono due mercati elettorali differenti, quello dei delegati del Pd e quello della base. E nel secondo i media contano parecchio. E se i media contano, il successo non è nemmeno garantita. Lo hanno dimostrato le primarie del centrosinistra per la leadership alle elezioni politiche, vinte da Pier Luigi Bersani. I due candidati minori Laura Puppato e Bruno Tabacci, pur avendo goduto di sufficiente visibilità in tv (si ricordi il confronto su Sky e le presenze in studio a Ballarò), surclassati dalla popolarità del segretario di Renzi e di Nichi Vendola, si sono fermati rispettivamente al 2,6 e 1,4% di consenso.
SFIDANTI POCO POPOLARI – E’ difficile pronosticare uno scenario diverso in caso di nuove primarie. I motori di ricerca del web inviano segnali chiari. Mentre Renzi riesce quasi a mandare in secondo piano la questione della decadenza di Berlusconi dall’incarico di senatore, lo sfidante Pittella, europarlamentare dal 1999, e dal 2009 vicepresidente dell’assemblea di Strasburgo, compare sporadicamente online per le dichiarazioni di agenzia che riguardano l’«ok alla Bonino» sulla questione Siria, annunciano il lancio del ‘tour della legalità’ del Pd lungo lo stivale, oppure rassicurano sui voti potenziali. «In Puglia il mio consenso è forte», ha detto l’onorevole negli ultimi giorni. In giro per il web si vede di più il deputato Civati, che dai palchi delle feste del Pd sostiene che «si sente dalla parte di chi rottama», che «togliere l’Imu è stato un suicidio», che i Democratici tra falchi e colombe rischiano «di fare la figura di polli» e, inoltre, che il partito dovrebbe subito «agire pratiche congressuali», senza aspettare ottobre. Cuperlo, dal canto suo, pensa ad una sinistra «non più piccola», ma «ripensata» e «senza timori». E avverte Renzi sulla possibile linea futura del partito: «Il Pd senza sinistra semplicemente non c’è».
TANTI NOMI – Si tratta di argomentazioni legittime, serie e condivisibili. Che mostrano però difficoltà a raccogliere sostenitori. L’ex Ppi Renzi, invece, il rottamatore della vecchia guardia dei Ds, è riuscito a catturare adepti anche tra vecchie facce del centrosinistra che fu alleato della sinistra radicale e dell’Italia dei Valori. Sul carro del sindaco sono infatti saliti i sindaci siciliani Enzo Bianco, ex ministro dell’Interno nel governo D’Alema, e Leoluca Orlando, il primo Dc a fare giunta con i comunisti. L’alternativa? Dovrebbe arrivare dal largo fronte bersaniano e lettiano (i dalemiani convergeranno su Cuperlo). Si era pensato proprio al premier Enrico Letta, capo del governo. Ed erano spuntati i nomi di Stefano Fassina, viceministro rappresentante dei giovani turchi, l’ala più a sinistra del partito, di Stefano Chiamparino, più orientato alla corsa per la Regione Piemonte, Debora Serracchiani, governatrice del Friuli Venezia Giulia, Roberto Speranza, capogruppo alla Camera.
I NUMERI DI RENZI – Infine, i numeri di Renzi. La grande popolarità e visibilità del sindaco di Firenze viene confermata dalle cifre diffuse dai principali istituti di sondaggi italiani. Il candidato alla segreteria Pd nelle stime della fiducia degli elettori batte tutti i leader di partito e i possibili suoi futuri sfidanti per Palazzo Chigi. Non vengono annoverati – manco a dirlo – gli avversari alle primarie di partito. Tra i Democratici a Renzi tiene testa solo il premier Letta. Per Ipr Marketing (rilevazione del 5-8 agosto) si fida del sindaco il 55%dell’elettorato italiano. Letta si ferma al 47%. Berlusconi al 30. Grillo al 19%. Secondo l’istituto Piepoli, invece, Renzi (popolarità al 39%) viene battuto in termini di fiducia dei votanti solo dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (40%) e batte, nell’ordine, Angelino Alfano (35%), Guglielmo Epifani (32%), Vasco Errani (31%), Vendola (26%), Mario Monti (20%), Roberto Maroni (20%), GIanroberto Casaleggio (18%), Berlusconi (18%), Grillo (16%) e Pier Ferdinando Casini (15%). Per Demopolis (sondaggio del 14-18 luglio) vorrebbero Renzi premier il 38% degli italiani. Solo il 20% indica Letta. Il 19% Berlusconi. Il 15% Grillo. Approvazione ampia per il sindaco anche tra la propria base. Sostiene che le posizioni di Renzi non sono in contrasto con l’idea di sinistra il 71% degli elettori Pd. Il 77% dello stesso campione ritiene giusto che Renzi rimanga nel partito.
Autore: Donato De Sena | Fonte: giornalettismo.it