Finanziamento ai partiti: meglio pubblico o privato?

Finanziamento ai partiti: meglio pubblico o privato?

In Italia il finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito (o quasi) nel 1993. In altri paesi nel mondo, invece si pensa di vietare le donazioni private sostituendole con i finanziamenti statali. Qual è il modello più trasparente? Forse il caso della Lituania ci può dare qualche risposta.

Chi finanzia i partiti

In Italia, il finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito dal referendum abrogativo del 1993, ma di fatto reintrodotto dalle leggi adottate dal 1997 in poi. I rimborsi elettorali e altre forme del finanziamento gravano ancora sui fondi pubblici, anche se sempre di meno. Il giorno che verranno eliminati del tutto toccherà ai privati mantenere le forze politiche.
Le donazioni private però sono spesso viste come un fenomeno altrettanto controverso, in quanto potrebbero essere strumentali ad assicurarsi favori politici (assimilabili quindi a quelle che vengono comunemente chiamate tangenti). Per questo in diversi paesi nel mondo, tra cui Brasile, Giappone o Regno Unito, si pensa di vietare le donazioni private sostituendole con i finanziamenti statali.
La domanda centrale è se le politiche pubbliche possono rimanere insensibili alle influenze del settore privato. Non c’è molta evidenza empirica al riguardo, ma da un recente studio effettuato sulla Lituania emerge come le imprese donatrici abbiano beneficiato direttamente di trattamenti di favore nell’assegnazione di appalti pubblici, in molti casi addirittura con prezzi più alti.

Il caso Lituania

Dal 1° gennaio 2012 la Lituania ha abolito le donazioni da aziende private, sostituendole con il finanziamento pubblico ai partiti, una riforma opposta rispetto a quella realizzata in Italia. I soldi vengono distribuiti in proporzione ai seggi al parlamento, ovvero sono assegnati ai quattro-cinque partiti più grandi. Abolite anche le donazioni private, con l’eccezione del periodo della campagna elettorale. Lo stato destina ogni anno circa 5 milioni di euro ai partiti, garantendo così denaro da una fonte trasparente. È stato un investimento opportuno?
Lo studio si focalizza sugli appalti pubblici e analizza l’andamento delle aziende donatrici prima e dopo la riforma rispetto alle imprese che non hanno mai fatto donazioni ai partiti.
La figura 1 mostra la probabilità di vincere un appalto per i due gruppi di imprese durante il periodo 2008-2013. È evidente che le aziende donatrici hanno avuto una probabilità di vincere significativamente più alta rispetto alle altre nel corso dei quaranta mesi prima della riforma. A partire dal 2012 si nota un calo: la probabilità di vincita da parte delle imprese donatrici comincia a diminuire e si avvicina a quella delle altre imprese. L’evidenza suggerisce che il favoritismo politico – basato sulle donazioni ai partiti – viene quasi del tutto eliminato dopo la riforma. Le regressioni mostrano che il calo della probabilità di vincere per le imprese donatrici sia pari a circa 5 punti percentuali.

Figura 1

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L’analisi delle offerte economiche dimostra che i prezzi proposti dalle imprese donatrici calano del 24 per cento nel periodo dopo la riforma, indicando che competono più intensamente per vincere le gare. Se consideriamo che queste continuano a vincere quasi il 30 per cento delle gare anche dopo la riforma e che la Lituania spende circa 14 per cento del Pil per gli acquisti pubblici, si può concludere che il settore pubblico risparmi un ammontare pari quasi a un punto percentuale di Pil (circa 180 milioni di euro anno) anche quando compra dalle stesse aziende di prima: 5 milioni di euro spesi per il finanziamento pubblico, 180 milioni di euro risparmiati negli appalti.
Il calcolo costi-benefici, anche se considera l’effetto della riforma nel solo settore degli appalti pubblici, sembra suggerire che l’investimento delle risorse dello stato sia stato vantaggioso.
Cosa possiamo imparare del caso della Lituania? Il piccolo paese baltico è considerato tra quelli con un livello medio di corruzione. Non è chiaramente come la Svezia, ma in base alla percezione della corruzione (Transparency International, Corruption Perceptions’ Index) è collocato meglio rispetto ai paesi del Mediterraneo, come Italia o Grecia. Inoltre, in Lituania gli appalti e il finanziamento ai partiti sono regolamentati e soggetti alla supervisione di un organo indipendente. Se troviamo tracce di favoritismi politici nel contesto lituano, ci possiamo aspettare situazioni simili anche in molti altri paesi.

Figura 2

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Il contesto italiano è diverso da quello lituano? Sicuramente, ma c’è da dire che le analisi qui discusse sono state possibili solo grazie all’accesso pubblico ai dati sugli appalti e sulle donazioni politiche. Sono dati disponibili in Lituania ma difficilmente reperibili in Italia, come in molti altri paesi. Sono necessarie quindi riforme che garantiscano il libero accesso a questo tipo di informazioni. Solo allora avremo la possibilità di capire qualcosa in più sul contesto italiano e non solo.

*Le opinioni espresse in questo articolo sono personali e non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza | Fonte: lavoce.info | Autore: Audinga Baltrunaite

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