Partiti e i leader confinati nella mappa lessicale nella regione del passato. Papa Francesco l’unico che suscita speranza. Ambiente e lavoro gli obiettivi condivisi, i valori del futuro in base al sondaggio Demos-Coop.
Le parole sono importanti. Servono a rappresentare la realtà. Ma anche a costruirla. Perché la realtà sociale non esisterebbe senza le nostre parole. Senza le nostre rappresentazioni. (L’eco del famoso saggio di Berger e Luckmann non è casuale). Per questo ci pare utile ri-proporre la “Mappa delle parole”, come avviene ormai da 7 anni.
Perché attraverso le parole è possibile ricostruire i significati, ma anche la prospettiva e la valutazione, del mondo intorno a noi. Così, anche quest’anno, abbiamo condotto un sondaggio (Demos-Coop) su un campione rappresentativo, particolarmente ampio. Alle persone intervistate sono state proposte una quarantina di parole, che evocano diversi soggetti, eventi, valori; diverse persone e istituzioni del nostro tempo. Ci siamo concentrati, in particolare, sul contesto politico-sociale e mediale. In senso lato.
La mappa che tratteggiamo in queste pagine “proietta” le parole esaminate in base a due diversi “assi” di giudizio. Anzitutto, il gradimento espresso dagli italiani (intervistati), in misura crescente, da sinistra verso destra, cioè, lungo l’ascissa. Mentre dal basso verso l’alto (seguendo l’ordinata): le parole riflettono la tensione fra passato e futuro.
In questo modo abbiamo cercato di combinare il tempo e il sentimento. Ne emerge una mappa suggestiva. In qualche misura, complessa. Ma chiara, nelle indicazioni di fondo. Appare de-finita in tre aree, tre regioni di significato, dai confini – e soprattutto dai contenuti – piuttosto precisi. Agli estremi si oppongono due contesti alternativi.
In alto a destra, c’è il ponte verso il futuro condiviso. Dove insistono obiettivi attraenti e, appunto, condivisi. La promozione dell’ambiente e delle energie rinnovabili. Quindi: il lavoro. Perché è necessità “materiale”, ma anche un “valore”. Accanto al lavoro: la ripresa, da un lato, e la meritocrazia, dall’altro. Nel duplice auspicio: che il lavoro riprenda, insieme allo sviluppo; e che sia orientato dal – e al – “merito”. Criterio universalista, oltre ogni raccomandazione e privilegio. Più in basso, tre parole “pubbliche”, ben incastrate fra loro. Popolo, democrazia. E l’Italia. Dunque: il governo del “demos”. Il popolo sovrano e responsabile. Dotato di diritti e doveri. Limiti e poteri. Fonte di “democrazia”, oltre ogni “populismo”. In mezzo: l’Italia. Popolare e democratica. Più in alto, a dare senso a questa regione di significato: la speranza e il cuore. Sentimento e passione che guardano lontano. Trainati dal volontariato. Più sopra, Papa Francesco. Nonostante tutto: l’unica figura, l’unica persona capace di suscitare passione. E speranza.
Nello spazio opposto, si incontrano politica, politici e partiti. Senza distinzione. Lo sguardo degli italiani, in questa direzione, è pervaso da sfiducia, verso un passato che non passa. E non cambia. Leader, partiti e anti-partiti. Sono tutti là in fondo. Salvini e la Lega, poco sopra il Pd. Vicino al M5s c’è Fi. In fondo a tutti, come sempre, Silvio Berlusconi. L’Uomo Nuovo degli anni Novanta. Il Capo. Oggi sfiora i confini dello spazio politico percepito dagli italiani. Quasi in-visibile. Non lontano, incombe Beppe Grillo. Ieri, il Nuovo contro tutti.
Oggi, a sua volta, ai margini. Non per insofferenza ma, piuttosto, per indifferenza. Accanto ai politici e ai partiti, che non piacciono agli italiani, c’è Donald Trump. Spinto alla presidenza degli Usa dal sostegno delle “aree periferiche”. Dall’inquietudine dei “ceti in declino”. Per gli italiani: un politico come gli altri.
Ma la novità più sorprendente, in mezzo a questo non-luogo semantico, è la presenza di Matteo Renzi. Solo due anni fa: campeggiava nello “spazio futuro”. Alternativo a Berlusconi. Mentre oggi sta proprio accanto a Berlusconi. La speranza di ieri si è consumata in fretta. Come le sorti del suo Pd. Il Pdr. Confuso in mezzo agli altri partiti. “Legato” a Fi. E, quindi, risucchiato nell’indifferenza, che è molto peggio dell’anti-politica.
Nella “terra di mezzo”, tra il “futuro condiviso” e la “marcia verso il passato”, si addensa una pluralità di parole che evocano contrasti e divisioni. Quasi un “Campo di battaglia”. L’euro e la Ue. Accanto alle “unioni gay”. E al mito dell’Uomo Forte, che negli ultimi anni sembrava il marchio della “nuova” politica. Mentre oggi sta a metà fra passato e futuro. Incapace di “emozionare”. Non per caso sia Renzi che Grillo, oggi, nella mappa, stanno “sotto” i loro partiti: Pd e M5s. All’opposto di qualche anno fa. A significare che oggi la personalizzazione non è più, necessariamente, una virtù.
Nel “Campo di battaglia” incontriamo l’immigrazione. Sul crinale fra accoglienza e integrazione. Fra “Ius soli” e respingimento. Le stesse ong si sono istituzionalizzate. E oggi appaiono distanti dal volontariato.
Fra le parole che stanno “in mezzo”, non per caso, ritroviamo i “media”. Vecchi. Tv e giornali. Mentre la radio resiste, ai confini della “terra promessa”. Sull’asse del futuro, i social media li sovrastano. Tuttavia, per costruire il consenso, i media, “tradizionali” restano centrali. La tv, per prima. Da ciò la questione evocata dalle parole del nostro tempo. Il futuro della democrazia.
Perché i soggetti tradizionali della “democrazia rappresentativa” partiti e politici – appaiono delegittimati. Isolati nella regione del “passato”. Mentre la Democrazia digitale, “immediata” più che “diretta”: è il futuro. Nella Mappa tracciata dagli italiani, si posiziona in alto. Eppure è spostata, anche se di poco, verso il quadrante della sfiducia. Meglio, della “prudenza”. Come i social media. Tra diffidenza e delusione. Gli italiani, per definire il futuro della democrazia, non usano parole rassicuranti.
Ritrovo con un certo interesse da parte di Diamanti la riflessione sulla personalizzazione che non sarebbe più un “vantaggio”. Lo si percepisce spesso, credo sia un effetto di ritorno delle promesse mancate. L’effetto “annuncite”, malattia della politica odierna, ha determinato un viscerale senso di sospetto nei confronti dei leader politici.
Allo stesso tempo però temo che l’uomo forte, la soluzione forte e un po’ antidemocratica, sia invece qualcosa che si sta diffondendo sempre di più e questo, temo, sia un elemento preoccupante per le democrazie occidentali.