21/10/2013 – L’A1 – meglio nota come Autostrada del Sole – è lunga quasi 800 km, unisce Milano a Napoli ed è stata costruita in 8 anni, tra il 1956 e il 1964. Per i 32 km del “Passante di Mestre”, invece, ci sono voluti quasi 40 anni e la Val di Susa tiene la tav in ostaggio da quasi 20 anni.
Non entro nel merito della questione – in realtà vorrei, ma cerco di dominarmi – ma desidero ragionare su un paio di punti collegati: la centralità del web e il problema della capacità decisionale quale elemento connotante l’efficienza democratica.
E’ fuor di dubbio che se negli anni ’60 ci fosse stata l’attuale velocità di circolazione di informazioni, proclami e attività, l’Autostrada del Sole sarebbe ancora in cantiere e i trasporti tra Milano e Napoli prenderebbero ancora – come negli anni ’50 – 2 giorni e oltre, invece delle attuali 7-8 ore.
Sono abbastanza sicuro che anche allora, gestire i rapporti con gli enti locali (grazie a Dio non esistevano le Regioni, ma Province e Comuni si) non fosse facile e che gli espropri per pubblica utilità fossero comunque sgraditi alle persone che dovevano accettarli. Però poi, alla fine, l’opera si faceva. E l’Autostrada del Sole non è certo stata meno pesante dal punto di vista dell’impatto ambientale e urbanistico di quanto non sia (non sarà) la Tav.
Però la capacità di mobilitazione, di coinvolgimento, di informazione in tempo reale che oggi abbiamo è infinitamente maggiore e certe sensibilità, certi bisogni, negli anni ’60 non erano neppure ipotizzabili. Il web e i social network consentono di creare un movimento o un evento con pochi click, dandogli un senso e una dimensione che va oltre gli interessi o i bisogni del singolo luogo o del singolo caso, acquistando una connotazione generale e globale, tale da rendere ogni fenomeno di più difficile gestione.
Non è un segreto se chi manifesta in Val di Susa non viva – in buona parte -in Val di Susa. Lasciamo perdere casi un po’ particolari (ai confini con il patetico) quali le recenti dichiarazioni di Erri De Luca, nostalgico della sua adolescenza infiammata, ma è indubbio che ogni evento “local” possa trasformarsi in uno “global” (e questo, senza scomodare il sociologo Bauman, che su questi temi ha scritto cose molto più interessanti e pregnanti di quanto io non potrei fare in 20 vite), con le conseguenze che ne conseguono: estremizzazione delle posizioni, strumentalizzazione, semplificazione. E trasformazione di ogni tema in un tema di interesse “nazionale” e come tale gettato nel frullatore della polemica politica quotidiana.
Tutto questo, porta ovviamente un surplus di trasparenza e di democrazia, ma quale democrazia? Qualche settimana fa il Comune di Trieste ha espresso un parere (per la verità un “non-parere”) sulla Tav. Discussione non di merito, ma basata su tatticismi e schematismi politici francamente un po’ banali… E mi chiedo: perché un Comune deve mettere il becco sulla Tav? Anzi, per chiarire, perché un comune adotta un atto (non vincolante per Regione o Stato) su una questione che non è di competenza comunale?
Per fare propaganda, non per altro, dato che nessuna conseguenza giuridicamente vincolante può emergere da questo atto… E certo, il comune di Trieste non è il solo dove si perde tempo a discutere cose che non andrebbero discusse… E’ una cattiva prassi della nostra evoluzione democratica che su ogni tema sul tappeto tutti abbiano il titolo per dire “qualcosa” e – soprattutto – per mettersi di traverso e questo porta alla moltiplicazione dei c.d. “veto players”, cioè dei soggetti che – legittimamente o meno – cercano di intervenire nei processi decisionali.
E’ una visione della democrazia che enfatizza il dialogo, la partecipazione ampia, il coinvolgimento di vari livelli di governance. Tutto molto bello ma, la soluzione? La democrazia non è solo fatta di dibattito, di tesi contrapposte, di partecipazione, ma è anche un sistema di adozione delle decisioni. Quindi, se la democrazia non decide è cattiva democrazia.
E le democrazie muoiono quando passa l’idea che non siano capaci a risolvere i problemi.
Autore: Marco Cucchini