07/05/2014 – Girolamo Rossi affronta la genesi e l’evoluzione di questo simbolo attraverso e soprattutto la storia del Ppi di Sturzo e poi della Democrazia cristiana.
Pochi simboli hanno rappresentato la politica italiana, con tutti i suoi limiti e le sue positività, come lo scudo crociato.
Il libro di Girolamo Rossi edito dall’Armando Editore dal titolo Lo scudo crociato. Un simbolo medievale nella comunicazione politica del Novecento ne affronta la genesi e l’evoluzione attraverso e soprattutto la storia del Ppi di Sturzo e della Dc colte all’interno delle vicende nazionali.
La scelta non fu per nulla scontata. Il primo di fatto a servirsene in maniera sistematica fu il Ppi di Sturzo. Per il quale però il simbolo dello scudo crociato sembrava alterare l’equilibrio, da egli fortemente voluto e cercato, tra sfera politica e religiosa. Ricorda Rossi come «Proprio nella scelta del simbolo di partito si riflette questa preoccupazione e questo precario equilibrio.
Il simbolo prescelto sarà appunto quello dello scudo crociato, appartenente all’antica tradizione guelfa del cattolicesimo integralista che punta a rivendicare l’azione politica sui valori cristiani. Un simbolo tuttavia fin troppo esplicito e impegnativo sia dal punto di vista dei Popolari sia dal punto di vista della gerarchia ecclesiastica, preoccupati entrambi di evitare una sovrapposizione appunto tra la sfera laica e quella religiosa».
Sturzo infatti in seguito preciserà che lo scudo non rappresentava i crociati bensì le autonomie cittadine del periodo medioevale. Un simbolo al cui centro si aggiunse il terminelibertas che il sacerdote di Caltagirone indicò come richiamo dei valori popolari contrari al centralismo statale. Parola che, a giudizio dell’autore, mediava fra la dimensione laica e quella religiosa del partito: «Il grande rilievo che la parola ha nel contesto del simbolo contribuisce a spostare l’attenzione dal piano confessionale a quello laico, ponendo in primo piano un tema, quello appunto della libertà, che sia pure sviluppato nella riflessione filosofica e antropologica cristiana può essere credibilmente speso sul piano della pura attualità politica».
Fu comunque proprio in forza della difesa di quella libertas che Sturzo pagò il suo dissenso dalla politica di una parte del Vaticano nei confronti del fascismo e che molti esponenti ed ex deputati popolari patirono il carcere, l’esilio e una sorda, ma non meno invadente, persecuzione e controllo da parte della polizia fascista.
Il simbolo tornerà ad emergere dopo la seconda guerra mondiale. Il contesto era mutato, anche la Dc sarà fortemente diversa dal Ppi di Sturzo. La continuità era data ancora e in particolar modo dalla parola libertas che, ricorda l’autore: «Detta l’agenda della stretta attualità politica e nello stesso tempo stempera l’attenzione verso la carica di significato insita nello scudo, smarcando il partito da richiami crociati fin troppo vincolanti». Sarà il termine che, a mio parere, contribuirà a spingere, fra altri fattori che per brevità non tratto, la Dc oltre i confini del perimetro del consenso cattolico.
Scrive infine Rossi che: «Il simbolo perderà efficacia, probabilmente, quando sarà venuta meno la possibilità per una società sempre più laicizzata di accettare le sollecitazioni militanti e confessionali di un simbolo così nobile e impegnativo».
Ma ciò è vero se lo si comprende alla luce della libertas, perchè la Dc seppe conformare la sua politica a tale ideale e quindi assorbì e, se vogliamo, in parte “accompagnò” l’ammodernamento e l’evoluzione del paese anche sapendo di pagare uno scotto (per il quale non mancarono resistenze forti e drammatiche) in termini ideali, politici e finanche umani.
Autore: Luigi Giorgi | Fonte: europaquotidiano.it