Lo hanno chiamato “Covfefe Act” e non è altro che una proposta rivoluzionaria di un rappresentante del Congresso degli Stati Uniti, Mike Quigley. Il disegno di legge si pone l’obiettivo di trasformare i tweet, i post e tutte le dichiarazioni social del Presidente degli Stati Uniti in atti ufficiali, vere espressioni di indirizzo politico del Presidente e di tutto il suo apparato governativo. Una scelta che dovrà certamente passare al vaglio dei maggiori organi politici statunitensi ma che ha in sé le avvisaglie di un pensiero del tutto nuovo, dove i social sono parte integrante dell’attività politica di ogni leader mondiale e precisa emanazione del suo pensiero e di quello delle persone che lo rappresentano.
Una proposta rivoluzionaria
“Per mantenere la pubblica fiducia nel governo i membri eletti devono rispondere di tutto ciò che fanno e dicono. Inclusi i tweet da 140 caratteri. Se il presidente ha intenzione di utilizzare i social per fare un improvviso annuncio politico, dobbiamo assicurarci che questo sia documentato e registrato per riferimenti futuri”, Queste le parole con cui Quigley ha presentato la sua proposta, il Commonications Over Various Feeds Electronically for Engagement, in una parola, Covfefe. Il riferimento è al misterioso tweet che Donald Trump ha pubblicato sulla sua pagina Twitter e che si è trasformato in un vero e proprio caso diplomatico. Un errore di battitura durante la notte che ha scatenato un polverone, mostrando l’importanza e il peso specifico di ogni parola pronunciata dall’uomo più potente della terra, anche quando non significa nulla. Rendere i tweet e i post social del Presidente Usa degli atti ufficiali porterebbe queste frasi a trasformarsi in dichiarazioni paragonabili a veri e propri atti di legge, trascrivibili, registrabili e quindi non cancellabili. L’obiettivo è quello di inserire questo tipo di comunicazioni all’interno del Presidential Records Act, la legge che regolamenta la comunicazioni Presidenziali ma che ancora non ha una sezione esplicita dedicata al mondo social.
Gli errori di Trump
A mostrare le criticità di un uso distorto e superficiale dei social è stato proprio il neo presidente Trump. Sin dai primi vagiti della sua campagna elettorale, il miliardario aveva mostrato un uso piuttosto spregiudicato dei suoi profili, tra attacchi diretti ai rivali, dichiarazioni sommarie, inesattezze e veri e propri errori. La sua elezione non ha cambiato di una virgola il suo approccio al mezzo, aggiungendo anzi al suo profilo personale quello ufficiale del Presidente, @POTUS. Trump utilizza queste vetrine come dei sistemi di propaganda personale, diffondendo dichiarazioni e notizie di getto e impulso, senza quasi mai consultarsi con i suoi consiglieri e con il suo staff. Un uso non troppo oculato che negli ultimi tempi ha scatenato parecchie polemiche. Soprattutto negli Stati Uniti Twitter è diventato mezzo privilegiato per le comunicazioni politiche di numerosi esponenti: comunicazioni rapide e veloci, capaci di arrivare al cuore del problema e alla pancia degli elettori. Sin dall’elezione di Obama il social dei 140 caratteri è diventato termometro politico di fondamentale importanza per il successo delle più importanti campagne politiche. I Presidenti eletti non possono così esimersi dall’utilizzare il mezzo per informare gli elettori sulle loro scelte e sulla loro azione politica, ma per farlo dovrebbero attenersi a regole e codici di comportamento ben precisi e consoni alla carica che si rappresenta. Se questo con Barack Obama non era stato quasi mai un problema, lo è diventato con l’arrivo di Trump.
Utilizzare con troppa leggerezza un mezzo così visibile e potente potrebbe creare danni diplomatici e politici di grave portata. Se già un semplice Covfefe è diventato un divertente ma discusso caso mondiale, non vogliamo immaginare cosa succederebbe se il Presidente si lasciasse andare a dichiarazioni discutibili su un altro importante leader politico o sul comportamento di un altro Paese. Quando si tratta di personalità di questo genere anche il mondo social diventa importante perché finestra aperta e visibile delle stanze del potere e del pensiero di chi le abita. Con questi strumenti i politici di tutto il mondo hanno a disposizione un megafono comunicativo dalle potenzialità infinite ma dai rischi enormi e incalcolabili. Non esiste uomo di governo che non abbia un profilo social da utilizzare per i cittadini o i suoi elettori: occorrono uomini esperti in comunicazione politica, persone che sappiano consigliare al titolare un utilizzo oculato e non dannoso della propria voce sul web. Il politico deve essere guidato in questo mondo complesso, deve sapere cosa dire e deve riuscire a dirlo bene, senza creare spiacevoli e pessime conseguenze. La proposta di Quigley sembra andare nella giusta direzione, quella di responsabilizzare l’uomo più potente della terra a prestare maggiore attenzione alle cose che dice e che fa, anche quando sono circoscritte in soli 140 caratteri. Il loro peso è già imponente nelle nostre vite, capace di modificare il giudizio e la percezione del mondo su di noi, immaginiamo quello che ha tra persone potenti e con in mano la responsabilità di intere nazioni e gruppi di individui. Occorre attenzione, da parte di tutti.
Fonte: tech.everyeye.it | Autore: Manuel Lai