La politica a colori: le scelte cromatiche valgono più di un simbolo

La politica a colori: le scelte cromatiche valgono più di un simbolo

In alcuni casi sono richiami alla tradizione, come il verde esibito da Renzi al Lingotto (‘copiato’ da Veltroni). In altri una rottura col passato. Dall’arancione di Pisapia al blu di Salvini: breve analisi del fenomeno.

La politica è fatta indubbiamente di simboli. I simboli che troviamo sulla scheda elettorale e che spesso affondano le radici nella storia stessa dei movimenti politici come la falce e martello della tradizione comunista o il Sole dell’Avvenire che campeggiava nel simbolo del Partito socialista. L’elenco è lungo: dalla croce dello scudo democristiano alla fiamma delle varie incarnazioni della destra. Il simbolo è forse una delle forme più dirette di comunicazione perché non necessita di alcuna interpretazione aggiuntiva: può suscitare emozioni in maniera diretta per il semplice fatto di essere riprodotto su una bandiera o un manifesto.

FORTE VALENZA SIMBOLICA. Difficile oggi identificare con certezza simboli che sono in grado di parlare in modo univoco a più generazioni e che vengono automaticamente associati a un determinato corredo di valori o a una storia. Forse solo alcuni brand aziendali sono diventati nel tempo talmente iconici da non necessitare nemmeno di un nome, tale è la loro forza comunicativa e la capacità di trasmettere l’adesione a valori come l’impegno sportivo e la vocazione all’eccellenza. E se fosse semplicemente il colore ad avere acquisito un’autentica valenza simbolica?

Berlusconi 1994

Se pensiamo alla svolta epocale di inizio Anni 90, quando i vecchi partiti si sono avviati a un tramonto più o meno traumatico, il colore assume un valore particolare di identificazione: basta citare il caso degli “azzurri”, gli aderenti alla formazione politica fondata da Silvio Berlusconi. A emergere per valenza simbolica è stato lo sfondo stesso che il Cavaliere nel corso degli anni ha scelto per le proprie apparizioni pubbliche: un cielo azzurro con le nuvole appena abbozzate, quasi un contraltare visivo ad un gruppo di avversari indicati come reduci di una fase politica e storica ormai superata.

STORIA CROMATICA DEL CENTRODESTRA. All’azzurro berlusconiano si è associato negli Anni 2000 il verde della Lega Nord: un verde acceso da riprodurre metodicamente sugli stendardi di partito, ma anche sulle cravatte e le pochette esibite tanto nelle adunate quanto nelle aule del Parlamento. Un verde che con il passare degli anni ha quasi messo in secondo piano la stilizzazione dell’Alberto da Giussano che campeggia da sempre nello stemma della Lega. È interessante osservare che il simbolo scelto dall’erede di Umberto Bossi, Matteo Salvini, per tentare la trasformazione in movimento di carattere nazionale è di un blu scuro con scritta gialla. Con il passaggio dall’azzurro di Berlusconi al blu intenso di Salvini (riprodotto anche su cartelli molto simili a quelli sventolati durante le convention dei partiti americani) potremmo riassumere cromaticamente la storia del centrodestra degli ultimi 20 anni.

Pisapia 675

Diverso il discorso a sinistra. Se il rosso è stato per ovvie ragioni il colore dominante per larga parte del Novecento, è interessante riflettere sulle evoluzioni cromatiche che hanno segnato gli ultimi decenni. Lasciata alle spalle l’eredità del vecchio Partito comunista, il centrosinistra italiano si è dapprima trasfigurato in un cartello elettorale il cui simbolo, l’ulivo, incarnava di per sé il tentativo di costruire un’alternativa di governo. L’azzurrino dell’Ulivo ha poi lasciato il posto alla fugace apparizione dell’arcobaleno dell’Unione e in seguito alla combinazione tricolore di un nuovo partito “a vocazione maggioritaria”, il Pd di Walter Veltroni. Anche cromaticamente, un tentativo di far amalgamare la tradizione post-comunista con la sinistra democristiana (il bianco).

NUOVE SFUMATURE DI SINISTRA. Il Pd non ha modificato sostanzialmente il proprio simbolo, mentre alla sua sinistra sono ricomparsi sia accenni di rosso vecchia maniera (prima Sel e ora Sinistra Italiana) sia nuove sfumature come l’arancione. L’arancione della vittoriosa campagna per il Comune di Milano dell’indipendente Giuliano Pisapia e che è poi stato genericamente utilizzato per indicare il “movimento” dei sindaci di centrosinistra in diversi contesti locali, dalla Genova di Marco Doria alla Cagliari di Massimo Zedda. Non è un caso che l’arancione sia ricomparso con forza in occasione del lancio di Campo progressista, il nuovo movimento di Pisapia dialogante con il Pd renziano.

Veltroni
Lingotto

Il segretario dimissionario dei dem Matteo Renzi ha invece scelto un verde vivace come tema dominante della propria convention di questo fine settimana al Lingotto di Torino, con un richiamo piuttosto evidente alla manifestazione del 2007 in cui Veltroni annunciò le linee guida del neonato Pd. Tentativo di ritornare alle origini e di rievocare un’idea unificante di partito in grado di far convivere dialetticamente posizioni diverse? Probabile, vista la recente scissione di una parte della minoranza in conflitto con Renzi e la necessità di ricompattare il partito con lo stesso entusiasmo che aveva portato l’ex sindaco di Firenze a Palazzo Chigi.

LEGAMI CON UN PASSATO DA RIEVOCARE. I colori rappresentano indubbiamente uno strumento interessante per decifrare quello che un movimento politico cerca di comunicare e i riferimenti storici che tenta di rievocare. Resta da capire se ciò avviene volutamente a seguito di chiare scelte comunicative o come reazione all’esigenza di posizionarsi e rendersi facilmente distinguibili.

Fonte: lettera43.it | Autore: Gianluca Comin, Prof. di Strategie di Comunicazione, Luiss, Roma

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