27/03/2014 – L’aria è effervescente a Bruxelles. Le elezioni di maggio relative al Parlamento Europeo rappresentano non solo un punto di arrivo (e di inizio) in termini di cicli politici ma fungono anche da spunto concettuale per quello che riguarda il metodo di selezione del Presidente della Commissione Europea.
Lo scorso 13 Marzo a Strasburgo è stato approvato un documento elaborato in commissione Affari Costituzionali che cerca di fare chiarezza sul rapporto tra Parlamento Europeo e Consiglio Europeo proprio in materia di nomina del Presidente della Commissione Europea. L’articolo 17 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) dice che “prendendo in considerazione il risultato delle elezioni del Parlamento Europeo e dopo aver intrapreso le necessarie consultazioni, il Consiglio Europeo, a maggioranza qualificata, dovrebbe presentare al Parlamento Europeo un candidato per la carica di Presidente della Commissione. Tale candidato – prosegue l’articolo – dovrebbe poi essere eletto dal Parlamento Europeo attraverso la maggioranza dei suoi membri”. Il Trattato di Lisbona, riprendendo l’articolo 17 del TUE, consolida il fatto che Parlamento Europeo e Consiglio Europeo sono “congiuntamente responsabili dell’armoniosa gestione del processo che conduce all’elezione del Presidente della Commissione”.
A livello sostanziale, il Parlamento vuole avere un peso rilevante nella scelta. Ecco allora che nel documento prodotto dalla commissione Affari Costituzionali si sottolinea come le potenzialità e la forza della legittimazione democratica dell’Unione Europea, corroborata dal Trattato di Lisbona, dovrebbero essere pienamente implementate attraverso la designazione di candidati scelti dai partiti politici europei. In questo modo si garantirebbe una diretta connessione tra il voto dei cittadini e l’elezione di una carica di assoluta importanza come quella del Presidente della Commissione. La volontà è che non ci sia più un gioco di scelte fatte dai leader dei governi europei in un contesto di torbidi accordi siglati dietro le quinte.
Le principali “famiglie politiche” europee, che avevano proposto un candidato già alle precedenti elezioni Europee (Barroso era il nome del PPE), si ritrovano ora a ripresentare con determinazione la paura di un sistema di selezione non democratico e pertanto hanno tutte pubblicamente scelto il loro Spitzenkandidat. L’alleanza di centro-sinistra legata ai Socialisti e Democratici (S&D) ha individuato l’attuale Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz; i liberali centristi dell’ALDE e il centro-destra capitanato dall’EPP punteranno rispettivamente sull’ex primo ministro belga Guy Verhofstadt e l’ex primo ministro del Lussemburgo Jean-Claude Juncker.
Da un punto di vista pragmatico sarà interessante vedere la reazione del Consiglio Europeo alla formale richiesta di maggior inclusione da parte del Parlamento Europeo nella corsa alla decisione su chi sarà il nuovo Presidente della Commissione. Angela Merkel ha appoggiato la candidatura di Juncker ma potrebbe preferire di gran lunga una tecnocrate del calibro di Christine Lagarde: cosa succederà allora se il PPE non vincerà le elezioni? Accetterà il candidato di centro-sinistra Martin Schulz o indirizzerà il Consiglio Europeo verso una posizione incurante delle proposte suggerite dagli eurogruppi parlamentari? E se la Merkel rigettasse la posizione vincente di Schulz per paura di una pericolosa rivalità ideologica a Bruxelles, cosa succederebbe in terra tedesca a livello di alleanza con i social-democratici? In definitiva, quanto il Consiglio Europeo punterà su una strategia che crei continuità e non discontinuità con il Parlamento Europeo, simbolo predominante della rappresentazione popolare europea?
Autore: Manuel Marsilio | contatti: manuel.marsilio@gmail.com