E’ uscita la motivazione con la quale lo scorso dicembre la Corte Costituzionale ha accolto i rilievi di incostituzionalità della vigente legge elettorale (o meglio – da oggi – della allora vigente…). Il linguaggio è elegante, forbito e a tratti maligno, i giudici si devono essere tolti qualche sassolino dalla scarpa nell’atto di scrivere le motivazioni della loro scelta e – per chi ama questo particolare tipo di letteratura – rinvio alla lettura integrale della sentenza, così come presente nel sito ufficiale della Corte (www.cortecostituzionale.it).
Per i più pigri, il riassunto lo facciamo direttamente noi…
- La prima parte della sentenza riepiloga i motivi all’origine del ricorso mosso dalla Corte di Cassazione e i presupposti di ordine giuridico-formale e costituzionale dell’ammissibilità di un giudizio della Corte Costituzionale in materia di legge elettorale. Per citare dal testo: “Il sistema elettorale, tuttavia, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole“;
- Il premio di maggioranza per la Camera viene eliminato. Non si attacca il principio di un premio di maggioranza “di per sé”, ma il suo non essere subordinato al raggiungimento di un quorum minimo. La Corte ricorda che un Parlamento deve cercare di favorire stabilità e rappresentatività e che entrambi sono principi collegati con la natura del sistema democratico. Si può indebolirne uno a scapito di un altro per garantire la tenuta complessiva del sistema, ma non esagerare nella compressione di un diritto al punto da annichilirlo. Anche in questo caso, cito dal testo della Corte: “le disposizioni in esame non impongono il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista (o coalizione di liste) di maggioranza relativa dei voti; e ad essa assegnano automaticamente un numero anche molto elevato di seggi, tale da trasformare, in ipotesi, una formazione che ha conseguito una percentuale pur molto ridotta di suffragi in quella che raggiunge la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea. Risulta, pertanto, palese che in tal modo esse consentono una illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare, incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresentanza politica nazionale» (art. 67 Cost.), si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare, ed in virtù di ciò ad esse sono affidate funzioni fondamentali, dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile» (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indirizzo e controllo del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.): ciò che peraltro distingue il Parlamento da altre assemblee rappresentative di enti territoriali.“
- Stessa fine fanno i premi di maggioranza regionali. La Corte su questo è chiarissima: “l’attribuzione del premio di maggioranza su scala regionale, produce l’effetto che la maggioranza in seno all’assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea. Ciò rischia di compromettere sia il funzionamento della forma di governo parlamentare delineata dalla Costituzione repubblicana, nella quale il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (art. 94, primo comma, Cost.), sia l’esercizio della funzione legislativa, che l’art. 70 Cost. attribuisce collettivamente alla Camera ed al Senato.”. Il meccanismo bizzarro dei premi regionali, quindi, visto come una sorta di “mostro incontrollabile” che può produrre effetti distorsivi imprevedibili.
- Venendo alle liste bloccate, anche su queste il giudizio è severissimo. Non viene bocciata l’idea della lista bloccata “di per sé”, ma la sua eccessiva lunghezza, che limita di fatto il diritto costituzionale dei cittadini di comporre l’assemblea elettiva e porta i partiti a usurpare del proprio ruolo – che dovrebbe essere di mera proposta – in violazione degli art. 3-48-49 e 67 della Costituzione. Anche in questo caso citando il testuale: “In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali).” La lettura dell’ultima parte della citazione lascia aperta la strada al modello tedesco, a quello spagnolo o alle formule uninominali…
- Infine le molte chiacchiere che si sono fatte sulla validità dell’attuale composizione delle Camere, su quella degli atti da esse adottate e sui presupposti di costituzionalità del loro operato. La Corte è molto chiara nel precisare che la sentenza parla dell’avvenire e che si vuole salvaguardare “il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare.“
Venendo al punto politico della questione. La Corte ricorda che non tocca a lei scrivere la nuova legge elettorale, ma che ha però dovuto intervenire “stante la perdurante inerzia del legislatore ordinario“. Giudizio direi molto, ma molto duro sulla classe politica. Duro e meritato. Ma non dice solo questo, dalla sentenza emergono altre cose, che la Corte sottolinea esplicitamente:
- Una legge in vigore c’è. Non esiste in materia elettorale la vacatio legis. La Corte stessa ricorda che una normativa immediatamente utilizzabile c’è ed è molto chiara (La normativa che resta in vigore per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale delle disposizioni oggetto delle questioni sollevate dalla Corte di cassazione è «complessivamente idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo», così come richiesto dalla costante giurisprudenza di questa Corte”): riparto dei seggi proporzionale, sbarramento al 4% (o 2% per partiti apparentati), preferenza unica.
- Il legislatore può legiferare. La Corte ha “ripulito” ma non ha precluso al legislatore ulteriori interventi. E da quanto si è ricordato nelle righe precedenti, le opzioni rimaste sono vaste e non precludono – ad esempio – nessuna della opzioni avanzate dal Matteo Renzi (modello spagnolo, neo-mattarellum o sindachellum).
Politicamente, però, si sottolinea un altro dato: non ci sono più alibi, non si può più dire “non si può votare perché manca la legge elettorale”. La legge c’è, si può tornare al voto anche domani mattina. Alla Consulta hanno dimostrato di non essere irresponsabili. Speriamo non siano i soli…
Autore: Marco Cucchini