23/05/2014 – Sostiene l’economista Nouriel Roubini: «La tenuta degli spread, quindi in ultima analisi dell’intera architettura dell’euro, è subordinata all’impegno della Bce di comprare i bond dei Paesi in difficoltà se scatta l’emergenza. Ma potrà mai la Banca centrale comprare, direttamente o indirettamente, i titoli emessi da un Paese guidato da un movimento che vuole il referendum sull’euro e considera il Fiscal compact un foglio da stracciare?». E aggiunge: «Se il M5S risulterà il primo partito il governo Renzi sarà a fortissimo rischio. Altrettanto se Grillo arriverà secondo a breve distanza, il che mi pare probabile vista la trasmigrazione di voti da Forza Italia». Non solo il governo italiano sarà a rischio, a suo avviso, ma anche l’intervento della Bce: «Perché Francoforte dovrebbe gettare una ciambella di salvataggio a un governo che considera le procedure per deficit eccessivo come una barzelletta? È probabile che se Grillo vincerà, lo spread salirà ancora. Il balzo in sei giorni da 150 a 180 con l’aumento dei tassi dei Btp dal 2,9 al 3,2%, non è accaduto a caso: c’è stata è vero la sorpresa negativa del calo del Pil, ci sono stati i peggioramenti di opinione di alcune istituzioni finanziarie sui fattori di rischio italiani e spagnoli, ma c’è soprattutto la crescita di Grillo. Una vittoria del M5S metterebbe in grave difficoltà la tenuta del governo. Non escluderei che Renzi, in situazioni estreme, potrebbe arrivare a dimettersi».
In attesa di scoprire se le previsioni di Nouriel Roubini si riveleranno corrette, credo che, al termine di questa disgustosa campagna elettorale, i consulenti di comunicazione politica dei principali leader e partiti politici che non si riconoscono nel populismo dovrebbero avere l’umiltà di ammettere: abbiamo sbagliato tutto. E l’errore è stato grave.
Certo: è difficile dire dove finiscono le responsabilità dei politici e dove iniziano quelle dei consulenti, ma è evidente che la strategia di inseguire i movimenti populisti sul loro terreno si rivelerà probabilmente un autogol clamoroso. So che la tentazione è forte: a tutti i livelli, piace l’idea di assumere una nuova verginità, un’immagine di purezza non contaminata dalla politica politicante, nel goffo tentativo di apparire l’anticasta pur essendo parte della casta a tutti gli effetti. Ma i consulenti dovrebbero servire anche a questo, a dire: no, attenzione, questa strada è scivolosa e sbagliata.
Più degli insulti e della rincorsa a chi la spara più grossa, è stato questo, a mio avviso, l’errore più grave. Siccome l’Europa non piace molto ai cittadini, tutti che sbraitano «contro» e nessuno che si smarca per dire che il progetto comunitario è stato e resta una delle più grandi conquiste politiche della storia recente e che perciò va difeso e valorizzato, senza se e senza ma. E’ la twitter-politica: tutti che inseguono e nessuno che guida. L’esito è sotto gli occhi di tutti.
Ciò che emerge da questa campagna elettorale si può sintetizzare in due punti: 1) alla carenza di proposte politiche coraggiose si è tentato di sopperire con la bagarre mediatica, con l’insulto e la denigrazione dell’avversario; 2) le uniche proposte politiche emerse con chiarezza sono quelle demagogiche e semplicistiche di chi dice che la soluzione alla crisi economica è l’uscita dalla moneta unica. Risultato: a trarre vantaggio da questa situazione saranno le forze populiste, che vinceranno non per meriti propri, ma per demeriti dei propri avversari. Ma a pagare il prezzo saremo noi, tutti noi.
Autore: Andrea Ferrazzi | Fonte: Spinningpolitics.it