29/09/2014 – Tempo fa Giovanni Sartori intento a definire la Politica scriveva che questa “non è una materia ma un contesto”. E il suo essere contesto la porta ad avere delle regole per certi versi costanti ed eterne: il progresso galoppa, le sensibilità e i valori mutano, ma la natura del Potere e i principi attorno ai quali questo si perde o si consolida rimangono sostanzialmente immutati nel tempo.
Tutto questo mi è venuto in mente leggendo Giuliano di Gore Vidal. Si tratta di una biografia romanzata (ma molto accurata) datata 1964. Il brillante scrittore e saggista americano maneggia la vita e il tempo dell’Imperatore Flavio Claudio Giuliano, noto più comunemente come “Giuliano l’Apostata”, ultimo sovrano pagano, che resse le sorti del vastissimo Impero Romano dal 361 al 363, attraverso lo strumento dello scambio epistolare postumo tra due intellettuali pagani che gli furono amici, intervallato da capitoli tratti da una immaginaria autobiografia.
Il libro è piacevolissimo, si legge d’un fiato (beh, due fiati, visto che sono quasi 700 pagine…) e la scrittura di Gore Vidal è come sempre non solo maligna e ironica, ma anche ricca di informazioni e notizie da storico puro. Insomma, un grande libro, non a caso scritto da un autore americano, visto che il sistema politico degli Stati Uniti è – sotto certi versi – ispirato al “Principato” augusteo, ma molto, molto alla lontana… Insomma va letto, non solo per divertimento (il che non è certo da disprezzare) ma anche perché ci parla dell’oggi.
“La storia è sempre storia contemporanea” scriveva Benedetto Croce ed è vero. Attorno alla vita e al Trono di Giuliano vediamo ripetersi processi e comportamenti che sono propri anche dell’oggi perché intrinsecamente legati alla ricerca del Potere. La corruzione che permea tutto il Sacro Palazzo, l’opportunismo per “accoccolarsi al tepore del potere” da parte di chi arriva a cambiare addirittura 5 volte in 20 anni la propria religione (sostituiamo “religione” con “partito” e siamo all’oggi), l’irriformalità degli apparati burocratici complessi (uno dei grandi fallimenti di Giuliano, morto troppo presto per consolidare il proprio progetto di decentramento fiscale e amministrativo).
Il Potere non è mai acquisito per sempre. E’ un concetto dinamico, non statico e la competizione ne è l’elemento caratterizzante, così come la vicinanza (fisica, non solo spirituale) al Sovrano (l’Imperatore, il presidente degli Stati Uniti, il presidente del Consiglio o il sindaco della nostra città, poco importa…) è uno degli elementi fondamentali per affermarsi in questa lotta primordiale. E ci si chiede: era più difficile avere accesso alla Sacra Persona dell’Imperatore e poter fare davanti a lui una sottomessa proskýnesis o ottenere il numero di cellulare di Barak Obama? Immagino la seconda…
Giuliano – un po’ fanatico, un po’ Don Chisciotte – non riuscirà in nessuno dei propri grandi progetti, anche perché in soli 20 mesi di regno non si può fare molto. Il Paganesimo non soppianterà il “culto del Galileo”, la guerra con la Persia non sarà vinta e la riforma dell’amministrazione non andrà in porto e – anche in questo caso lezione immortale – conservare l’esistente è sempre più facile che innovare. L’eterno principio della “routine of politics” che contribuisce a spiegare il perché dei ritardi attuativi o delle manchevolezze nell’implementazione di ogni politica pubblica complessa.
La lettura di “Giuliano” lascia alla fine un po’ di amaro in bocca. Il Potere è un mostro non addestrabile, rimasto a uno stato evolutivo primordiale, come gli alligatori o gli squali bianchi e come loro spietato nei propri meccanismi di mantenimento e perpetuazione. Da analista attento dei fenomeni politici lo so e ci convivo. Da cittadino mi piacerebbe ogni giorno svegliarmi in un mondo migliore.
Lo sperava anche Giuliano, ma è andata come è andata.
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)