Pubblichiamo un interessante indagine-sondaggio tratto dal sito web de L’Espresso – Repubblica. L’articolo pubblicato è redatto da Elena Testi.
La rete di WhatsApp si attiva. Il link del sondaggio passa veloce di smartphone in smartphone tramite il meccanismo dell’interconnessione dati. I ragazzi iniziano a compilare le domande. Nel rimbalzo delle opinioni il Pd diventa un partito di destra, il Movimento 5 Stelle è espressione di sinistra, a Matteo Salvini si preferisce Silvio Berlusconi, pur rimanendo convintamente di Lega Nord. E c’è chi si arrende davanti alla moltitudine di nomi, perché «non so votare, è troppo difficile e con gente sconosciuta». Da nord a sud, attraversando il centro Italia, la Generazione Zero che nel ’18 arriva alla maggiore età di fronte al primo voto appare disorientata, distratta, lontana, nonostante i politici parlino sempre più come loro: in digitale. Tweet, post Facebook e video su Youtube non lasciano memoria di volti e contenuti. E il distacco non dipende solo dai ragazzi.
Da Trento arriva solo una manciata di voti. «Il sondaggio è stato vietato dalla preside», ammette mortificato uno dei rappresentanti. Un no che aiuta a comprendere come nell’istituzione Scuola la dialettica politica negli ultimi anni sia stata bandita. «Ci dicono che dobbiamo prima pensare a noi stessi e impegnarci nella realizzazione della carriera professionale», confida un ragazzo che vuole rimanere anonimo perché schierarsi contro i professori «non è intelligente».
La politica viene vista come qualcosa di sbagliato, a volte anche pericolosa, in ogni caso inutile. Storie di volantini sequestrati perché politicizzati. Racconti di ragazzi lasciati fuori dall’istituto perché intenti in qualche campagna. Nel gruppetto di studenti davanti alla scuola del centro di Roma si allarga e le voci si alzano di tono: «Ci sono professori che ci dicono che i politici fanno tutti schifo». «La scuola ci vuole lontani dalla politica», si intromette un ragazzo con lo zaino calato sulla spalla. Si parla del Virgilio, la storica scuola romana finita in prima pagina dopo la denuncia di preside e professori su scorribande di ragazzini dediti a sistemi mafiosi e uso di droghe.
«Da me è cascato un pezzo di tetto, mi pare ben più peggiore, tutto ‘sto casino nessuno l’ha fatto». «In tutte le scuole durante le occupazioni c’è qualcuno che fa sesso», dice un altro facendo riferimento al fantomatico video hard mai trovato. Hanno voglia di raccontarsi, di dire cosa pensano e di condividere i loro problemi: «Adesso ad esempio c’è chi si droga con colluttorio e Sprite oppure con gli psicofarmaci». Suona la campanella e il gruppo si dissolve, come si dissolvono gli schieramenti, di destra o di sinistra.
«Credere, obbedire e combattere – Obbedire al nostro superiore, credere negli ideali, rispettare gli orari. E ancora: non presentarsi alle riunioni sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, non tradire i camerati, ascoltare prima di prendere la parola». Le regole sono scritte in un quadretto appeso in un muro scrostato. Bisogna salire una stretta scala di legno per accedere al piccolo soppalco.
L’unica cosa che si volta verso sinistra qui dentro è lo sguardo, per vedere le foto, perfettamente incorniciate, di Giorgio Almirante, Gabriele D’Annunzio, J.R.R. Tolkien e Charles Baudelaire. Tutti uniti in un solo grande mito: il fascismo sdoganato. «Noi crediamo nella destra identitaria e sociale». Gabriele Sgueglia, 21 anni, iscritto alla facoltà di Scienze Politiche di Firenze, nella rossissima Pistoia ha raccolto 388 preferenze ed è stato eletto consigliere comunale di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, alle ultime elezioni comunali, quando per la prima volta nella storia repubblicana è stato eletto un sindaco di destra. È lui il giovane leader che guida i ragazzi di Azione Studentesca di Pistoia, il movimento nato nel 1994 dalle ceneri di “Fare Fronte”, l’organizzazione studentesca del Movimento Sociale Italiano.
Non è immune al contagio Firenze, roccaforte delle sinistre vecchie e nuove, madre della Leopolda e culla del renzismo. Qui A.S, insieme a Cassagì, ha conquistato la consulta studentesca con 18mila preferenza, prendendo 18 seggi su 58, e presentando un programma che non lascia spazio a fraintendimenti: «La campagna culturale proposta dal Movimento ha un titolo chiaro: “Tutto per la Patria”. Un segnale forte, che avrà risonanza nazionale: la destra avanza, si radica e vince».
Nella piccola sede di Pistoia si incontrano una volta a settimana. «Ci confrontiamo e parliamo dei personaggi che hanno fatto la storia», spiega Gabriele tra il consenso dei presenti. Il culto della memoria mescolato alle regole. I piccoli camerati arrivano uno alla volta. Si salutano come legionari con la stretta di mano romana, si siedono a cerchio e parlano di politica, di questa Italia e dei loro avversari: «I moderati di destra e la sinistra che non ci lascia spazio nel dialogo e ci stigmatizza come fascisti».
Ogni componente paga una quota di 10 euro mensile per l’affitto della sede. Poi ci sono le pulizie, il volantinaggio nelle scuole dove si cercano nuovi aderenti e la spesa da portare alle famiglie. «Io dico sempre che prima di parlare devono aspettare un anno perché bisogna capire». Gabriele ha la consistenza di un politico di professione: «Noi non crediamo nel fascismo, crediamo nella destra. Il culto di Mussolini appartiene al passato, dobbiamo guardare al futuro». Una piccola pausa: «Io ad esempio sono per i matrimoni gay, per un’accoglienza senza speculazioni e per l’Europa unita e forte». Rifiutano l’uso della violenza, almeno così dicono.
Via Gela, Roma. Liceo Ginnasio Augusto. Qui Blocco Studentesco, movimento espressione di Casa Pound, ha tentato di conquistare la rappresentanza candidando due ragazze di secondo superiore. Si è conclusa con una manciata di voti alla lista, nonostante in Italia l’avanzata sia iniziata da tempo in modo massiccio a Verona, Varese, Lecce, Noto, Fermo, Chieti, ma anche Isernia e Ascoli Piceno.
Il meccanismo è sempre lo stesso. Blocco Studentesco ha delle tecniche precise. Sistemi di reclutamento, indottrinamento, accesso immediato dentro un gruppo e uso della forza. Puntano su ragazzi deboli, gli emarginati dalla classe. Offrono in cambio l’identità del clan e la promessa di essere invincibili. In pochi mesi li cambiano radicalmente. «Iniziano a frequentare i pub e le palestre di Casa Pound. È successo anche nella mia classe», racconta Giacomo Santarelli, ex presidente della consulta studentesca di Roma. «C’era un ragazzo che non si era integrato, frequentava un po’ noi ma a un certo punto è stato avvicinato da quelli di Blocco, l’ho incontrato alla fine della scuola un mese dopo. Era cambiato, sembrava sicuro di sé». E ancora: «Scelgono ragazze molto belle da candidare come rappresentanti d’istituto, solitamente fidanzate con qualcuno che milita in quegli ambienti», spiega Samuele Lucidi, rappresentante degli studenti dell’Augusto. Se nel centro di Roma ad aderire sono ancora pochi, nelle periferie romane riescono a conquistare la fiducia di molti. La fascinazione passa attraverso libri scelti che vengono messi sulle mani dei nuovi aderenti.
Dopo sei mesi l’indottrinamento ha attecchito. Non sono gli ideali, il fascismo o la paura del diverso. L’estrema destra vince sui giovani con l’identità. Il messaggio che arriva ai cittadini del domani è: «Siamo solo noi ad aiutare il prossimo». E lo fanno mandando questi ragazzi a regalare la spesa o spedendoli a “conquistare” condomini “invasi”, a loro dire, da extracomunitari irregolari.
La destra avanza, la sinistra arretra. «Siamo gli ultimi diciottenni a votare per un partito moderato e vicino a esponenti come Massimo D’Alema», dice Damiano Moscardini rappresentante del liceo Russell di Roma. Una frase che riflette le contraddizioni nazionali. «Gli studenti di primo e secondo superiore si stanno spostando verso movimenti estremisti e populisti». La sinistra ha posato il megafono tra mille sigle studentesche che raccolgono il consenso solo a suon di tessere. Si dividono in correnti, partitini, fazioni, come i loro leader senior.
«Ci sono i Future Dem», spiega Damiano. «Sono quelli che appoggiano Matteo Renzi, ma con il casino dell’Alternanza scuola-lavoro non se la passano bene». Il rosario continua: Fronte Gioventù Comunista, Giovani Democratici, Federazione degli Studenti e infine i più apartitici, ma comunque schierati, la Rete degli Studenti Medi. Giammarco Manfreda, il coordinatore nazionale della Rete, fa chiarezza: «Si perdono in scissioni e congressi sanguinari che dividono. Ad esempio i Future Dem adesso parlano solo di Ius Soli. Per loro non ci sono altri argomenti visto che criticare la buona scuola è un compito arduo se appoggi il segretario del Pd». Il tutto nell’indifferenza della maggior parte degli studenti. La sinistra giovanile, a volte, si desta dal torpore dell’autoreferenziale e scende in piazza per protestare come lo scorso 17 novembre dove ha alzato la voce contro l’alternanza scuola lavoro. Lo fa senza falce e martello, senza Che Guevara di sorta e senza il mito della ribellione del ’68. Bandiere tramontate da tempo, in realtà.
Tra le minoranze di sinistra e di destra, si trovano gli indifferenti. Il sentimento che meglio caratterizza i nati nel 2000. Non conoscono i partiti, non sanno chi sia il Presidente della Repubblica e guardano il telegiornale perché imposto dai genitori, se va bene. E la politica studentesca si svuota, inchinandosi alle logiche di mercato.
Lo fa con ScuolaZoo, l’azienda con sede a Milano e fondata da Francesco Nazari Fusetti e Paolo De Nadei. Due trentenni con uno spiccato senso degli affari che dieci anni fa hanno dato vita a un’impresa che adesso vale sei zeri. Nel sito arruolano giovani studenti, offrono loro il kit del perfetto rappresentante d’istituto con tanto di volantini, adesivi e tutto ciò che serve. Per candidarsi basta cliccare su R.I.S, si compila un brevissimo questionario dove si scrivono i dati generali e le proprie motivazioni. Dicono di voler rivoluzionare la scuola partendo dal “basso” tralasciando il fatto che guadagnano organizzando feste e viaggi in tutte le scuole dove sono presenti. Vendono diari personalizzati e dedicano una pagina a «come copiare senza essere scoperti», con tanto di orologio con bigliettino invisibile. Costo 54 euro. Sul sito lampeggia il banner “il compagno di scuola di 2.700.000 studenti”. Con una cartina dell’Italia pubblicata sul loro sito, in pieno stile Risiko, dicono di avere conquistato un totale di 200 scuole.
La visione che la Generazione Zero ha della “cosa pubblica” e l’importanza della rappresentanza variano da regione a regione. A Nord la politica non viene vissuta in modo viscerale, Milano e Torino non si scaldano se si parla di politica. Al sud c’è chi invece sfrutta l’impegno nei parlamentini studenteschi per una florida carriera. È il caso di Luigi Genovese, eletto tra le fila di Forza Italia e recordman di preferenze nelle ultime elezioni regionali in Sicilia con 21mila persone che hanno scritto il suo nome nel segreto dell’urna. Nel 2013 l’erede di Francantonio conquista la consulta studentesca di Messina appoggiato dalla Federazione degli Studenti, movimento politico espressione del Pd. Inizia a girare la regione con un unico intento: farsi conoscere. Di quel proficuo anno su Facebook non c’è più traccia, fatta eccezione per il 13 dicembre, il giorno della vittoria. All’epoca alcuni studenti criticarono la gestione dei fondi in mano al piccolo Genovese. Ma la storia si chiuse ben presto e dei bilanci dell’epoca non si chiese più nulla.
«Sono stato picchiato tre volte», dice orgoglioso Alessandro Fusco, il presidente della consulta di Napoli. «I metodi camorristici sono dentro la mente delle persone e per far capire che uno conta bisogna picchiarlo». È alto un metro e sessanta, la barba non è ancora spuntata sul volto magro e allungato. Appare appassionato, serio e ambizioso: «Sono stato picchiato perché non riuscivano a prendere più voti di me, non sapevano come fare e hanno deciso di usare la violenza».
A Napoli gli schieramenti non esistono più e la Generazione Zero, se vota, «sceglie Movimento 5 Stelle perché stanca». M5S è presente in tutta Italia, pur avendo rifiutato di dar vita a un’associazione partitica all’interno delle scuole, nonostante i suoi fondatori siano nati proprio in questo modo. Nessuna struttura, nessuna organizzazione, ma solo ragazzi che si autogestiscono senza il partito alle spalle. Su Roma esprimono un pugno di candidati, niente di più. I giovani a cinque stelle preferiscono impegnarsi sui municipi, rifiutando l’impegno nell’istituzione Scuola. E nel resto d’Italia la situazione non cambia.
Più che l’antipolitica prevale una vita senza politica. In cui il voto non è più un obiettivo che segna il debutto sul palcoscenico della democrazia. I ragazzi della Generazione Zero condividono, almeno in questo, il distacco dei loro genitori. E la destra che avanza senza ostacoli, la sinistra che dialoga solo con se stessa, per poi dividersi, gli imprenditori che trasformano il disinteresse in affare. E il ritorno nelle preferenze di Silvio Berlusconi che diciotto anni fa preparava il suo ritorno al governo, oggi come allora. Eppure i ragazzi, scettici, disillusi, fanno il suo nome tra i leader da preferire. Nel deserto della politica.