02/10/2013 – Pubblichiamo qui di seguito un interessante articolo di Giovanni Collot, laureato in Scienze Diplomatiche ed Internazionali, sul tema dello Shutdown USA.
Puntuale come annunciato, lo shutdown é arrivato. Da oggi, i servizi del governo Federale considerati non essenziali saranno privi di fondi, e quindi dovranno chiudere. Oppure, dovranno lavorare gratis, fino a che il Congresso non approverà il piano di spesa. La misura dovrebbe colpire circa 800.000 dipendenti pubblici, in parchi e musei, ma anche molti impiegati della NASA ed analisti di varie agenzie. In salvo sono invece i soldati, per i quali Obama ha emesso ieri sera uno speciale ordine esecutivo.
Molto si é detto sulle cause di questa paralisi istituzionale: in sostanza, tutto nasce da un’iniziativa dei Repubblicani (a maggioranza nella Camera) che si rifiutano di votare il budget a meno che non venga inserita una postilla che blocchi, rimandi o sospenda la riforma sanitaria voluta da Obama (partita da oggi), e i Democratici maggioranza al Senato che invece non vogliono approvare nessuna legge del genere, considerandola unricatto. Per maggiori informazioni, in rete oggi circolano guide molto ben fatte per capire questo fenomeno, tra cui questa. Non approfondiremo quindi in questa sede, preferendo dedicarci ad un’altra questione di un certo rilievo: perché i Repubblicani si possono permettere di arrivare a chiudere il Congresso, prendendo il Paese sotto ostaggio? Non hanno paura degli effetti elettorali di una tale scelta che a molti commentatori appare scellerata?
In effetti, no. O meglio, ai Repubblicani interessano e come gli effetti elettorali della scelta. Ma essi vanno nel senso opposto a quello che pensiamo noi. Infatti, i Repubblicani – ma, in misura minore, anche i Democratici- non fanno riferimento al corpo elettorale nella sua interezza, ma solo alla propria base. E la base conservatrice, che abita nei paesini dell’America profonda ed é infuocata dei dogmi dei tea party, é totalmente contraria ad Obamacare, vista come un’intromissione indebita dello Stato nella vita dei cittadini. E’ solo a loro che rispondono i Repubblicani eletti; ed é solo a loro che risuona il ricatto dello shutdown.
Il distretto 11 della California, disegnato in modo da avvantaggiare i Repubblicani. Fonte: Wikipedia
La causa di questo ‘ripiegamento su sé stesso’ del partito Repubblicano é da ricercarsi in una procedura ben precisa: il gerrymandering. Ovvero, la pratica diffusa di tracciare i distretti elettorali in modo tale che essi diventino quasi impossibili da vincere – o perdere – per un partito. Essa si basa sul fatto che il compito di tracciare i distretti è assegnato dalla Costituzione ai singoli stati, e in particolare al potere esecutivo detenuto dal Governatore: questo fa sì che ogni partito al potere in un dato momento sia spinto a disegnare i confini dei distretti in modo tale che essi comprendano più elettori del proprio schieramento e diventino, così, sicuri e al riparo dalla competizione di un altro partito. La conseguenza più evidente di cio’ é la forma bizzarra e irrazionale di molti distretti – nell’immagine, il distretto 11 della California. La tendenza ad una riduzione marcata della competività in molti distretti è testimoniata dal fatto che sempre più deputati in carica si aspettano di venire confermati ad ogni ciclo elettorale, qualunque sia lo stato d’animo dell’elettorato nei confronti del Congresso.
Un caso particolarmente esemplificativo di questo è dato dalle elezioni di midterm del 2010: esse si svolsero in un clima di profondo scontento nei confronti del Governo, manifestato dalle numerose proteste messe in atto dai gruppi del Tea Party, e si conclusero con il risultato più netto degli ultimi vent’anni, con 63 seggi che cambiarono di partito. Eppure, 63 seggi sono solo il 14% dei seggi totali! In ogni caso, molte analisi hanno riscontrato che i seggi estremamente sicuri, cioè in cui gli eletti sono confermati con più del 60% dei voti, sono aumentati dal 47% del totale negli anni ’60 al 62% di oggi.
La creazione di un numero sempre più alto di seggi bloccati ha un effetto: contribuisce a ridurre le voci moderate in entrambi i partiti e ad aumentare la polarizzazione politica. Questo effetto non è da attribuirsi esclusivamente al gerrymandering in sé, che è sostanzialmente un modo di tracciare i distretti che si basa su condizioni pre-esistenti: ad esempio, lo smistamento elettorale nel corso degli anni si é avuto anche su base locale e sociale, tanto che gli Americani che negli ultimi vent’anni si sono raccolti in comunità geografiche composte da persone simili dal punto di vista economico e culturale, dando così vita a una cartina tendenzialmente “blu e rossa”.
In ogni caso, però, il gerrymandering finisce per avere effetti anche importanti sui risultati del voto perché agisce in un sistema di primarie per lo più chiuse o alle quali partecipano solamente i sostenitori del partito: esso permette di creare distretti omogenei in una situazione in cui i candidati del partito sono quelli più ideologicamente ortodossi e più vicini alla base. Tanto che, nei distretti sicuri, i deputati in carica generalmente temono più una sfida alle primarie proveniente da un candidato più vicino alla base che l’elezione generale.
Questa situazione é più forte tra i Repubblicani, in quanto negli ultimi anni sono stati loro a radicalizzarsi di più e in modo più uniforme, creando dei veri e propri forzieri di voti inespugnabili, rispetto ai Democratici, che tuttora sono più variegati come base di sostegno.
Ecco quindi il motivo per cui si é arrivati a questo shutdown: la maggiore preoccupazione dei deputati conservatori non é il bene del Paese. E’ quella di essere rieletti dai loro distretti elettorali, fortemente conservatori. E per essere rieletti in un distretto conservatore, da elettori conservatori, devono farsi vedere inflessibili.Altrimenti, alle primarie del prossimo anno dovranno vedersela con un avversario ancora più di destra – e non é detto che la spunteranno loro.