27/01/2014 – Scriveva ieri Furio Colombo sul “Fatto Quotidiano”: “Matteo Renzi (detto “Matteo” presso le migliori fonti giornalistiche) domina le televisioni con due sole inquadrature. In una sta camminando in fretta, seguito da un gruppo, si muove sempre da destra verso sinistra, evita con giovialità sportiva i microfoni, stringendo mani a volo o dando “il cinque”, e in un attimo è di spalle, ma voltandosi indietro lascia una traccia di cordialità. La seconda inquadratura è frontale, Renzi è in camicia bianca, un po ’ sbottonata, è su un podio e dice con bravura poche frasi, di solito tre, un impegno, una denuncia, una minaccia.”
Come ci si presenta nel salotto dei telespettatori non è mai casuale, si cerca di inviare dei messaggi più o meno subliminali all’elettore (soprattutto quello meno attento) attraverso rapide associazioni mentali, che dovrebbero attivare associazioni positive (o negative, a seconda di chi trasmette il video). Vediamo un po’ di “ripassare” il modo in cui i leader solitamente irrompono nel nostro salotto, direttamente dallo schermo televisivo:
Giorgio Napolitano. Il Presidentissimo – quando le cose le decide lui – appare sempre e solo nelle vesti del Capo dello Stato. Rigorosamente dentro il Quirinale (sono lontani i discorsi di Pertini in maglione, seduto davanti al caminetto nella caserma dei Carabinieri della Val Gardena), circondato dalla corte e protetto dai corazzieri, in stanze con il pavimento di marmo e gli stucchi dorati. Rappresenta, vuole rappresentare, la continuità dello Stato, la sua solennità, i suoi riti. Però, anche la sua distanza dai cittadini comuni…
Enrico Letta trasmette due messaggi, che sembrano contraddittori ma in realtà non lo sono: il “giovanotto” (sic) in pullover al volante di una utilitaria e l’uomo di Stato, in grisaglia ministeriale e bouquet di bandiere dietro alla testa, Grande tra i Grandi. La prima immagine vuole raccontare che Enrico Letta è “uno di noi” (pur essendo potentissimo praticamente dalla nascita, come il Principe di Galles), un uomo giovane, fresco, cool… La paura è quella che gli rimanga attaccata sotto la pelle l’immagine di eterno “giovane-vecchio” democristiano, precocemente installatosi nei piani alti del potere (a 24 anni presidente dei giovani democristiani d’Europa… 18 mesi dopo la laurea già Alto Dirigente del Tesoro…) e quindi a “rischio-rottamazione” in un’età decisamente troppo prematura, almeno per lo standard politico italiano. L’altra immagine – quella da Statista – serve a confermare la prima: “guardate che anche se sono (più o meno) giovane, sono l’Uomo che serve in questo momento, sono capace, solido e affidabile e rispettato nel Mondo”.
Beppe Grillo è sempre mostrato intento a gridare, con un micfono in mano, sopra un palco affollato, rivolto a una folla sovraeccitata. Raramente la scelta “scenica” è diversa (indimenticabile la nuotata alla Mao Tse Tung ai tempi dell’attraversamento dello Stretto di Messina) e l’idea è quella di trasmettere energia, decisione, scorrettezza politica e rottura delle regole. “Se vinciamo noi, sarà tutto diverso”… Un’idea di movimento veloce, inarrestabile e rivoluzionario.
Silvio Berlusconi. Ultimamente è scomparso il mitico doppiopetto con cravatta “Marinella” (blu scuro, con delicati pois bianchi) in favore di un “total black” giacca aperta e magliettina aderente senza collo. Ma – a parte il cambio estetico – quando la comunicazione la controlla lui, lo scenario è sempre e solo uno: un grande palco, una pedana, lui da solo, Capo indiscusso, bandierone virtuale sullo sfondo e una folla elegante, agiata e estasiata intenta ad applaudire scandendo le mani come il pubblico di Vienna durante la Marcia di Radetzky oppure – ipotesi due – in rispettoso, acritico silenzio…
Pierluigi Bersani. Bersani – icona del leader PD “classico” – appariva nel modo solito del dirigente post-comunista. O seduto intento a riunioni fumose, con altre persone dallo sguardo triste e concentrato. Oppure felice, circondato da gente, ma gente diversa da quella di Grillo (meno agitati e chiassosi) e da quella di Berlusconi (meno pellicce di visone e acconciature piene di lacca, meno fighettini di buona famiglia o cumenda con il riporto). Gente “vera”, di popolo, l’eterno militante emiliano, sempre disponibile a dare una mano per le feste del partito, sempre incazzato con i dirigenti, ma in fondo sempre pronto a turarsi il naso e votare come gli viene detto, ancora una volta. Almeno fino allo scorso 8 dicembre…
Insomma, quando la televisione trasmettere le immagini di uno dei nostri leader, può essere un giochino divertente chiedersi “quale parte sta recitando? il giovane decisionista? il vecchio sovrano? lo statista cosmopolita? l’arruffapopolo? il capo indiscusso? o l’uomo tra uomini?”. Vallo a sapere…
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)