In queste ore di strilli e accuse sull’amaro destino del DDL “Cirinnà” provo a costruire una lettura diversa da quelle che domina la rete. Partendo da alcune ipotesi e giungendo a conclusioni che non so se siano vere, ma certo sono verosimili…
- Adottando un approccio razionale alla politica, logica vuole che un politico di professione il più delle volte si muova perseguendo i propri interessi, al fine di consolidare e accrescere il proprio potere personale. E’ il cinismo utilitaristico, non il buon cuore, la cifra del comportamento dominante in Politica.
- L’ideale per un politico – come dimostrato già negli anni ’60 dalle ricerche di Bachrach e Baratz sulla “non decisione” – è non fare nulla. Perché ogni decisione comporta costi politici certi sul breve/medio periodo a fronte di vantaggi politici incerti sul medio/lungo. Il principio di fondo è che – di regola – l’elettorato ricorda più facilmente gli sgarbi di quanto non ricordi i benefici (ebbene sì, noi cittadini siamo dannatamente ingrati) e quindi è più portato a punire che non a premiare. La teoria della “non-decisione prevede” – sintetizzando – la manipolazione dei valori dominanti, dei miti, delle istituzioni e delle procedure politiche, nonché il ricorso a forme di ostruzionismo procedurale utili a scoraggiare i vari tentativi di inserimento di punti sgraditi nell’agenda oppure procrastinando in attesa del calo del “ciclo di attenzione”, come descritto brillantemente da Anthony Downs nel 1972.
- Quando un politico decide di fare qualcosa (perché qualcosa bisogna pur fare) sceglie due opzioni: o attua strategie di supporto settoriale (privilegiando i ceti o gli interessi che portano consenso immediato) oppure ricade su politiche di tipo simbolico, ideologico o regolativo. Dunque benefici concentrati e costi spalmati.
- Matteo Renzi è un politico di professione di grande astuzia e intelligenza tattica. Un vero bucaniere, che sa navigare con maestria sia sulle acque tumultuose della comunicazione politica, sia in quelle più opache e apparentemente immobili della lotta tra i poteri forti. E – anche se gioca a fare il ragazzo della porta accanto – mastica politica dai tempi dell’asilo ed è sempre stato vicinissimo all’ambiente cattolico-moderato: giovane scout, di famiglia democristiana, dirigente della Margherita…
- Renzi non ha mai dimostrato un particolare interesse verso il tema dei diritti civili. Nel 2007 manifesta al Family Day contro i “Dico”, la blanda proposta regolativa del governo Prodi. Nel 2010 dichiara a “Le Invasioni Barbariche” della docile Bignardi: “non sono d’accordo col matrimonio omosessuale perché penso che il matrimonio sia l’unione di una donna e di un uomo”. Nel 2013 presenta una mozione congressuale che nella voce “diritti” ignora totalmente il tema delle unioni civili e nel 2014 dalla lista dei ministri scompare il ministero delle Pari Opportunità. Insomma non è certo il Martin Luther King dei diritti LGBT. La proposta di legge “Cirinnà” fu inizialmente ostacolata dall’Esecutivo che promise/minacciò (per bocca del sottosegretario Scalfarotto) una proposta governativa in materia, pregando la Cirinnà di “stare serena” e il passaggio alla discussione è stato rinviato per oltre un anno.
- Il tema delle unioni civili e – soprattutto – della stepchild adoption è una rogna per il premier, perché gli crea difficoltà all’interno della fragile maggioranza di governo, lo costringe a litigare con l’elettorato cattolico (tradizionale zoccolo duro del suo consenso) e rischia di compromettere la strategia “neocentrista” volta a trasformare il PD in quel “Partito della Nazione” che altro non sarebbe che una DC 2.0.
Davvero, quindi, crediamo che un leader di straordinario talento tattico possa compromettere la propria carriera politica litigando con i suoi elettori e i suoi alleati di governo solo per difendere un punto di principio su un tema verso il quale il suo orientamento è oscillato per anni tra l’indifferenza e l’ostilità? Vogliamo credere alle favole o ragionare di politica?
A me pare che se – dalla giornata di oggi – esce un vincitore questo è Matteo Renzi e tanto di cappello, si è dimostrato ancora una volta un maestro nella guerriglia politica. Infatti il perverso “emendamento-canguro” proposto dal senatore Andrea Marcucci (un renziano alfa che non sceglie neppure la cravatta senza il parere di Palazzo Chigi) si è rivelato essere una fava capace di far acchiappare ben 4 piccioni:
- Rendere inevitabile l’approvazione di una versione “light” della “Cirinnà”, presumibilmente senza la controversa norma sulla stepchild adoption, evitando così di peggiorare i rapporti con gli alleati di governo e – soprattutto – recuperando quelli con il Vaticano;
- Gettare sulle spalle del M5S la responsabilità per un esito finale deludente, fingendo di non sapere che mai e poi mai i senatori grillini avrebbero potuto accettare lo sbrego di un “canguro”, prassi deleteria che hanno costantemente criticato su questo tema come su altri (riforma costituzionale in primis);
- Accreditarsi verso la parte più ingenua della comunità LGBT come colui che voleva la riforma. Confidando non ricordino che – quando Renzi ha voluto qualcosa sul serio – lo ha sempre ottenuto, costi quel che costi;
- Versare discredito sul Senato come istituzione, portando acqua al mulino del SI alla sua controversa riforma costituzionale, sapendo che l’elettore medio confonderà inevitabilmente l’istituzione con chi la personifica pro tempore.
Insomma un capolavoro. Peccato che tutto questo avvenga però camminando sulla vita delle persone.
Certo, la mia versione della storia risente forse un po’ troppo di una tendenza a vedere intrighi anche dove non ci sono. Magari la realtà è più semplice: Matteo Renzi veramente soffre per la condizione delle famiglie LGBT italiane e per difenderle era pronto a rompere con il Vaticano e a perdere pezzi di elettorato. Andrea Marcucci ha veramente proposto il suo “canguro” in totale buona fede, convinto che anche il M5S alla fine lo avrebbe sostenuto. E il Movimento 5 Stelle è fatto realmente solo di cinici voltagabbana che riescono ad abbindolare dei “professionisti” come i senatori del PD…
Ognuno scelga la versione che preferisce in questa italica edizione di House of Cards. Anzi, House of Marsupials.
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)
Analisi precisa ed esauriente ma manca la proposta costruttiva. Restare nel pd di Renzi o andare con una sinistra in via di formazione.