di Davide Soto Naranjo
In queste ore si sta consumando quello che sembra essere l’ultimo atto del dramma del centro-destra: Forza Italia, si sente tradita dalla scelta di rottura di Renzi, il quale mercoledì 28 gennaio ha comunicato il nome di Mattarella per il Quirinale senza dare il tempo a FI di decidere se appoggiarlo o meno. Chapeau. Renzi ha così ottenuto ciò che voleva: ha accelerato la frammentazione di FI e scatenato la reazione scomposta del suo leader.
Eppure, a guardar bene, una via d’uscita per il centro-destra c’e’, se soltanto FI riuscisse ad affidarsi l’ingegno politico piuttosto che al rancore. Molto spesso in questa legislatura il Parlamento e’ stato paragonato ad un Vietnam. Lo e’, e a maggior ragione quando si tratta di eleggere il Presidente della Repubblica. Se di Vietnam si tratta, dunque, la minoranza faccia la guerriglia, non la guerra frontale. Tenda le sue imboscate, e lo faccia presto, prima che sia troppo tardi. Il problema e’ come?
Una via ci sarebbe. Si tratta di una strada stretta, non priva di rischi, ma di grande effetto: votare per Romano Prodi. Questa sarebbe l’unica carta vincente ancora in mano al centro-destra per contare ancora qualcosa e riaprire i giochi. Da uno scontro tra Prodi e Mattarella questo Parlamento e questo PD uscirebbero lacerati. Ciò porterebbe ad un’immediata conseguenza: l’eliminazione di entrambi i candidati, i quali si ostacolerebbero a vicenda. Se l’operazione riuscisse Berlusconi risorgerebbe come un’araba fenice, ricompatterebbe il centro-destra e ritornerebbe al centro della scena.
Oltre alle ragioni tattiche ci sarebbero anche buone ragioni politiche per una scelta del genere. Berlusconi potrebbe provocatoriamente dire che piuttosto che il grigio Mattarella tanto vale eleggere il nemico vero, il fuoriclasse e l’avversario di tante battaglie: Romano Prodi. Infine questa mossa avrebbe una sua fondatezza sul piano costituzionale: e’ opportuno di candidare al Quirinale un giudice della Corte costituzionale? FI potrebbe giustamente opporsi obiettando che candidare un giudice della Consulta danneggerebbe l’immagine di imparzialità della corte e dei suoi membri. Come già osservato da alcuni commentatori, infatti, con quale grado di serenità potrebbe poi operare un giudice candidato o quasi candidato al Quirinale a partire dal giorno dopo la bocciatura a scrutinio segreto?
(c) Davide Soto Naranjo – Costituzionalista | Poli@rchia