Paletti

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Piantiamo dei paletti. Il Governo (cioè Matteo Renzi) ha fissato il referendum sulle trivelle e le amministrative rispettivamente nella prima e nell’ultima data utile prima della pausa estiva, questo per scoraggiare l’affluenza nella convinzione che questo aspetto premi il Partito Democratico – sola forza politica organizzata e strutturata dalle Alpi al Canale di Sicilia. Storicamente è così, ma vedremo…

Ma come decidere chi vince e chi perde? Vanno al voto 6 capoluoghi di regione e tutte le prime 4 città d’Italia: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Trieste. Di queste 6, 5 sono governate dal PD e 1 una dalla sinistra “diversa” di De Magistris, sindaco di Napoli, dove peraltro il partito del premier non andava a ballottaggio. Quindi il Partito Democratico ha tutto da perdere e poco da guadagnare, a una lettura superficiale… Eppure, non sarà così. Dal 2011 ad oggi è passato un secolo e nel mezzo è emerso prepotente il dato del Movimento 5 Stelle che ha trasformato la competizione bipolare in tripolare quindi la situazione è maggiormente intricata.

La mia chiave di lettura è questa:

a) Vinta Milano – successo del progetto renziano di “partito democratico/moderato a base personale”

b) Persa Roma – nessun problema, Giacchetti è stato bravo, ma per colpa di Ignazio Marino siamo stati puniti.

c) Perse Roma e Milano – indubbia sconfitta del PD a trazione turborenziana

d) Perse Roma e una delle due roccaforti storiche (Torino o Bologna) – si cercherà di derubricare il voto a “caso locale” ma in realtà la campana suonerà bella forte, fin dentro a Palazzo Chigi.

e) Perse Roma, Milano e una città tra Torino e Bologna. Catastrofe, rischio crisi di governo e navigazione a vista fino a ottobre, quando il referendum sulla riforma costituzionale finirà per essere l’ultima scialuppa del Titanic.

Insomma, non raccontiamoci balle. Il voto di oggi è un evento politico importante, anche per capire la logica dei ballottaggi in ottica Italicum. Ed è sempre stato così: almeno dagli anni ’70 in poi le città hanno sempre anticipato il dato nazionale. Fu così nel 1975, nel 1985, nel 1993, nel 2000 e nel 2011. Perché non dovrebbe esserlo anche nel 2016?

Marco Cucchini | Poli@rchia (c)

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