Il nuovo partito tra social e realtà

Il nuovo partito tra social e realtà

images (1)14/10/2014 – La partecipazione in rete e sui social integra e prepara la partecipazione diretta. Si possono lanciare quattro o cinque referendum all’anno su grandi questioni su cui preparare in rete la discussione con forum, chat.

Come ha giustamente osservato Roberto Morassut, la discussione sul calo del tesseramento del Pd ha assunto toni grotteschi e strumentali.

Intendiamoci, la questione – l’hanno sottolineato studiosi come Nadia Urbinati e Piero Ignazi – è molto seria e riguarda la crisi del modello di partito ereditato dal Novecento che investe tutte le grandi strutture organizzate del continente europeo, come riflesso del passaggio dalla società di massa e della comunicazione verticale a quella orizzontale e degli individui.

I partiti novecenteschi sono figli dell’emancipazione di grandi masse contadine e operaie fino ad allora escluse dalla politica e si modellavano aderendo (diceva Antonio Gramsci) alle pieghe della società, con una organizzazione capillare e ramificata, che rifletteva una società massificata. Il Pci, disse Pier Paolo Pasolini, era una sorta di paese nel paese.

I grandi partiti popolari, non solo il Pci, ma anche la Dc e il Psi, furono grandi scuole di educazione politica, culturale, civica. Essi consentirono agli esclusi di poter alzare la testa e dire la loro. Ricordo un episodio che mi raccontò “Mommo” Tripodi, storico capo delle lotte bracciantili nella provincia di Reggio Calabria: «Quando fui eletto parlamentare mio padre, incontrandomi sul corso del paese, mi si rivolse in pubblico dandomi del voi. E quando gli domandai perché, mi rispose: perché tu ora non sei mio figlio, sei il nostro rappresentante e meriti il rispetto dovuto».

Il partito politico di massa assolveva a una funzione di riscatto e di rovesciamento della piramide sociale. È dunque evidente che la sua crisi apre una enorme questione di rappresentanza della parte più debole della società che sarebbe poi la funzione storica della sinistra. Ma pensare di risolverla con il partito delle tessere, senza una analisi e una discussione seria sui cambiamenti intervenuti, è francamente grottesco. Tanto più in Italia, dove alla crisi sistemica del partito politico si aggiunge il discredito verso la classe politica.

In questo senso il rimedio suggerito da alcuni è peggiore del male perché la corsa agli iscritti produce nefasti fenomeni di clientelismo e corruzione.

Il tema della forma-partito, che abbiamo provato a proporre come centrale nel documento sul “Campo Democratico” presentato all’ultimo congresso del Pd, è stato ignorato da tutte le componenti.

Forma-partito e ragioni di fondo della sinistra da ritrovare si tengono per forza insieme. Se compito della sinistra è rovesciare l’ingiustizia, oggi dobbiamo anzitutto capire dove si annidano le nuove ingiustizie, chi sono i nuovi soggetti esclusi, e come scrive Goffredo Bettini nel suo libro Oltre i Partiti, «aderire a calcomania» su di essi. Anche la discussione sull’articolo 18 e certe reazioni “pavloviane” rispondo a un mondo che non c’è più: posso chiamare “padrone” l’imprenditore del Sud che resiste al racket e tiene in piedi un’attività rischiando la sua stessa vita?

Gli iscritti declinano, ma sono milioni gli elettori che partecipano alle primarie. Piuttosto che rincorrere gli iscritti per farne una base di potere interno, sarebbe più proficuo creare una sorta di Statuto dell’elettore che partecipa alle primarie, dargli la possibilità di essere informato, di partecipare alle scelte fondamentali del partito che non può essere l’attuale sommatoria di correnti, ma una grande agorà, collegata in rete, nella quale realizzare una partecipazione costante.

Già oggi centinaia di migliaia di iscritti ed elettori si informano e discutono tramite i social network. Vuoi fare come i grillini ? si obietterà. Nient’affatto perché la democrazia atomizzata della rete è un modello facilmente dominabile e manipolabile da ristrette oligarchie.

Penso (rubo il termine a Ilvo Diamanti) a un “partito ibrido”, nel quale la partecipazione in rete e sui social integri e prepari la partecipazione diretta. Si possono lanciare quattro o cinque referendum all’anno su grandi questioni su cui preparare in rete la discussione con forum, chat, etc e poi organizzare le primarie delle idee. Sono sicuro che così crescerebbero anche gli iscritti (quelli veri).

Autore: Carmine Fotia | Fonte: europaquotidiano.it

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