La post-verità ha radici giacobine: Maria Antonietta prima vittima

La post-verità ha radici giacobine: Maria Antonietta prima vittima

Dobbiamo davvero temere la post-verità come una novità destinata a stravolgere l’informazione nelle democrazie occidentali? Il termine – assurto agli onori delle cronache grazie all’Oxford dictionary – sta a indicare un clima e un atteggiamento che danno lo stesso valore a un fatto vero o a un’opinione o a un concetto e persino a una cosiddetta “bufala” se essa diviene credibile o virale sui social network. Sono loro i principali responsabili di questa deriva, incoraggiata anche dalle semplificazioni del linguaggio populista.

DIBATTITO VECCHIO COME LA FILOSOFIA. Alcuni opinionisti hanno fatto notare, tuttavia, che demonizzare la post-verità per dare addosso ai leader populisti è un boomerang: infatti il valore delle emozioni, delle suggestioni, delle parole d’ordine in politica è innegabile e difficilmente cancellabile. Inoltre la cultura occidentale è immersa nel paradigma del logos, del verbo, del ragionamento, della parola che manipola la realtà anche senza puntare alla verità. Un dibattito vecchio quanto la storia della filosofia, basti pensare alle disquisizioni dei sofisti.

“Diffondere l’idea che i governanti erano i peggiori traditori del loro Paese preparò il terreno alla Rivoluzione francese”

E il fenomeno non è neanche così nuovo come si vorrebbe. La post-verità come controcultura rispetto al sistema si fonda sull’idea del complotto sempre in agguato, sulla negazione delle verità ufficiali e sulla convinzione, non dimostrata, che vi sia una “cupola” che nasconde la verità per propagandarne un’altra del tutto contraffatta e utile al potere.

FU UNA GIGANTESCA DISINFORMAZIONE. Ebbene gridare al complotto, inventare di sana pianta una narrazione demonizzante sulla classe dirigente, diffondere l’idea che i governanti sono in realtà i peggiori traditori del loro Paese fu uno dei procedimenti attraverso cui le “società di pensiero” dell’epoca illuminista prepararono il terreno alla Rivoluzione francese. Un’operazione di gigantesca disinformazione, o meglio di deformazione della realtà, studiata dal sociologo “reazionario” Augustin Cochin (1876-1916) e raccontata in un libro ormai introvabile, Meccanica della Rivoluzione (Rusconi, 1971).

Presa Bastiglia

Un dipinto della presa della Bastiglia.

Secondo lo storico Pierre Gaxotte si deve a Cochin la comprensione del meccanismo che portò alla formazione della mistica rivoluzionaria e quindi alla sua degenerazione nel Terrore: come si vede, il linguaggio della post-verità ha natali antichi e padrini eccellentissimi che non usavano i social, ma le gazzette e i pamphlet anonimi puntando allo stesso scopo: influenzare l’opinione collettiva e alimentarne la rabbia e il disgusto verso il potere sovrano.

NIENTE PIÙ FATTI, SOLO INTERPRETAZIONI. Questa “meccanica rivoluzionaria” produce l’opinione sociale, dove il «pensiero vive unicamente per il consenso che riceve». La realtà passa allora in secondo piano e lascia il posto all’apparenza, o meglio a ciò che la società vede e crede e comprende. Il pensiero opera una distruzione della realtà, o ancora la sua riduzione. È, libero ma perde il contatto con la nozione del reale. Là ingigantisce, qua specula, o ancora denuncia, inveisce, amplifica, indifferente al “fatto”, puntando solo alla sua “interpretazione”.

Come si vede, il dominio della post-verità è così instaurato. L’idea collettiva – che è sempre un’idea-media, un’idea-tipo e chi vi si discosta è bandito alla stregua di un eretico o, diremmo oggi, di un ‘politicamente scorretto’ – produce l’illusione di un affrancamento dall’autorità, ma genera un asservimento non peggiore. «La convinzione di ciascuno», avverte Cochin, «viene sostituita dalla decisione degli altri e la sua volontà dall’interesse altrui, dal bene pubblico». Siamo nel cuore della filosofia giacobina, e forse non è un caso che la piattaforma che gestisce le opinioni degli iscritti al Movimento 5 stelle si chiami Rousseau.

PERSONAGGI INNOCENTI EPPURE ODIATI. Tornando alla post-verità, non vi è dubbio che, in riferimento al periodo storico descritto da Cochin, la vittima più illustre di questa deformazione del reale fu Maria Antonietta di Francia. Il famoso “affare della collana”, che fu una truffa organizzata ai danni della sovrana da una coppia di sfrontati avventurieri sfruttando l’ingenuità del cardinale di Rohan, è l’esempio magistrale di come un personaggio, pur innocente, possa essere dato in pasto alla calunnia e all’odio pubblico.

“Il massacro dell’immagine della regina oggi verrebbe chiamato macchina del fango”

Ghigliottina

Un’esecuzione con la ghigliottina durante la Rivoluzione francese.

«Il pubblico avido di scandalo desidera udire», annota Stefan Zweig nella sua dolente biografia di Maria Antonietta. Un dardo avvelenato dopo l’altro, un libello dopo l’altro, si compie il massacro dell’immagine della regina. È quella che oggi chiameremmo la “macchina del fango”. La truffatrice, la contessa de La Motte, passa per vittima innocente. La privacy di Maria Antonietta è invece presa d’assalto: viene dipinta come la Grande meretrice, la lupa famelica, avida di sesso e denaro.

ACCUSE DI RAPPORTI INCESTUOSI.Escono addirittura elenchi delle persone con cui avrebbe avuto rapporti libidinosi, liste con i nomi di persone di ambo i sessi: camerieri, soldati, dame di corte, tutti sottomessi alle voglie lascive della regina. Non a caso al processo che la condannerà a morte Maria Antonietta subirà anche l’accusa estrema: quella di avere avuto rapporti incestuosi con il Delfino, con il suo stesso figlio, un bambino di otto anni manipolato da sanculotti fanatici.

ETERNO DUELLO TRA POPOLO ED ELITÉ. Il ritorno nel linguaggio politico del termine “popolo”, il suo abuso, il suo uso strumentale, sono altrettanti elementi che dovrebbero far riflettere, perché in genere quando abbonda il riferimento al popolo si evocano anche i suoi presunti “nemici”. Le inequivocabili origini giacobine della post-verità la collocherebbero a sinistra, ma sappiamo bene che ormai il fenomeno è trasversale perché, una volta adattato il meccanismo alle società di massa, ciascuno se ne può impadronire e può piegarlo al proprio tornaconto, all’interno dell’eterno duello tra popolo ed élite.

Fonte: lettera43.it | Autore: Annalisa Terranova

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