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05/11/2013 – Ora di test elettorali negli States, dove si vota sempre e, a differenza dell’Italia, si è sempre in campagna elettorale e le elezioni sono uno spettacolo, quasi una festa.
Purtroppo nel nostro paese non c’è una continuità di campagna elettorale da un mandato all’altro, non ci sono contatti con gli elettori e costruire un messaggio efficace è molto più difficile, quasi impossibile.
E anche se negli States gli esiti sono spesso scontati quel che più conta e su cui si focalizza l’attenzione è il futuro politico di ciascun candidato.
E così vedremo come Bill de Blasio governerà New York, così quanto Cory Booker – eletto qualche settimana fa senatore del New Jersey – saprà consolidare il suo profilo nazionale. Ma la partita vera di questo martedì 5 novembre è in casa repubblicana.
In New Jersey il governatore Chris Christie è praticamente certo di succedere a se stesso, ma questo, cosa che non avverrebbe sicuramente in Italia, non gli impedisce di investire moltissimo nella sua campagna elettorale.
Chris Christie è stato eletto nel 2010 grazie a un profilo molto aggressivo e a una retorica anti tasse feroce. Come dare torto agli elettori del Garden State: il suo predecessore, il democratic Corzine, è in carcere, mentre il bilancio dello stato era pesantemente in rosso. E così nel New Jersey delle fabbriche chiuse e della costa popolare cantata da Bruce Springsteen, dei suburbs e dei servizi che vivono come appendice di New York, ha vinto il repubblicano.
Non uno qualsiasi. Christie è corpulento e burbero, aggressivo ma partecipe delle vicende dei suoi cittadini. E in uno stato dalla burocrazia potente e corrotta ha anche saputo tirare dritto in alcune sue scelte – buone o cattive che siano. Tanto basta per farne un governatore amato. Uno che passeggia mangiando il gelato e si ferma a chiacchierare con chiunque sui lungomare della costa, che, quando il presidente più odiato dai repubblicani arriva e gli promette tutto l’aiuto possibile per dare una mano al New Jersey devastato dall’uragano Sandy, lo abbraccia e dice sì ma, per favore, spendete dei soldi federali, che a volte spendere serve.
La devastazione del Jersey shore, una costa la cui economia è fatta da weekend di vacanza e pensionati che ci vanno a vivere perché si sta meglio e costa meno, è stata il momento in cui Christie è passato dall’essere un campione conservatore con grandi prospettive a quello del possibile salvatore del Grand Old Party.
Il governatore si è infuriato con i suoi quando hanno bloccato il pacchetto di spesa destinato alle vittime dell’uragano – poi sbloccato anche grazie a lui – ha deciso di non contrastare la riforma sanitaria Obama come hanno fatto altri e, nei giorni dello shutdown ha preso una posizione netta, dichiarando: «Non esiste che un governo chiuda». Tutte parole e atti che certo non piacciono alla base militante e ideologica del partito.
Ma piacciono alla gente e per Christie è ciò che conta, come conta la sua presenza costante e il contatto con la vita reale, anche in prospettiva delle candidature del 2016.
Campagne elettorali che durano tre anni qui in Italia sembrano una chimera, ma visto che uno dei nostri sport preferiti è scopiazzare tutto ciò che arriva dagli States, non sarebbe male che i nostri politici si svegliassero dal loro torpore e si impegnassero davvero per convincerci a votarli.
E basta guardare i video promozionali di Christie e gli slogan belli e efficaci come Stronger than the Storm, per evidenziare la differenza abissale tra la classe politica statunitense e, ahinoi, la nostra.
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Autore: Alexsandra Panama | Vai al blog di Alexsandra Panama!