18/09/2013 – La libreria è molto più ampia rispetto a quella del set realizzato ad Arcore nel 1994. Le foto di famiglia ci sono ancora, anche se sono cambiate (ai figli si sono aggiunti i nipoti). La luce è più smarmellata, come avrebbe detto Pannofino a Boris: una micidiale diffusa che toglie drammaticità e pathos al discorso. È la luce che di solito pretendono le star che temono l’affiorare dei segni del tempo sul loro volto.
La libreria (bianca) sarebbe stata bocciata da qualunque esperto di comunicazione (la prima regola per rendere visivamente incisivo un discorso consiste nel rendere il fondo meno luminoso dell’attore, e se possibile leggermente fuori fuoco. Ma con tutta questa luce è impossibile, anche perché a occhio e croce le ottiche e i mezzi di ripresa sono molto tradizionali e lavorano a panfocus). Insomma, il contrario dei video di Obama, abilissimi anche nella costruzione visiva.
I costumi sono quelli di 19 anni fa (non escludo che si tratti perfino dello stesso doppiopetto, magari un po’ aggiustato dal sarto). I capelli alla Mao Tse Tung sono il punto più debole della mise en scène, ma ci sono imprese tecnicamente complesse anche per i più grandi professionisti.
Il copione è sempre solido e la recitazione, anche se tradizionale, non smentisce il grandissimo mestiere. Ma il format sembra un po’ logoro, e così il mood, come quando giri una scena sapendo che, nonostante le promesse, la nuova stagione della serie non è garantita.
Il vecchio leone vuole ancora battersi. E si batterà. Ma nel 1994 interpretava in modo impressionante lo spirito del tempo, mentre oggi sembra rivolgersi ad un target preciso, invecchiato come il protagonista.
Autore: Gregorio Paolini | Fonte: Huffingtonpost.it