03/03/2014 – Quando si parla delle elezioni Europee del prossimo maggio il mio pensiero va, innanzitutto, a quei partiti che otterranno un numero considerevole di voti. La distribuzione dei consensi espressi dagli elettori dei diversi Paesi dell’Unione Europea è importante perché definirà il cosiddetto “potere nominale” dei partiti, cioè il loro peso specifico in termini di seggi ottenuti.
Il “potere nominale” poc’anzi citato, preso singolarmente, non è purtroppo in grado di dare una visione d’insieme dei meccanismi di potere decisionale all’interno del Parlamento Europeo. Nella prossima legislatura, nessun partito e nessun gruppo politico riusciranno a conseguire la maggioranza assoluta dei voti e pertanto lo strumento della coalizione si renderà necessario.
L’analisi delle votazioni effettuate dai membri del Parlamento Europeo dal 2009 ad oggi rivela tre stabili tipi di coalizione, il cui discrimine è rappresentato dalle diverse aree legislative di riferimento:
- Una “grande coalizione” tra EPP (Popolari), S&D (Socialisti e Democratici) e molto spesso ALDE (Liberal-Democratici);
- Una coalizione di “centro-destra” tra EPP, ALDE ed ECR (Conservatori);
- Una coalizione di “centro-sinistra” tra S&D, ALDE e la Sinistra radicale europea;
Tale elenco delinea come denominatore comune l’ALDE, che gioca così un ruolo centrale nell’ottica dell’efficacia decisionale del Parlamento Europeo. Ciò è dovuto, rifacendomi alle parole di Simon Hix e Biørn Høyland, al fatto che l’Unione Europea produce una serie di politiche che è vicina alle preferenze di molti elettori centristi (liberalizzazione del mercato, standard ambientali e uguaglianza di genere solo per citarne alcune). Il partito europeo dei Liberal-Democratici, in linea con quanto appena detto, esprime proprio un orientamento di questo tipo.
La compagine partitica presieduta da Guy Verhofstadt, secondo molte previsioni, riscuoterà alle prossime elezioni un consenso che si aggira intorno all’8%. In termini di quello che all’inizio dell’articolo ho chiamato “potere nominale”, non si tratta di un notevole risultato. Il divario con i potenti EPP e S&D è enorme ma la non totale omogeneità che caratterizza le tradizionali “famiglie politiche europee” ha permesso e permetterà all’ALDE di rafforzare il valore aggiunto della sua centralità nello scacchiere partitico. Ecco allora che il concetto di “potere reale” prende forma, distinguendosi da quello di potere nominale per la sua capacità di incidere concretamente (e strategicamente) sull’approvazione delle proposte di legge.
L’unico partito politico italiano attualmente presente al Parlamento Europeo nelle file dell’Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Europa è Italia dei Valori. Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli ha avuto invece una diversa sorte, non riuscendo di fatto a conquistare nessun seggio alle elezioni del 2009: un passo indietro rispetto alle precedenti elezioni quando, con la Margherita, rafforzò l’ALDE (da poco costituito) grazie all’elezione di nove Europarlamentari.
Infine, per quanto concerne il quadro partitico/politico nazionale italiano, l’incidenza dei Liberal-Democratici nell’arena dei protagonisti assume connotazioni diverse in comparazione ai meccanismi europei. Se a IdV e API sommiamo Scelta Civica di Mario Monti, la capacità di creazione di alleanze stabili ha un peso indubbiamente differente. I meccanismi relativi alla costituzione di maggioranze efficaci soffrono, in Italia, a causa di un sistema elettorale che non riesce a far convergere verso il centro (e verso nessun altro punto) le istanze di un elettorato smarrito, sempre più diviso tra europeismo ed euroscetticismo.
Manuel Marsilio (C) | Contatto: manuel.marsilio@gmail.com