Nell’articolo “La legittimità e il filo spezzato” pubblicato lo scorso 28 marzo sostenevo come la nuova legge elettorale – se mai verrà – dovrebbe forse privilegiare la rappresentatività più che la governabilità, considerato che l’esigenza principale oggi sembra essere la rilegittimazione della politica agli occhi dei cittadini non tanto la mera capacità dei governi di restare in carica.
Partendo da queste riflessioni, lo scorso sabato ho coordinato un incontro pubblico tra esponenti dei principali partiti politici al fine di comprendere la direzione che sta prendendo il dibattito istituzionale su un tema tanto ostico quanto rilevante. Per prepararmi meglio ho cercato di schedare le principali proposte di legge depositate alla Camera negli ultimi 6 mesi (tralasciando dunque il Senato e quelle precedenti all’autunno) nella convinzione che fossero sufficienti a fornire un quadro esaustivo delle posizioni in campo. La tabella che ne ho ricavato è la seguente:
Da quanto ho potuto comprendere – perché non sempre è chiarissimo quello che un testo di legge vuole ottenere – esistono tre posizioni dominanti: le “riletture” dell’Italicum (cioè sistemi che si innestano nel modello uscito mutilato dall’ultima sentenza della Consulta); il Mattarellum, le “50 sfumature di Provincellum” e una proposta – solitaria – per il “doppio turno alla francese”.
Da uno sguardo rapido si direbbe che la soluzione non esiste… ogni partito ha una proposta diversa e dentro il PD le proposte variano in base alle correnti. E allora dobbiamo in qualche maniera riaggregare i temi e abbandonare l’organicità delle proposte: Premio di maggioranza Si o No; collegi uninominali Si o No; Capilista bloccati Si o No; sbarramento Si o No e Coalizioni Si o No.
Esiste una maggioranza netta favorevole al premio: PD – M5S – FI -LN – FdI e quindi su questo punto non dovrebbe esserci troppo contrasto. Esiste inoltre una potenziale maggioranza a favore del riparto dei seggi su base dei collegi uninominale (tutti i sostenitori del Mattarellum più quelli del Provincellum: PD – Art.1 – LN – FI più alcuni battitori liberi). Inoltre, pare chiaro il diffuso supporto a formule di riparto tendenzialmente proporzionali (più o meno corrette), tutte compatibili con i collegi uninominali.
Insomma, il potenziale punto di unione potrebbe essere premio + collegi + riparto proporzionale e sbarramento al 3%: tutti avrebbero avuto qualcosa e tutti avrebbero dovuto cedere qualcosa. Ma non è così facile e individuo il bug che potrebbe far saltare il sistema: a chi andrebbe il premio? alla lista o alle coalizioni?
E’ questo il vero punto politico focale. Perché è chiaro che se il premio viene dato alle coalizioni si alza la possibilità di raggiungerlo e quindi riportare il sistema in sicurezza. Però il premio alle coalizioni ha due nemici forti, forse insormontabili. Il primo è il Movimento 5 Stelle che ha una contrarietà ideologica a qualsiasi forma di alleanza con qualsivoglia soggetto politico e dunque non può certo supportare una soluzione che ne riduce drasticamente le chance di vittoria. Il secondo è Matteo Renzi: un premio di coalizione obbligherebbe ad una scelta prima del voto (pertanto, fine della politica delle “mani libere”) e soprattutto alla riapertura di un “cantiere” a sinistra, dove tutti si odiano e tutti sono odiati. Inoltre la costruzione di una “coalizione plurale” al sapore ulivista potrebbe difficilmente essere presieduta ancora da Renzi, perché i rapporti di fiducia sono importanti e il peso dello stile di governo fortemente divisivo e personalistico che ha caratterizzato il triennio renziano a Palazzo Chigi non sembra compatibile con la necessità diplomatica di far funzionare un accordo tra soggetti assai diversi.
Un governo di coalizione a guida PD finirebbe probabilmente per essere presieduto da altri leader. Forse Gentiloni, che in fondo non sta facendo male. Oppure Franceschini. Sarà per questo che lo scaltro Dario è sostenitore del premio alla coalizione e non alla lista? Ah, saperlo!
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)