Se Donald Trump dovesse ottenere la nomination del Partito repubblicano per le elezioni presidenziali del 2016, il Gop «è destinato a essere clamorosamente sconfitto».
Mentre la front runner democratica Hillary Clinton, dal canto suo, deve sperare di non incontrare sul suo percorso un avversario come Marco Rubio, altrimenti «la sua strada per la Casa Bianca si farebbe decisamente in salita».
A parlare è Julian E. Zelizer, professore di Storia e Relazioni pubbliche all’università di Princeton ed editorialista.
L’APPEAL DI TRUMP. La conversazione con lui, ovviamente, non può che cominciare affrontando il nodo Trump, il candidato più presente sui media.
Quasi tutti i commentatori avevano previsto una sua uscita di scena dopo l’estate, eppure lui è ancora oggi in vetta in tutti i sondaggi per le primarie repubblicane.
«Molte delle sue uscite pubbliche riscuotono un forte appeal in una parte dell’elettorato repubblicano che, negli ultimi anni, si è spostato più a destra», spiega Zelizer a Lettera43.it. «Inoltre, Trump ha saputo fare leva sui peggiori timori e pregiudizi di tanti americani, spaventati dalla minaccia del terrorismo».
ESTRANEO ALL’ESTABLISHMENT. Non si tratta, tuttavia, solo di un’abile operazione di marketing elettorale. Parte del suo successo, continua il professore, «è semplicemente dovuto al fatto che non è parte dell’establishment politico», nel quale una buona parte di americani ha perso la fiducia.
Zelizer non si sbilancia in previsioni sull’esito delle primarie Gop, ma di una cosa è certo: «Se Trump dovesse ottenere la nomination, è prevedibile che il Grand Old Party finirà col subire una massiccia sconfitta, non solo per la Casa Bianca, ma anche per le diverse sfide al Congresso: un risultato che spingerebbe i Repubblicani lontano da questo genere di candidature nel prossimo futuro».
Hillary e l’ostacolo Marco Rubio
Sul fronte democratico, in vista della nomination strada in discesa per Hillary Rodham Clinton.
Ma attenzione, fa notare il docente, «il suo più grande ostacolo sarebbe trovarsi di fronte un avversario come Marco Rubio».
LA FORZA DEL GIOVANE SENATORE. Il giovane senatore della Florida con il volto da collegiale e dalle origini cubane, per Zelizer, «sarebbe in grado di ravvivare i Repubblicani», ma soprattutto «riuscirebbe a suscitare un certo appeal su fette di elettorato assai più ampie rispetto ad altri candidati», a cominciare da quelli più di rottura come Ted Cruz, Ben Carson o lo stesso Trump.
EQUILIBRISMI NECESSARI. Ma le difficoltà per l’ex First Lady, ex senatrice ed ex Segretario di Stato non arrivano solo dalla metà campo avversaria. «La sfida per Hillary», spiega il professore, «sarà distanziarsi il più possibile dal presidente Obama tentando, nel frattempo, di non erodere il sostegno per le politiche promosse dall’amministrazione democratica della quale lei stessa ha fatto parte».
Una delicata gara di equilibrismo, insomma, per raggiungere il 1600 di Pennsylvania Avenue, a Washington DC.
Tra armi e terrorismo: i temi della campagna elettorale
La partita per la presidenza si giocherà su diverse tematiche.
In questi giorni tiene banco l’annoso dibattito sulla diffusione delle armi e sulla proposta, da parte di Obama, di istituire maggiori controlli sulla loro vendita e distribuzione.
A dispetto della vis polemica dei dibattiti e dello scontro, va detto però che la politica Usa, su questo tema, si è sempre dimostratat piuttosto anemica.
OSTAGGI DELLA NRA. L’idea di approvare nuove leggi sul controllo delle armi «gode di un ampio sostegno da parte del pubblico», riconosce l’esperto. «Tuttavia, anche gli stessi candidati democratici tendono a indietreggiare e parlare il meno possibile dell’argomento, perché temono di poter irritare la Nra», cioè l’influente lobby della National Rifle Association.
Prevedere però quali battaglie e tematiche domineranno la campagna elettorale è difficile, se non impossibile.
Di certo, non mancherà la lotta al terrorismo. «L’Isis e la minaccia che rappresenta saranno certamente una parte centrale dei dibattiti sulla sicurezza nazionale», dice il docente. E poi, ovviamente, avrà un ruolo non secondario l’eredità dell’attuale inquilino della Casa Bianca. «Se i programmi avviati nel 2009-2010 avranno successo, il doppio mandato di Obama verrà ricordato come un momento chiave nella crescita del nostro governo e di forte risveglio delle politiche liberal», evidenzia Zelizer.
LA LEZIONE DI OBAMA. Anche a dispetto delle percentuali di consenso non esaltanti. Perché per i futuri libri di scuola, poco o nulla conteranno i numeri dei sondaggi (con)temporanei. Valeva per i suoi predecessori, vale anche per Obama.
«Il modo in cui i presidenti sono ricordati nella storia», conclude, «è dovuto all’impatto delle loro scelte, e non alle loro percentuali di gradimento».
E questo, ovviamente, se lo augura anche Hillary Clinton.