05/10/2013 – Le tormentate vicende dell’ultima settimana hanno scosso molto l’elettorato. E hanno prodotto forti divisioni anche all’interno dei votanti per i maggiori partiti.
Esse hanno riguardato in questi giorni specialmente il Pdl e il M5S, ma lo stesso fenomeno è accaduto nel recente passato anche all’interno del Pd. Insomma, l’attuale struttura delle forze politiche del nostro Paese viene sempre di più messa in discussione dagli stessi elettori.
Un primo effetto è stato, come si è detto, la spaccatura tra i votanti del Pdl: un fenomeno che ha probabilmente influito molto sul repentino cambiamento di linea di Berlusconi. Interrogati lo scorso lunedì, prima del dibattito in Senato, più di un terzo degli elettori che dichiaravano di voler votare per il Pdl affermava esplicitamente che il Cavaliere aveva fatto male a chiedere ai suoi ministri di dimettersi e che sarebbe stato opportuno un cambiamento di linea. In altre parole, una quota notevole dei suoi seguaci manifestava il suo disaccordo. Ma non basta: a seguito della sua decisione, Berlusconi aveva già perso – e non ha per ora recuperato – una quota significativa del suo elettorato (pari a circa il 4% degli elettori italiani nel loro complesso) che affermava di non voler più votare per lui. Tra costoro ben l’86% dichiarava ovviamente che il Cavaliere stava sbagliando linea (nel grafico li abbiamo chiamati “delusi” del Pdl)
Ciò ha aperto un notevole spazio al cosiddetto “partito delle colombe”, coloro, cioè, che dissentivano apertamente dalla decisione di Berlusconi: tra gli altri, Alfano, Lupi, Quagliariello, Lorenzin. È difficile dire qual è il loro seguito elettorale, sia pure teorico. Ma è indicativo il fatto che ben il 16% dell’elettorato attuale del Pdl dichiarava – sempre lunedì scorso – che li avrebbe votati sicuramente in caso di elezioni. E che un altro 32% avrebbe preso molto seriamente in considerazione il voto per loro. Nel complesso, dunque, le “colombe” fruivano di un mercato potenziale pari quasi al 50% dell’elettorato del partito. Naturalmente non si tratta di voti già acquisti, ma di un vasto pubblico che guarda comunque a loro con simpatia e interesse. Ciò non può non avere influenzato il Cavaliere.
Anche l’elettorato del Movimento 5 Stelle ha subito grandi sommovimenti. Malgrado Grillo insistesse per nuove elezioni, la maggior parte dei votanti per il suo movimento (59%) si dichiarava contraria. E questa percentuale cresceva ancora tra chi (i “delusi”) si era allontanato di recente dal partito.
Un analogo vasto dissenso si verifica per ciò che concerne la possibile alleanza del M5S con il Pd, per la formazione di eventuali nuove maggioranze. È vero che la gran parte (58%) dei votanti per Grillo afferma di essere contraria. Ma è vero anche che quasi metà (42%) è del parere opposto e vedrebbe con favore una collaborazione con il partito di Epifani. E questa percentuale si accresce naturalmente tra i “delusi”, ove raggiunge il 67%.
Insomma, la base elettorale di tutti i maggiori partiti italiani – parleremo del Pd in una prossima occasione – esprime scetticismi e dissensi sulla linea del partito. Ciò che suggerisce che non sia irragionevole pensare ad una prossima, significativa, ristrutturazione dell’offerta politica nel nostro Paese.