I sentimenti degli italiani

I sentimenti degli italiani

cuore15/05/2014 – Consapevoli tutti di quanto la politica italiana sia ormai incentrata sulla figura del leader, non lo siamo forse abbastanza di un altro fatto. Quella stessa politica fa sempre più affidamento su alcuni sentimenti fondamentali. Renzi richiama ogni giorno la necessità di non cedere alle nostre paure, invita a contrastare il pessimismo; insomma, dichiara espressamente di voler ridare al Paese un orizzonte di speranza. Grillo punta anche lui sull’uso politico delle emozioni, vuole anche lui dare speranza agli italiani, ma è convinto che intanto occorra distruggere tutto l’assetto politico esistente. Per questo il sentimento su cui punta, quello che sta al centro dei suoi discorsi, è la rabbia, in particolare contro l’intero mondo dei partiti.
Il fenomeno non è certo nuovo nella storia politica italiana. Come mostrava alcuni anni fa un bel libro di Ennio Di Nolfo su Le paure e le speranze degli italiani , il successo politico di De Gasperi alle elezioni del 1948 si basò in gran parte sulla capacità sua e della Dc di intercettare quei due sentimenti indicati nel titolo. Ma nella prima Repubblica i sentimenti diffusi nel Paese, le emozioni degli italiani, venivano richiamati dalla politica pur sempre entro il quadro di quelle grandi narrazioni ideologiche che, vent’anni fa, il crollo del sistema dei partiti doveva rendere obsolete. Dopo di allora è stato a lungo il solo Berlusconi ad avere piena consapevolezza della forza che il richiamo a sentimenti elementari, ad emozioni profonde, può avere nella democrazia di massa fondata sul ruolo centrale del leader e dei media. Ma ormai, per i motivi a tutti noti, il fondatore di Forza Italia non è più in grado di muover-si in questo campo con l’abilità (e i risultati) di un tempo.

Ecco dunque che oggi sono solo Grillo e Renzi a occupare per intero il campo di una politica dei sentimenti che da tempo non era praticata con questa intensità. Fino al punto da trasformare la competizione politico-elettorale, tra quelli che i sondaggi accreditano come i due principali partiti, in uno scontro, appunto, tra la speranza e la rabbia. Tra due sentimenti che sono stati sempre elementi di base nella storia politica degli ultimi secoli (e forse di ogni tempo). Ma questo scontro, in una situazione difficile come quella italiana, con l’incertezza di prospettive che colpisce tutti e in particolare le nuove generazioni, rischia di assumere un carattere particolare. Nel senso che è più agevole il compito di chi fa appello al malessere profondo di un Paese impaurito dal futuro, puntando sul diffuso risentimento sociale verso corrotti e privilegiati. È più facile l’uso politico del risentimento rispetto a chi (Renzi) deve riuscire a convincere che ciò che non è stato fatto per decenni, ad esempio l’eliminazione dei mille interessi corporativi che ostacolano lo sviluppo, sarà finalmente fatto. Il rischio oggettivo cui si trova di fronte il leader pd risiede nel fatto che la speranza a cui invita gli italiani ha bisogno di risultati, e presto. La forza del fondatore del M5S sta invece nel fatto di poterne fare a meno, anzi dall’avvantaggiarsi di ogni dato negativo sull’economia, di ogni nuovo scandalo, di ogni riforma soltanto annunciata.

Autore: Giovanni Belardelli | Fonte: corriere.it

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