Sarahah, il virus dell’anonimato

Sarahah, il virus dell’anonimato

Da qualche giorno è impossibile navigare sui social o in rete senza imbattersi in Sarahah, la nuova applicazione che offre la possibilità di farsi inviare messaggi anonimamente. Nata in Arabia Saudita e diventata famosa in Egitto, è stata solo da poco tradotta in inglese e resa disponibile tramite app, diventando così popolare.

PER UTILIZZARE Sarahah, che in arabo significa proprio «onestà», è necessario crearsi un profilo e condividerlo con amici e conoscenti. Questi potranno, anche senza iscriversi, inviarci messaggi in maniera del tutto anonima, rilasciando critiche, complimenti o opinioni su di noi. Ovviamente non è possibile rispondere, mentre si possono salvare alcuni messaggi come preferiti.
In origine fu pensato come servizio per comunicare sui posti di lavoro. Secondo Zain al-Abidin Tawfiq, il giovane ideatore saudita laureato in scienze informatiche, lo scopo era quello di permettere agli impiegati di inviare messaggi «onesti» e senza diritto di replica a colleghi e datori di lavoro.

UNA CASSETTA delle lettere per alzare osservazioni senza rischiare ritorsioni personali. Inizialmente il successo non fu clamoroso e nei primi mesi del 2017 Sarahah si diffonde nei paesi arabi, ma è soltanto il 13 giugno che Tawfiq rende disponibile su App Store l’applicazione che consente l’utilizzo del servizio da smartphone, scalando le vette dei download.

Tuttavia l’utilizzo più diffuso è ben diverso da quello prospettato all’inizio, e assume varie sfumature. Se da un lato molti in questi giorni si sono iscritti e l’hanno proposto agli amici con tono ironico, altri chiamano all’allarme cyberbullismo, rilevandolo come una piattaforma che promuove odio da tastiera.

ALCUNI CASI hanno anche fatto discutere, come quello di Jonathan Bazzi, 23enne che nel 2016 si dichiarò sieropositivo e che sulla casella di Sarahah ha in questi giorni raccolto pesanti offese. Per quietare le critiche, gli sviluppatori stanno pensando di introdurre filtri e censure rispetto particolari termini.

GIÀ IN PASSATO si sono avuti casi di social basati su anonimato, da Secret a Whisper fino ad ask.fm, ma nessuno di questi aveva raggiunto il grado di popolarità di Sarahah così in poco tempo. Ad oggi si contano oltre 14 milioni di utenti registrati, che molto probabilmente aumenteranno almeno nel breve termine, forse per poi finire nel dimenticatoio come molti tormentoni simili.

CERTO È CHE IL WEB, dai tempi di IRC (Internet Relay Chat), ha dimostrato in forme diverse e mutabili l’eccitazione dell’anonimato. Se da un lato questo aspetto della tecnologia consente nuove produzioni di senso, è quando incontra retoriche di spettacolarizzazione o di delazione che assume toni distopici. Più di uno su Facebook in questi giorni ha suggerito ironicamente similitudini di questo servizio con gli scenari profetizzati da Black Mirror.

Anche alcuni politici hanno iniziato a iscriversi al servizio, chi più chi meno cavalcando le retoriche della franchezza che l’app propone, come Giuseppe Civati, che sul suo blog ha pubblicato addirittura un post per chiedere di scrivergli suggerimenti: «mi prendo volentieri anche le critiche che vorreste fare al resto della sinistra, ci penso io a girarle a chi di dovere, poi». Chissà cosa ne è venuto fuori.

 Fonte: ilmanifesto.it | Autore: Daniele Gambetta

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