Dai caucus fino alle Convention: inizia in Iowa la lunga corsa per la Casa Bianca. Passaggi tecnici, frasi celebri, curiosità sui candidati Dem e Gop.
È arrivato il momento.
Lunedì primo febbraio, con i primi caucus in Iowa, si rimette in moto l’immenso circo della politica americana, per quello che è il suo rituale più consolidato, talvolta meno comprensibile e di sicuro più scenografico: le primarie con cui Democratici e Repubblicani scelgono il candidato alla Casa Bianca.
SEI MESI, POI LE COVENTION. Il processo è lungo sei mesi circa e culmina con le Convention nazionali: un tripudio di bandierine, urla esaltate e promesse di gloria, tra effluvi di pop corn, in mezzo ai quali vengono incoronati i due sfidanti.
Quest’anno il Grand Old Party (Gop, cioè i Repubblicani) celebrerà la propria a Cleveland, dal 18 luglio.
I Democratici si troveranno invece nel feudo liberal di Philadelphia la settimana successiva (25 luglio).
CAUCUS DECISIVI. Potrebbe davvero esserci la testa quasi-arancione di Donald Trump a fare capolino dal palco? Dipende proprio dall’esito dei caucus e delle votazioni che si aprono in Iowa e che si celebreranno nelle settimane e nei mesi successive in tutti e 50 gli Stati, ognuno con modalità, regole e tempistiche diverse (qui il calendario).
I primi due appuntamenti, Iowa (primo febbraio) e New Hampshire (9 febbraio), sono sempre molto importanti e guardati con attenzione, nonostante la relativa importanza dei due Stati: dal loro esito, infatti, si intuisce quale sarà il tono complessivo della campagna. Tanto per fare un esempio, nel 2008 Obama battè Hillary Clinton proprio in Iowa: e si sa poi come andò a finire.
Il primo marzo si intuirà il vincitore
Il culmine delle primarie è il Super Tuesday (martedì), che quest’anno cade il primo marzo, una data in cui si vota in 15 Stati e che consente – anche se il processo non è ancora finito – di intuire quasi con certezza chi sarà il vincitore in ogni partito, semplicemente facendo di conto.
Le primarie sono infatti elezioni indirette; i caucus (come funzionano) – cioè le riunioni di cittadini – o le elezioni vere e proprie servono a eleggere dei delegati che poi andranno alla convention nazionale, esprimendo una preferenza per un candidato o per l’altro.
La sfida può dunque essere matematicamente vinta prima dell’ultima consultazione, visto che si incorona chi ha la maggioranza dei delegati.
IL RUOLO DEI 538 GRANDI ELETTORI. Il meccanismo è in parte simile a quello con cui si elegge il presidente: a sceglierlo non è il voto popolare, ma quello dei Grandi Elettori che sono 538 in tutto, e il cui numero varia di Stato in Stato a seconda delle dimensioni e della popolazione.
Da un certo punto di vista, insomma, tutto il grande circo può sembrare un po’ faragginoso e nemmeno troppo trasparente (ricordate la vittoria di Bush junior, nel 2000?).
Ma negli anni in cui non c’è un presidente uscente in gara, come appunto nel 2016, la corsa può essere avvincente – quasi più della sfida per la Casa Bianca – e riservare sorprese.
IL RISCHIO DI UNA SCISSIONE NEL GOP. Otto anni fa a sparigliare le carte fu Obama, mandando al tappeto Hillary Clinton.
Quest’anno il grande inatteso, e indesiderato, è Donald Trump: la sua candidatura inizialmente sembrava un gioco da miliardari annoiati e oggi comporta il rischio concreto di scissione nel partito repubblicano. E magari l’ingresso in campo di un indipendente come Micheal Bloomberg, magnate dei media ed ex sindaco di New York, che da un pezzo accarezza l’idea di entrare nello Studio Ovale.
Anche senza di lui, in corsa c’è già un po’ di tutto: dinastie famigliari, evangelici, socialisti, esuli cubani, presunti toccati dal Signore e chi più ne ha più ne metta.
Ecco un vademecum essenziale da conservare, per sapere quello che è indispensabile: in fin dei conti, tra questi c’è il prossimo uomo – o donna – più potente del mondo.
Autore: Gea Scancarello | Fonte: lettera43.it