Da Nord a Sud, ecco avanzare una nuova classe dirigente. Alle elezioni dell’11 giugno si candideranno a centinaia. Imprenditori, manager, intellettuali, professori universitari, spesso senza alcuna esperienza amministrativa. È la moda del volto nuovo, l’ennesimo segnale della decadenza dei partiti.
La politica stavolta fa un passo indietro, largo alla società civile. Inutile girarci troppo intorno: fare il sindaco è un lavoro che non piace più. Troppe grane, pochi riconoscimenti. E così, da Nord a Sud, ecco avanzare una nuova classe dirigente. Alle elezioni dell’11 giugno si candideranno a centinaia. Imprenditori, manager, professori universitari. Non mancano medici e intellettuali, spesso senza alcuna esperienza amministrativa. È la moda del volto nuovo, l’ennesimo segnale della decadenza dei partiti.
Storie e personaggi sono diversi, ma il filo conduttore è sempre lo stesso. A Genova il centrodestra si è unito attorno alla figura di Marco Bucci, manager 58enne dalla lunga carriera all’estero. Laurea in chimica e tecnologia farmaceutica, esperienze di management a Ginevra e negli Stati Uniti, da un anno e mezzo è l’amministratore unico di Liguria Digitale. Dai grattacieli di New York all’ombra della Lanterna. Bucci è stato l’unico in grado di mettere insieme tutti i partiti della coalizione, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Protagonista di una partita che in caso di vittoria, ecco il paradosso, rischia di avere ripercussioni anche sulla politica nazionale. La società civile scende in campo anche a Padova. Tra i più temuti avversari del sindaco uscente Massimo Bitonci c’è Arturo Lorenzoni. Professore universitario di Economia dell’energia, ex rugbista, si è candidato alla guida del movimento Coalizione Civica. Un progetto inclusivo, aperto a cittadini e categorie sociali, che in città sta riscuotendo grande successo. Per il momento resta in corsa anche Sergio Giordani, già presidente del Calcio Padova e candidato sindaco con il sostegno del Partito democratico. Pochi giorni fa l’imprenditore è stato colpito da un grave problema di salute, ma sembra deciso a continuare la campagna elettorale. Ennesimo professionista prestato alla sfida politica. «Non ho tessere di partito – ha spiegato al momento di partecipare alle primarie – non ho mai fatto attività politica, né ho preso accordi con qualcuno e non voglio il cappello di nessuno. Sono semplicemente un candidato civico».
Da Nord a Sud, ecco avanzare una nuova classe dirigente. Alle elezioni dell’11 giugno si candideranno a centinaia. Imprenditori, manager, professori universitari. Non mancano medici e intellettuali, spesso senza alcuna esperienza amministrativa. È la moda del volto nuovo, l’ennesimo segnale della decadenza dei partiti
Il Pd punta su una figura simile anche a Como. Qui corre per la poltrona di sindaco Maurizio Traglio, imprenditore locale. Un percorso iniziato negli anni Cinquanta, quando l’azienda del padre ottenne la licenza per imbottigliare in città la Coca Cola. Lui si definisce un imprenditore nel campo del lusso, della distribuzione alimentare, dell’abbigliamento, dell’auto e dell’impresa sportiva. Tutto, insomma, tranne che un politico di professione. Racconta di aver vissuto a lungo all’estero, ma di essere tornato nella sua città natale per rilanciarne l’immagine. A contendergli la poltrona di sindaco, con il sostegno del centrodestra, sarà il medico Mario Landriscina. Altro politico “in prestito”. È il direttore del dipartimento Emergenza, Rianimazione e Anestesia e responsabile 118 dell’ospedale Sant’Anna. «Corro per unire e non per dividere – le sue prime parole al momento dell’investitura – so che c’è tanto da fare, ma sono motivato e sto lavorando a una squadra di professionisti e persone che non hanno mai fatto politica, almeno in modo attivo». Appunto.
Record assoluto a Lodi. Nella cittadina lombarda su sette candidati, ben sei non hanno mai avuto incarichi in un ente locale. Da Carlo Gendarini, presidente degli industriali e della Camera di Commercio, candidato dal centrosinistra, all’architetto Sara Casanova, che corre per la Lega Nord, i due favoriti della tenzone. Eccezione che conferma la regola Giuliana Cominetti, assessora per due mandati con Lorenzo Guerini del Pd, di cui è stata anche, per un breve periodo, vicesindaco, candidata poi dal centrodestra per le elezioni successive e oggi lì nel mezzo con una lista civica che viene accreditata di pochi punti percentuali.
I Cinque Stelle hanno fatto scuola. I grillini sono stati i primi a intercettare la richiesta di novità di gran parte dei cittadini. Tra i candidati sindaci pentastellati – è sempre stato così – non c’è un politico di professione. Medici, avvocati, professionisti, giovani ancora alla ricerca di un’occupazione… Sono tutti estranei alla vita dei partiti, con l’obbligo di lasciare la poltrona dopo due mandati
Da questo punto di vista i Cinque Stelle hanno fatto scuola. I grillini sono stati i primi a intercettare la richiesta di novità di gran parte dei cittadini. Tra i candidati sindaci pentastellati – è sempre stato così – non c’è un politico di professione. Medici, avvocati, professionisti, giovani ancora alla ricerca di un’occupazione… Sono tutti estranei alla vita dei partiti, con l’obbligo di lasciare la poltrona dopo due mandati. Proprio a Parma andrà in scena un inedito derby a Cinque Stelle. Il sindaco uscente Federico Pizzarotti, già project manager prestato al Palazzo ed eletto con il simbolo del Movimento, si ricandida alla guida della sua lista “Effetto Parma”. Tra i suoi avversari ci sarà il grillino Daniele Ghirarduzzi, impiegato. Mentre il Pd sostiene l’ingegnere Paolo Scarpa: outsider che alle primarie di centrosinistra si è presentato da non iscritto al partito.
In alcune città i candidati che hanno deciso di correre senza il sostegno dei partiti stanno conquistando la scena. Tra i protagonisti delle amministrative di Catanzaro, ad esempio, c’è il professore Nicola Fiorita. Si è candidato alla guida del movimento “Cambiavento” che, raccontano i giornali, sta raccogliendo grande entusiasmo tra gli elettori di centrosinistra. «La nostra è un’esperienza che nasce al di fuori dei partiti – ha spiegato qualche giorno fa a Repubblica – per dare risposta ad una voglia di politica che nella società c’è, ma non trova nelle formazioni classiche interlocutori credibili». Storia diversa a Taranto, dove è il mondo giudiziario a sostituire la politica di professione. Evidentemente il governatore pugliese Michele Emiliano ha aperto la strada. Nella città dell’Ilva corre l’ex magistrato Franco Sebastio, già capo della procura locale. Contro di lui, tra gli altri, Massimo Brandimarte, altra toga in pensione, già presidente del tribunale di sorveglianza. E Stefania Baldassari, attuale direttrice del carcere. Paese che vai, indipendente che trovi. A Piacenza il Partito democratico ha scelto come candidato sindaco Paolo Rizzi. Professore associato di Economia Politica all’università Cattolica. Un altro autonomo, i giornali locali riportano le frasi rilasciate appena conquistata la candidatura: «Dobbiamo recuperare l’identità, l’orgoglio e la voglia di fare. E lasciar perdere le menate dei partiti».
Un tempo era considerato il mestiere più bello, oggi fare il sindaco è solo una grana
Il fenomeno non è nuovo, sia chiaro. Basta pensare che gli sfidanti alle ultime amministrative milanesi sono stati Beppe Sala e Stefano Parisi: due figure legate al mondo del lavoro e lontane dalla carriera di partito. Come sindaco di Venezia è stato scelto Luigi Brugnaro, altro esponente della società civile (l’unico in grado di mettere insieme il centrodestra). Senza dimenticare Virginia Raggi e Chiara Appendino: le due giovani grilline elette a Roma e Torino, un’avvocatessa e un’imprenditrice con una breve esperienza da consigliera comunale alle spalle.
I motivi sono evidenti. I partiti vivono una fase di discredito importante, i politici di professione sono figure sempre meno apprezzate dagli elettori. Ma non solo. Spesso sono proprio i politici a non volersi cimentare con l’amministrazione locale. Un tempo era considerato il mestiere più bello, oggi fare il sindaco è solo una grana. Le città, in particolare quelle più grandi, sono sempre più ingovernabili. Il rischio di scivoloni è dietro l’angolo. A farne le spese, ovviamente, sono gli amministratori più in vista. Lo scorso anno è stato calcolato che i primi cittadini italiani, complessivamente, hanno perso 540 punti di gradimento dal giorno della loro elezione. Un tracollo. Il problema delle risorse economiche è strettamente connesso a questo aspetto. Da anni i continui tagli agli enti locali hanno ridotto enormemente le capacità di intervento delle giunte comunali. La Corte dei Conti ha calcolato che negli ultimi 9 anni i trasferimenti ai comuni sono stati sforbiciati di quasi 40 miliardi. E così le città rischiano la bancarotta. Ormai in tutto il Paese gli enti locali in pre-dissesto sono quasi 150. In 84 casi è già stato raggiunto il dissesto vero e proprio. Come se non bastasse, ogni sindaco deve convivere con l’angoscia quotidiana di un’indagine a suo carico. Il ruolo di amministratore locale sembra inevitabilmente legato ai problemi con la giustizia. In alcuni casi le inchieste sono fondate, per carità. In altri molto meno. Ad ogni modo ce n’è abbastanza perché la politica faccia un passo indietro, almeno una volta. E lasci il posto alla società civile.
Fonte: linkiesta.it