Il numero dei comuni in Italia continua a scendere, grazie alle fusioni finora portate a termine. Contano senz’altro gli incentivi finanziari previsti. Ma per capirne a fondo il carattere, il processo dovrebbe essere seguito da sistemi di valutazione in grado di guidare amministratori e cittadini.
Comuni sotto quota ottomila
Non siamo più il paese degli ottomila comuni. Per la prima volta dagli anni Cinquanta, infatti, il numero dei comuni presenti in Italia è sceso sotto quella quota – al 1° gennaio 2017 sono 7.983 – grazie al successo di numerosi referendum consultivi, indetti per raccogliere l’opinione dei cittadini in merito all’istituzione di un nuovo ente mediante la fusione di due o più municipi.
Sebbene la diminuzione del numero dei comuni in Italia non abbia avuto ancora un impatto significativo, bisogna comunque riconoscere i forti caratteri di discontinuità rispetto al passato. Come si può vedere dalla tabella 1, infatti, solo dal 2011 in poi è emersa una netta tendenza alla riduzione del numero di amministrazioni locali.
Dal 2011 a oggi, il numero di comuni si è ridotto di oltre cento unità. Il percorso ha visto come principale protagonista il Trentino Alto Adige (quaranta municipi in meno).
In generale, il numero dei comuni è sceso al Nord e al Centro, mentre al Sud è rimasto invariato. D’altronde, il 38 per cento degli enti con meno di 5mila abitanti è concentrato tra Lombardia e Piemonte.
Indubbiamente, come suggerisce la Corte dei conti, la crescita del numero di fusioni è stata favorita dal decreto legge n. 95/2012, che ha introdotto importanti incentivi finanziari per incoraggiare il processo di riordino e di semplificazione degli enti territoriali. Incentivi ulteriormente innalzati, dal 40 al 50 per cento dei trasferimenti statali, dalla legge di bilancio 2017.
Così, se tra il 1995 e il 2011 si contano in Italia appena nove fusioni, tra il 2012 e il 2016, con l’introduzione degli incentivi, ne sono state portate a termine sessantadue.
Fino a oggi si sono tenuti 158 referendum per la fusione dei comuni (quasi tutti dal 2013 in poi), coinvolgendo oltre quattrocento amministrazioni (circa il 5 per cento del totale) e chiamando a esprimersi oltre un milione e mezzo di cittadini.
Complessivamente, 91 referendum su 158 (pari al 58 per cento) hanno portato alla nascita di un nuovo comune. Il 90 per cento degli enti soppressi ha meno di 5mila abitanti e solamente in pochi casi (dodici) si è arrivati ad aggregazioni con più di 10mila abitanti.
Un processo da valutare
Al di là dei numeri – oggi ancora insufficienti per affermare l’esistenza di un vero cambiamento dell’assetto istituzionale locale – quanto sta succedendo nel nostro paese meriterebbe maggiore attenzione.
In primo luogo perché la riduzione del numero dei comuni è un processo indotto, ma non determinato da precisi obblighi di legge. Oggi le fusioni non sono obbligatorie. Tuttavia, di fronte a una normativa che vincola i municipi con meno di 5mila abitanti a gestire i servizi in forma associata, in alcuni casi – anche per gli importanti incentivi economici sia a livello nazionale che regionale – la strada scelta è stata quella della fusione.
In secondo luogo perché si tratta di un processo irreversibile. Non sembrano, infatti, esserci i presupposti (politici, sociali ed economici) che possano spingere di nuovo il numero dei comuni sopra quota ottomila. Nella recente indagine conoscitiva promossa dalla Camera si punta sulle fusioni tra comuni con norme ordinamentali e finanziarie di favore, con l’accortezza di non incentivare quelle effettuate unicamente per superare le difficoltà economiche degli enti.
L’attenzione andrebbe però spostata sulla fase di valutazione del processo. In che modo i nuovi comuni utilizzano gli importanti incentivi ricevuti? Quali sono i risultati in termini di servizi locali e governo del territorio? Quali vantaggi dà ai cittadini l’appartenenza ad amministrazioni più grandi?
Altri interrogativi riguardano poi i referendum di fusione. Perché alcuni hanno funzionato e altri no? Quali temi sono stati affrontati per convincere gli elettori? Quali sono gli elementi che i cittadini valutano ai fini della propria scelta?
Si tratta di aspetti fondamentali, dai quali non si può prescindere se si ha intenzione di portare avanti, con successo, un lungo percorso di riforma dell’assetto degli enti locali.
Tabella 1 – Il numero dei comuni in Italia, per regione, 1951-2017*
Tabella 2 – I referendum per la fusione dei comuni, per regione e per anno, comuni e popolazione coinvolti
Autori: Alberto Cestari, Riccardo Dalla Torre e Andrea Favaretto | Fonte: lavoce.info