09/11/2014 – Tra le molte e bizzarre esperienze della mia vita, quella del servizio militare è forse la meno presente nei miei racconti e nei miei pensieri. 12 mesi senza infamia e senza lode con il fez sulla testa e il foulard cremisi attorno al collo. Però stanotte ho sognato di essere nuovamente in servizio. Ero di stanza a Torino (perché? non lo so) e particolarmente scocciato perché dalla divisa della domenica avevano tolto il cordone color porpora da caporale istruttore, che tanto mi piaceva perché dava un tocco alla maresciallo Berthier al mio outfit.
Attribuisco questo sogno all’aver guardato fino a notte fonda uno splendido documentario della tv vaticana sulla storia del Muro di Berlino e sulle vicende umane delle persone che sono riuscite a scavalcarlo, fuggendo dalla prigione più grande del Mondo, nonché la più pericolosa dato che in sua prossimità in 28 anni ci sono stati 1300 cittadini assassinati dalle guardie di confine e 75.000 arresti. Come si collega la caduta del Muro con il mio servizio militare? E’ presto detto, il 31 ottobre 1989 sono entrato nell’hotel “Millebrande” di Fano (non ricordo il nome della caserma, noi la chiamavamo così) per il periodo del CAR e una decina di giorni dopo eravamo tutti seduti nel soggiorno comune del nostro piano a guardare la televisione e ci giunsero le immagini dei berlinesi che smontavano il Muro. La vox populi era “è finita, ci rimandano tutti a casa” un po’ come dopo il 25 luglio del 1943. Io cercavo di seminare realismo (in fondo ero uno studente di Scienze Politiche, noi queste cose le sappiamo) e facevo presente che non si smobilita un esercito perché si sono viste alcune immagini al telegiornale, ma non c’è peggior sordo di quello che non vuol sentire…
Ovviamente, avevo ragione io. Il servizio militare è continuato tanto quanto prima, con il nostro puntuale addestramento e io sono diventato un “40/C2″ cioè “secondo pilota carri, mitragliere e radiofonista” e avrei dovuto tirare missili filoguidati “Tow” da un blindato per fermare l’invasione comunista proveniente dai Balcani. Per noi reclute, la caduta del Muro non cambiò nulla.
Per il Mondo però cambiò tutto. O quasi tutto. Nel breve periodo si aprì la fase della “fine della Storia”, del trionfo incondizionato e irreversibile del modello democratico. Era commovente il vento di speranza che si percepiva, la fine della “guerra civile europea” che (pur in modi diversi) andava avanti dal 1914 e l’inizio di un’era di pace e di prosperità. Fallace illusione… Quasi subito in molte aree dell’Europa liberata il capitalismo si è manifestato con il suo volto più brutale e spietato, soprattutto in quelle zone che non avevano avuto una esperienza democratica e capitalista precedente (tipo l’Albania o la Romania) e in taluni casi al vecchio regime dittatoriale, se ne è sostituito un’altro uguale o peggiore, come in Bielorussia o nella Russia stessa, passata dal caotico populismo eltsiniano alla dittatura fascista di Putin.
In realtà la mia sensazione è che i diritti civili, politici e sociali non siano globalmente aumentati, ma si siano solo riallocati. Nel mentre, infatti, l’Est guadagnava posizioni, noi abbiamo iniziato a perderne. Come mi è stato fatto notare da un mio professore qualche giorno fa, infatti, l’attacco sistematico al welfare state sul quale avevamo basato tutta la nostra prosperità è iniziato quasi subito dopo la caduta dell’impero sovietico, dal momento che in mancanza del socialismo, mostrare un capitalismo dal volto umano non era più strettamente necessario. E così in Occidente abbiamo sostituito la paura della Bomba (non so bene quanto reale) con l’insicurezza per il futuro… il sistema economico è diventato fragile e più ingiusto e il “desencanto” per il nuovo Mondo ha sostituito in poco tempo l’ottimismo dei primi mesi. Lo stesso sogno europeo, il sogno di un continente unito da libertà e giustizia si sta consumando nel grigiore burocratico dei conti che non tornano, dei bilanci che non quadrano e della sudditanza della politica alla finanza.
Anche lo scenario mondiale si è intricato. Il bipolarismo del terrore garantiva un minimo di stabilità, forse brutale, forse fittizia, ma almeno una parvenza di ordine c’era. Ordine e laicità. Ora invece l’incubo dell’estremismo religioso è presente in modo assolutamente più reale di quanto non fosse mai stato il pericolo sovietico. In fondo, nessun agente del KGB si è mai fatto esplodere dentro una metropolitana o si è mai lanciato con l’aereo contro un grattacielo. E a ben vedere – per quanto ipocriti e inapplicati – gli ideali del comunismo sono stati (almeno sulla carta) molto più civili e condivisibili del tetro e sanguinario oscurantismo bigotto dell’Islam incazzato e barbaro. Il sogno infranto del comunismo era un mondo senza disuguaglianze, senza povertà, senza oppressione, non certo il predominio di una fede medievale e maschilista finalizzata a stendere un manto di cupezza sul pianeta.
E la caduta del Muro non ha significato la fine dei muri… Basta andare a Gaza per vedere che il Muro esiste ancora, solo spostato di qualche centinaio di km. E poi, che altro sono se non muri invalicabili quelli che vengono eretti ad esempio al largo dei nostri mari? muri di navi finalizzati a mantenere nelle proprie gabbie popoli in fuga da persecuzioni, guerre e miserie. Qual’è la differenza tra chi fuggiva scavalcando il Muro e chi invece cerca di raggiungere le nostre coste? perché tanta empatia con i primi e tanta indifferenza verso i secondi? Altro che era di Pace Universale!
E allora, celebriamo oggi la caduta del Muro. Come simbolo della ritrovata libertà dell’Europa e come simbolo della fine dell’incubo nucleare. Ma nel celebrarlo, magari ricordiamo che la democrazia non ha ancora vinto, che i pericoli per la nostra sicurezza ci sono e che le ideologie non sono cadute tutte. Ne è rimasta in piedi una, la più perniciosa perché la più dolce in apparenza: quella del libero mercato, che non conosce pietà per popoli, ecosistemi o specie animali…
E vorrei che questo lo capissero soprattutto i giovani, i miei studenti, nati dopo il 9 novembre 1989 e per i quali parlare del Muro di Berlino o del Vallo di Adriano è esattamente lo stesso: una costruzione remota che una volta divideva due popoli e due civiltà ma ora non c’è più. Vorrei che quando qualche politico chiacchierone parla di loro come della “generazione IPhone” si ribellassero dall’essere indicati con il nome di un prodotto di consumo. E capissero che forse nella vita si può avere anche qualcosa di più e di meglio di un paio di buoni sconto…
Autore: Marco Cucchini (C) Poli@rchia